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8 Settembre 2005

L´esercito dei nuovi lottizzati

Autore: Mario Pirani
Fonte: la Repubblica

SOLO i superstiti patiti del “politichese” debbono essersi appassionati attorno alla stucchevole questione del Centro. Se essa, peraltro, ha preso piede nell´asfittico dibattito in corso la ragione non va cercata solo nell´insana predilezione, tutta nostrana, per i sofismi formalistici dell´ingegneria politica quanto per la difficoltà reale che le due coalizioni contrapposte incontrano quando debbono affrontare la sostanza delle scelte concrete.

Le tensioni interne e le vocazioni difficilmente compatibili dei singoli condòmini delle due alleanze, se, da un lato, hanno sovente paralizzato l´azione del governo, dall´altro proiettano una evidente ombra di inquietudine sulla capacità del centrosinistra di definire un programma chiaramente percepibile dagli elettori, ancor prima della sua eventuale fase di applicazione.

È pur vero che Romano Prodi si spende con grande impegno per arrivare a formulare una piattaforma condivisa ma sarebbe ipocrita nascondersi la difficoltà oggettiva dell´intento. Fino a quando si limita ad enunciazioni di carattere generale il leader dell´Unione può puntare, come dice di volere, ad un consenso che vada «dai poveri diavoli alla classe media, fino ai poteri forti», ma se precisasse, ad esempio, con proposte quantificabili e qualificabili, in cosa dovrebbe tradursi l´esigenza di «riequilibrare un sistema che ha alte tasse sul lavoro e basse tasse sulle rendite da capitale», ecco che l´equazione tra largo consenso ed efficacia di una nuova legge fiscale verrebbe subito messa a dura prova.

Impervio appare il terreno dell´economia. Non certo perché al Professore manchi la competenza in materia, sorretta inoltre da una compagine di esperti di varia tendenza di gran lunga più qualificata di quella messa in campo da Berlusconi e associati.


Ma per il fatto qualsivoglia ricetta è destinata a scontrarsi con l´esiguità degli spazi economici e politici a disposizione.

Schiacciati dal debito, con capacità competitive degradate, obbligati a tener ben presenti i parametri internazionali e le leggi impietose dei mercati, i governanti di domani riusciranno con buona probabilità a comportarsi con più saggezza, moralità e acume di quelli attuali ma non potranno certo sfuggire alla stagione di dura parsimonia che l´aspirazione ad un minimo di risanamento renderà obbligatoria.

Non ci sarà, dunque, campo per grandi operazioni di rilancio economico che diano alla opinione pubblica il senso di una autentica alternativa. Per di più, proprio in materia di formulazioni economiche, le diverse culture del centrosinistra tendono a divaricarsi con suggestioni e compatibilità di segno opposto (non dimentichiamo che nell´ottobre 1998 Prodi cadde per il veto di Bertinotti sulla legge finanziaria, dopo esser sopravvissuto l´anno precedente solo cedendo sulle 35 ore). Sarebbe esiziale in queste condizioni coltivare sogni di finanza allegra e ancor peggio farli balenare nelle menti degli elettori.


Allora se ne dovrebbe concludere che, a parte l´avversione motivata per Berlusconi, non resterebbero grandi scelte per qualificare un governo di centrosinistra? Non lo credo affatto. Esiste un amplissimo campo d´azione per chi aspiri a riportare all´onor del mondo i vessilli mai così infangati come oggi dell´etica pubblica (da non confondersi con la questione morale, improvvidamente sbandierata). Il recupero dei suoi valori può gonfiare le vele di una nuova maggioranza, se essa vorrà e saprà imporre una radicale riforma della gestione della cosa pubblica, attesa invano dai tempi di Tangentopoli.

Romano Prodi ha in una recente intervista ha dimostrato una particolare sensibilità al tema denunciando la questione dei costi abnormi della politica nel nostro Paese, la “progressiva pubblicizzazione dei partiti” con un esercito di circa 300mila persone, compresi i consiglieri circoscrizionali, pagati dall´Erario, la moltiplicazione degli incarichi regionali retribuiti e corredati da microapparati individuali, il gonfiamento pletorico degli staff e delle consulenze a tempo pieno nei ministeri e negli enti locali.

Su questi temi, pur respingendo ogni attacco populista al finanziamento pubblico, occorre, ha detto Prodi, «riflettere sul grado di sfiducia degli italiani, lanciare un messaggio forte al Paese e ridurre gradualmente i costi della politica». La questione dei costi è, però, solo un aspetto, neppure il più importante e decisivo, per ristabilire un´etica pubblica, premessa di “buon governo”, termine assai più pregnante di governance, oggi alla moda. Il fulcro del processo degenerativo è la lottizzazione a tutti i livelli, la spartizione accanita fra i partner di ogni posto pubblico o para pubblico a disposizione e, quando non basta, moltiplicando le poltrone tramite duplicazione degli incarichi, spezzettamento dei ruoli, bipolarismi impropri.


Su queste colonne abbiamo più volte stigmatizzato il risvolto più indegno e insopportabile di questa prassi: l´annullamento di ogni validità di concorso (unico caso in tutta la pubblica amministrazione) per la designazione di tutti i ruoli medici fondamentali che ricade invece nei poteri insindacabili dei direttori generali delle Asl. In verità insindacabili per tutti, tranne che per i governatori e assessori regionali che li hanno nominati, dopo durissimi contenziosi tra alleati di giunta.

La preoccupazione per il funzionamento del Servizio sanitario, la salute dei pazienti, la professionalità dei medici viene dopo le ragioni di partito. Proprio mentre scrivevo questo articolo mi è arrivata una conferma in tempo reale con una telefonata da Milano: Formigoni ha appena nominato due primari al grande ospedale di Niguarda e la scelta, a scapito di candidati molto più qualificati, è caduta su due militanti di Comunione e Liberazione.

Quanto ai governatori di centrosinistra l´invito avanzato da «Repubblica» perché instaurassero un sistema di nomine, fuori da ogni influenza politica, sulla base di concorsi rigorosi basati su normative internazionali, è stata accolta solo da frasi di convenienza: nella sostanza ds e loro associati non sembrano disposti a tagliare la cinghia di trasmissione del potere che passa attraverso designazioni pilotate della dirigenza sanitaria affidate sempre, in ultima istanza, ai direttori generali di nomina politica.


Ma la Sanità è solo un tassello della lottizzazione anche se il più inaccettabile per la grande massa dei cittadini. Altri settori conoscono analoghe occupazioni.

Prima fra tutti la Rai-tv, uno spazio sottratto alla libertà di stampa, con violazione del diritto costituzionale ad una informazione non condizionata dal potere politico. L´avvento della telecrazia berlusconiana ha solo aggravato il problema: fin dall´inizio e, via via peggiorando, i partiti si sono impadroniti dell´etere, se lo sono spartito, hanno selezionato i portavoce di una informazione asservita e manipolata.

Neanche oggi, quando i guasti per la libertà della informazione sono sotto gli occhi di tutti, si leva una voce per porre fine una volta per tutte a una condizione che ha portato l´Italia al 41posto nel mondo sotto questo profilo nelle classifiche internazionali. E andiamo avanti: la ricerca scientifica, che tutti invocano a parole, è direttamente controllata dai partiti di governo; la cacciata del premio Nobel Rubbia dall´Enea perché non si piegava ai dettami del consiglio d´amministrazione, debitamente lottizzato, ne ha fornito la riprova.

Del resto come si procede alle designazioni di vertice del Consiglio delle Ricerche? Mentre, per quanto riguarda il mondo della produzione, basta leggere gli organigrammi dell´Eni, delle Poste, dell´Enel, di tante casse di risparmio, degli enti economici e persino culturali dipendenti da Regioni e Comuni per verificare la fitta ragnatela partitica che tutto ricopre. Spesso, inoltre, è sufficiente procedere a una spartizione dei vertici per garantirsi che analogo processo scenda ineluttabilmente per li rami, obbligando quanti aspirano a far carriera non ad affinare le proprie capacità ma ad aggregarsi a questa o a quella “area di appartenenza”.


Infine nella Pubblica amministrazione, centrale e periferica, le imprudenti leggi sullo spoils system, introdotte dal centrosinistra, sono state peggiorate a dismisura dal centrodestra.

Al punto in cui è l´Italia perché non individuare la ragione prima del suo degrado proprio nel contesto politico che sdegna e mortifica la qualità professionale, l´impegno lavorativo, la preparazione culturale e tecnica, la comprovata esperienza dei suoi cittadini?

Non dovrebbe diventar questo il terreno prescelto da Prodi e dall´Unione per qualificare il programma elettorale e l´azione di governo? Una riforma epocale che non abbisogna di grandi risorse economiche, anzi che ai cittadini non costerebbe un euro, anche se i costi risulterebbero pesanti per i partiti piglia tutto. I vantaggi politici sarebbero, però, enormi.

Il sistema dei partiti, alleggerito dalla lottizzazione, riacquisterebbe le funzioni d´indirizzo generale e locale che gli spettano, la democrazia ne uscirebbe rafforzata, il rapporto tra i cittadini e la politica vivificato, il centrosinistra e l´Unione potrebbero riproporre agli italiani i valori di una cultura condivisa.


È una prospettiva percorribile? Sul piano dei principi generali professati dai principali partiti di centrosinistra probabilmente sì. Sul piano fattuale, viceversa, lo scontro si presenta asperrimo, soprattutto perché sul piano regionale e comunale si è aggregato un vischioso ceto politico che ha trovato la sua ragion d´essere autoreferenziale nella presa sulle strutture lottizzate del potere. La scommessa è altissima e decisiva.

Prodi, Fassino, Rutelli, Bertinotti e gli altri leader della coalizione di centrosinistra sono però in grado, se lo vorranno, di giocarsela con speranza di successo.

Farebbero solo quello che si attende la loro gente.