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16 Febbraio 2005

Iraq, sofferto no dell´Ulivo

Autore: Concita De Gregorio
Fonte: la Repubblica

TENTAZIONI. Ma perché dobbiamo dire no alla missione in Iraq? chiede Rutelli all´assemblea del centrosinistra. Ecco, ma perché non trovate il coraggio di votare con noi? domanda Berlusconi a Rutelli nell´aula del Senato. A Rutelli e Marini, per la precisione, perché è stata ? ieri ? la giornata del gran rifiuto di Marini a Prodi. Prove di aggiustamento al centro.
È il primo giorno in cui il presidente del Consiglio evita di rivolgersi all´opposizione chiamandola comunista con spregio. Berlusconi, insolitamente moderato, fa appello ai riformisti. I riformisti, insolitamente scapigliati, agitano la sinistra in un´assemblea da collettivo studentesco.

Una fantastica assemblea, con ex capi di governo ex ministri ex segretari di partito affastellati in una saletta minuscola, seduti composti a prender nota del caos, ad alzare la mano. Il momento più bello è stato quando Francesco Rutelli li ha chiamati “ragazzi”. Non hanno battuto ciglio signori in età come Lamberto Dini e Antonio Maccanico, Nicola Mancino e Ciriaco De Mita: ragazzi. Ormai alle riunioni del centrosinistra “compagni” lo dice solo Prodi, e qui stamattina sarebbe stato inopportuno.
“Colleghi” troppo formale. “Amici” impreciso. “Allora ragazzi, che cosa stiamo votando? E soprattutto, non abbiamo già votato?”, chiede Rutelli. Ragazzi, ecco. Poi ci sarebbe il merito della domanda: abbiamo già votato o no, e se sì: cosa? “L´ultima volta che ho visto una cosa del genere è stato ai collettivi nel ?68”, dice appoggiato allo stipite di una porta Guido Calvi, ds. Sulla porta perché dentro non c´è posto. Senatori e deputati seduti per terra sui gradini, appoggiati sui braccioli delle poltrone, addossati alle spalle del vicino. Gruppi di Camera e Senato della Federazione qui riuniti per decidere come votare sul rifinanziamento alla missione in Iraq. In verità sembrava si fosse già deciso, alla riunione della settimana scorsa con Prodi: di votare no, era parso di capire, ma siamo in democrazia e si ridecide.
Bisogna prima di tutto precisare – coi prodiani, che nei corridoi non fanno altro – che al suo debutto la Federazione ha ottenuto “un eccellente risultato politico” (Marina Magistrelli): si è deciso di procedere a maggioranza e di rispettare la decisione prevalente. Chi, nei partiti e nei “rametti” di partito, si è trovato in minoranza voterà oggi comunque secondo la decisione adottata dai più, cioè no al rifinanziamento. E´ la prima volta che la Federazione agisce come soggetto politico, ed è un risultato. Di seguito la cronaca di come lo si è raggiunto.
Apre Gavino Angius, ds, dice che “al vertice dell´Ulivo si è deciso di votare no” e subito Rutelli lo interrompe: “E´ una sintesi impropria, a quel vertice c´ero anch´io…”. Sono le undici, la seduta di autocoscienza collettiva sta per cominciare. Nelle tre ore che seguono quasi tutti useranno nei loro interventi locuzioni psichiatriche. Castagnetti dice che “non bisogna sentire un complesso di inferiorità non dobbiamo pensarci come sconfitti”, Rutelli che “il problema è mantenere un filo di coerenza interiore”, Marini che “si soffre di una grave carenza di analisi politica”, Rosi Bindi che “la preoccupazione di prendere le distanze da Rifondazione non può essere quel che orienta l´azione politica”. Sviscerando sviscerando si arriva al punto. La sorpresa (relativa, gli addetti alle segrete cose della Margherita lo sapevano da giorni) è che Franco Marini ha deciso di presentare un ordine del giorno alternativo a quello della maggioranza: per l´astensione e non per il no al rifinanziamento. Lo firmano De Mita Maccanico Dini e Mancino, diessini come Petruccioli e Bogi, Piscitello (che pare l´abbia scritto), Fioroni, Fistarol. E´ chiaro quasi subito – appena parla Paolo Gentiloni, approvandolo – che c´è la mano di Rutelli. Così, sentiti Angius e Mattarella, sentito con qualche distrazione il diessino Brutti si fa un silenzio solido quando interviene Marini. Con foga, con la mano che trema reggendo appunti scritti a penna l´ex leader della Cisl accusa la coalizione di “drammatica carenza di analisi”, dice tre volte che star qui “a guardarsi l´ombelico non serve”, chiede in cosa consista la differenza fra non rifinanziare la spedizione italiana e chiedere il ritiro delle truppe, “perché allora mi domando: che cosa devono mangiare i nostri soldati in Iraq, i pesci del Tigri?”. Nel silenzio assoluto si sente di tanto in tanto solo Rosi Bindi che, in manifesto disaccordo, mormora “o santo paradiso benedetto”. Molti applausi, alla fine: il primo e il più forte di Rutelli. E difatti subito dopo Gentiloni, suo braccio destro, dice di non essere convinto della proposta di Angius, “ci si può anche astenere”. Da qui in poi si perde il filo.
Trenta iscritti a parlare, Castagnetti che disquisisce sulla differenza fra “mangiare pesci del Tigri e scatolette di tonno”, Bindi che fa riferimento “al popolo della pace”, Morando che propone di confermare il no al decreto ma di “ribadire la nostra chiara volontà di mantenere le truppe in Iraq”. “Parla per te, lo vorrai te”, gli grida dall´altra parte dell´aula il compagno di partito Eugenio Duca. Willer Bordon, presidente dell´assemblea, nonostante la giovanile consuetudine fa una certa fatica a mantenere l´ordine. Anche lui chiama tutti “ragazzi”. Circola un documento dei ragazzi Bogi Passigli e Zanone, Zanone nel senso di Valerio, alcuni lo ricorderanno alla guida del Pli. Dopo Fassino, che fa un inattuale discorso di buon senso, parla Rutelli: dice che alla riunione di vertice dell´Ulivo lui si è “trovato in minoranza”.
Non era sembrato, e per alcuni ha l´effetto di una rivelazione: Castagnetti lo canzona, Rutelli si picca. Tocca a Boselli il socialista, che chiede di tradurre tutto questo in un ordine del giorno parlamentare. Gente in piedi, urla. Il voto sugli ordini del giorno era stato esplicitamente escluso all´inizio nell´intervento di Angius, proposta bocciata. Violante per una mozione d´ordine (“è tardi”), Minniti per dire che se non può parlare vorrà dire che parlerà ai giornali, Salvi che spegne il microfono a Bordon. Marini bisbiglia a Calvi: «Basta, votiamo e dimostriamo che la Federazione è una cosa seria, discute, vota, poi marcia unita».
Si vota, dunque. L´ordine del giorno di Morando sparisce. Rutelli chiede di votare sul mandato ai capigruppo. Protesta Crucianelli, correntone ds: “Così si fa solo confusione”. Applausi. Media Fassino: mandato ai capigruppo a valutare, in aula, la necessità di un ordine del giorno, sentito quel che dirà il governo: «Perchè il governo parlerà, no?». Ok allora, alla conta. Alza la mano anche qualche giornalista. Marini vota no al documento della maggioranza. Rutelli li vota tutti i due: quello per il no e quello per l´astensione. Poi si vota (forse si rivota) la proposta di Boselli. Rutelli: “Ma questo non l´avevamo già votato?”. Bocciata, comunque. I meno allenati faticano parecchio. Dini: “Non credo proprio che ci sia chi ci ha capito qualcosa…”. Castagnetti, uscendo: “Non so davvero che cosa abbiamo deciso”. Un grande risultato politico, è comunque contento Prodi da Parigi: “I contrari non sono una corrente, ma un rametto dell´Ulivo”. E poi: “Se i dissensi fossero stati meno di così avreste detto che era un voto bulgaro”.