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18 Luglio 2005

Iraq, Prodi media: non dividiamoci con le mozioni. Tramontato il documento sui tempi del ritiro, il Professore chiede a Ds e Dl di rinunciare ai loro

Fonte: Il Messaggero

ROMA Non ci sarà un documento “riformista” sull’Iraq. O almeno, non vedrà la luce adesso, a questa ennesima tornata di votazione parlamentare sul rifinanziamento della missione italiana. La Margherita in primis, ma anche i Ds e lo Sdi non avrebbero visto di cattivo occhio la presentazione di un testo che, oltre a dire lo scontato no alla missione, spiegasse illustrasse elencasse le tappe di una exit strategy dall’Iraq. Un testo, insomma, che facesse capire che il “no” di tutto il centrosinistra non è lo stesso no di tutti i partiti e di tutte le componenti. A chi vuole il ritiro immediato alla Zapatero, come la sinistra radicale, la parte riformista del centrosinistra contrappone la exit strategy, che non è proprio
la stessa cosa. 
Ci ha tentato Romano Prodi in persona, di arrivare alla sintesi, presentando un proprio documento che però è stato subito stroncato dai vari Bertinotti, Diliberto e Pecoraro Scanio.
«Un testo deludente, non ci siamo», hanno detto tutti più o meno con le stesse parole. Dunque? 
A chi lo ha chiamato, a chi ha chiesto lumi, il Professore ha fatto un ragionamento sensato che ha convinto gli interlocutori: sul no alla missione siamo tutti d’accordo ed è quello che conta, lo ribadiremo in aula, quanto al resto, per chiarire i contorni della politica estera dell’Unione, per far emergere una posizione più di governo c’è tempo, non c’è bisogno di impiccarsi a un documento qui ed ora, e poi ci sono le primarie, lì i tratti di una politica estera riformista emergeranno e il confronto ci sarà davanti agli elettori.
Fausto Bertinotti è stato esplicito: «Troverei autolesionista provocare una divisione in Parlamento essendo d’accordo sull’essenziale, cioè sul ritiro. Saggezza imporrebbe a chiunque di non fare un’azione di rottura dopo i proclami per l’unità visto che siamo tutti per il no. A questo punto, ha proseguito Bertinotti, «l’Italia deve fare la sua parte. Si tolga
dalla guerra. La discussione sulla gradualità del ritiro è inesistente. Bastano i tempi tecnici, qualche mese, come ha fatto Zapatero». 
Ci ha poi pensato Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia, a cavare le castagne dal fuoco all’Unione, proponendo all’opposizione una «possibile ampia intesa sulla politica estera». Son saltati subito su quelli della sinistra radicale con il classico discorso fatto a nuora perché suocera intenda. «Non può esserci alcuna intesa sulla politica estera
con il centrodestra, la proposta di Bondi è una trappola, tenta di introdurre divisioni nell’Unione», ha detto ad esempio Paolo Cento dei Verdi. Sulla stessa lunghezza d’onda Rifondazione e Pdci.

R.P.