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27 Giugno 2005

Intese larghe ma improbabili

Autore: Angelo Panebianco
Fonte: Corriere della Sera

Nel colloquio con Massimo Franco sul Corriere di ieri, il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, ha lanciato un ballon d’essai : ha parlato, sia pure con mille cautele, della possibilità di dare vita, dopo le elezioni politiche, a un governo di solidarietà nazionale.

L’opposizione pur apprezzando la novità, come fa Luciano Violante, alla fine non potrà che rispondere picche. Né potrebbe fare altrimenti. L’invito/ auspicio viene dalla parte politica che, al momento, è data per probabile sconfitta alle prossime elezioni.

Sarebbe singolare che i potenziali vincitori di domani accettassero di discutere una proposta il cui effetto sarebbe quello di limitare il loro margine di azione.

Ma Bondi è un politico fine e queste cose le sa. Le sue parole vanno valutate più per quello che non dicono che per quello che dicono.

Staccato dalla contingenza politica il discorso di Bondi sembra un omaggio, al netto delle differenze fra allora ed oggi, alla tesi enunciata da Enrico Berlinguer nel 1973 secondo cui non si governa l’Italia con il cinquantun per cento.

In qualche modo, una presa d’atto che il governo di centrodestra, pur godendo di una schiacciante maggioranza, ha fallito molti obiettivi di fondo. E un monito al centrosinistra del tipo « non riuscirete a fare di meglio » .

Letto in questa chiave il discorso di Bondi sembrerebbe una sorta di requiem per il bipolarismo pronunciato da chi alla contrapposizione netta fra « noi » e « loro » , fra destra e sinistra, aveva ispirato la propria azione nell’ultimo decennio.

L’invocazione di governi di unità nazionale segnala l’impotenza della politica a fronte di una emergenza e la necessità di venirne a capo con una formula anch’essa emergenziale, eccezionale.

Nelle democrazie è l’ultima spiaggia, ciò a cui ci si acconcia quando le altre strade sono state inutilmente battute. Che cosa autorizzerebbe in un Paese come il nostro la formazione di una grande coalizione per la quale Bondi, nello stesso momento in cui la evoca, ammette che non esistono oggi i presupposti?

Di sicuro non potrebbe essere proposta per fare le « riforme istituzionali » . Il Paese non capirebbe. Di « riforme istituzionali » abbiamo discusso per decenni e non le abbiamo fatte.
Ora basta. Rassegniamoci alle istituzioni che abbiamo. Il centrodestra non è riuscito in quattro anni neppure a separare le carriere di giudici e pubbliciministeri e si continua a discutere di un mostriciattolo di riforma giudiziaria che ha scontentato sia imagistrati che gli avvocati.

Le riforme istituzionali, evidentemente, non sono alla nostra portata.

Tuttavia, potrebbe venire ugualmente, prima o poi, il tempo di un governo di unità nazionale.

Potrebbe essere giustificato solo in un modo: con un accordo di brevissimo periodo ( sei o sette mesi al massimo) per fare tre o quattro cose che nessuna maggioranza di destra o di sinistra è in grado di fare: un programma « lacrime e sangue » per contrastare il declino economico, fatto di tagli drastici alla spesa pubblica e di distruzione delle rendite corporative nei servizi, nelle professioni, eccetera.

Un programma, di riorientamento delle risorse verso lo sviluppo, che né il centrodestra né il centrosinistra possono attuare a causa dei pesantissimi costi elettorali che si troverebbero a pagare.

Con un governo di unità nazionale i costi potrebbero essere spalmati su tutti i principali partiti ( anche accettando un temporaneo rafforzamento delle forze anti solidarietà nazionale, di estrema destra e di estrema sinistra).

Forse verrà prima o poi il tempo di un governo e di un programma siffatti. Ma solo se e quando il senso dell’urgenza e della drammaticità della situazione sarà più forte e più diffuso.