ROMA — « Non dico niente, niente, niente… » . Romano Prodi stringe il braccio della moglie Flavia e infila il portone di Piazza Santi Apostoli. Ma, se il leader del centrosinistra invita con un sorriso al silenzio, l’uomo ombra dell’Ulivo, Arturo Parisi, svela la strategia del Professore. Con il test delle Regionali che si avvicina, l’Unione non intende fare sconti al governo: finché siede a Palazzo Chigi, Berlusconi si assuma le sue responsabilità e, quando toccherà a Prodi, lui farà altrettanto.
Le ore del patriottismo e delle lacrime senza colore politico per la morte di Nicola Calipari sono ormai sullo sfondo, l’affresco bipartisan mostra le prime crepe e certo non basta l’appello di Sandro Bondi ( condiviso anche da An, Lega e Udc) a tener saldo l’abbraccio tra i poli: « Sarebbe un errore, svanita l’emozione, disperdere questo prezioso patrimonio e tornare alle solite lacerazioni pregiudiziali… » .
La maggioranza mette sul tavolo la carta della exit strategy condivisa, ma Parisi sospetta il bluff. Riconosce a Berlusconi il merito della liberazione degli ostaggi e al tempo stesso dice che la linea che ha riportato a Roma per ultima Giuliana Sgrena è « figlia o ancor più prigioniera » di una solenne bugia: in Iraq l’Italia è in guerra, non in missione umanitaria.
Palazzo Chigi alzi il velo, sprona il presidente federale della Margherita, sciolga « tutti gli equivoci della missione » e si prepari a pagare ancora ( « con l’augurio che non sia necessario » ) se altri connazionali dovessero finire nelle mani dei terroristi. Oppure, se di guerra si tratta, si allinei alla fermezza richiesta dagli Stati Uniti: « Il governo faccia conto sul nostro sostegno ogni qual volta fosse necessario, ma non faccia conto su un nostro aiuto che lo sollevi dalle sue responsabilità » .
Ben altro era stato il tenore del discorso di Giuliano Amato, che mercoledì al Senato a nome della federazione dell’Ulivo aveva esortato il governo a riconsiderare — insieme — la scelta politica del riscatto e a lavorare — insieme — perché quel che è successo in Iraq non accada mai più. Stando ai sussurri di palazzo, Prodi non avrebbe gradito affatto la mano tesa dal Dottor Sottile al Cavaliere, anche se ieri lo staff del Professore ribadiva come il discorso dell’ex premier nell’aula di Palazzo Madama fosse stato concordato con il leader dell’Unione. A confermare la determinazione di Prodi, che mira a diradare la cortina fumogena dell’unità nazionale per « smascherare » il premier, bastano le parole di Parisi: un ragionamento che allontana la speranza di un abbraccio tra i poli e svela la distanza tra il leader dell’Ulivo e i segretari dei partiti che ne fanno parte.
Francesco Rutelli ritiene responsabilità di tutti concorrere al raggiungimento di una « verità incontrovertibile » su quella pagina buia che è stata la morte di Calipari, ma le sue parole suonano caute, calibrate, innocue. E assai prudente appare anche il segretario dei Ds, così prudente che Rossana Rossanda confida all’Espresso di scoprire più netto Prodi di Piero Fassino, che in fondo a Berlusconi non chiede altro che « la disponibilità a discutere come definire una fase nuova in Iraq » . E così, ancora una volta, Prodi pare più vicino a Bertinotti che al lato destro della coalizione. Martedì, quando la Camera darà il via libera alla proroga della missione, il centrosinistra ( Udeur esclusa) voterà contro e il Pdci di Oliviero Diliberto chiederà che i soldati italiani rientrino subito a casa. E il dialogo? È rimandato.