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26 Ottobre 2005

Inchiesta Mediaset, scoperto il tesoro

Autore: Luigi Ferrarella
Fonte: Corriere della Sera

MILANO – Oltre 140 milioni di franchi svizzeri. Non più solo scie afferrate a ritroso dalle carte d’indagine, ma stavolta moneta tintinnante. Il «tesoro» dell’inchiesta Mediaset (sulla compravendita dalle majors Usa di diritti cine-tv da parte di Fininvest/Mediaset nel 1988-1999) adesso c’è. Non alle esotiche Bahamas o nell’impenetrabile Hong Kong, ma ad appena 15 chilometri dal confine tra Svizzera e Italia, nel paesino di Manno vicino a Lugano.


In cinque conti correnti. Localizzati dalle rogatorie presso la locale agenzia dell’Ubs. E che, aperti da anni, a tutt’oggi custodiscono l’equivalente di quasi 100 milioni di euro (circa 200 miliardi di lire). E’ il più grande sequestro di denaro mai eseguito all’estero per un’indagine italiana, denaro che formalmente giace su conti (personali o delle società offshore Wiltshire Trading e Harmony Gold) del 75enne produttore cinematografico californiano di origine egiziana Farouk «Frank» Agrama.

E adesso si tratta «solo» di capire (ma il nodo è proprio qui) se il «tesoro» appartenga ad Agrama in quanto «socio occulto» di Silvio Berlusconi, come ipotizza la Procura di Milano che di entrambi in marzo ha chiesto il processo per appropriazione indebita di almeno 170 milioni di dollari, «pompati» (secondo l’accusa) dalle casse del Biscione a forza di ricarichi nelle fittizie compravendite di diritti tv intermediate da Agrama; oppure se il «tesoro» appartenga come patrimonio personale ad Agrama in quanto artefice di una colossale «cresta» ai danni proprio delle casse del Biscione, ma in questo caso con la necessaria complicità di alti dirigenti Fininvest/Mediaset e con il rischio collaterale di fare di Agrama un maxievasore agli occhi del poco indulgente fisco americano.


«O il reato c’è per tutti e due o non c’è per nessuno», riassume pragmatico l’avvocato italiano di Agrama, il professor Astolfo Di Amato, il cui eufemismo quantifica «non irrilevante» l’entità del sequestro disposto dalla Procura federale elvetica «su richiesta – spiega – della Procura di Milano». Sulle prime, la circostanza produce un equivoco con il già noto sequestro, il 3 ottobre, di 7 conti svizzeri (dai pittoreschi nomi di «Trattino», «Teleologico», «Litoraneo», «Sorsio», «Clock», «Leonardo» e «Pache/Pace») sui quali dal 2000 al 2002 risultano affluiti soldi frutto delle appropriazioni indebite contestate dai pm milanesi ad Agrama «in concorso con persone da identificare all’interno del gruppo Mediaset»: blocco meno ingente e di iniziativa svizzera in una indagine per riciclaggio.


Quest’altro sequestro è invece «successivo» ed è chiesto dall’Italia alla Svizzera, come aiuta a chiarire l’avvocato di Agrama prima di richiamarsi alla riservatezza cara a Berna. Ma almeno una prima risposta, la difesa di Agrama già la offre: i soldi congelati? «Sono disponibilità personali, sue e di sue società: Agrama “socio occulto” di Berlusconi? L’accusa lo presenta quasi fosse un fantoccio, ma non è così: siamo tranquilli, quello che Agrama ha guadagnato se l’è messo in tasca».

Incuriosisce, tuttavia, che questa montagna di soldi, in cerca d’autore e di padrone, sia scovata in un angolo italosvizzero dove in passato strutture Fininvest hanno avuto trascorsi già alle cronache giudiziarie, mentre Agrama non risulta aver mai avuto in Svizzera alcun interesse economico ma solo a Los Angeles e Hong Kong: «Il fatto che queste disponibilità di Agrama non fossero pubbliche non toglie che Agrama sia un imprenditore importante che svolge attività da lungo tempo e in modo proficuo», replica Di Amato, «i guadagni legittimamente conseguiti non sono illeciti».


«Un nuovo sequestro? Lo ignoro», commenta l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, che 7 giorni fa, nel ribadirne l’estraneità, aveva aggiunto un «casomai»: «Agrama non è mai stato socio di Berlusconi, né mai gli ha retrocesso denaro. Casomai, se fosse vero l’assunto accusatorio nei confronti di Agrama, proprio Fininvest, Mediaset e Berlusconi sarebbero i danneggiati da manovre finanziarie a loro totale insaputa».