A pensarci adesso, la cosa più impressionante è che quasi nessuno di noi, delle persone che alla vigilia del vertice di Edimburgo si erano cimentate con qualche previsione, aveva messo nel conto che potessero verificarsi episodi di terrorismo.
E sì che le condizioni – prima tra tutte il bersaglio: Tony Blair – erano lì evidenti davanti ai nostri occhi. Ma, diciamoci la verità, pensavamo ad altro, tutt’al più alle manifestazioni no global. Ci eravamo dimenticati che l’11 settembre del 2001 avevamo preso con noi stessi l’impegno di considerarci in guerra.
Ricordate Solo 24 ore dopo l’attacco alle Torri Gemelle invocammo, noi europei, l’applicazione dell’articolo 5 della Nato a norma del quale l’attacco verso un Paese aderente al trattato implica che gli altri intraprendano «immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione giudicata necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata».
Ed era stata la guerra «condivisa» dell’Afghanistan. Poi però era venuto il momento dell’Iraq e lì parte consistente dell’Europa, Francia e Germania in testa, aveva dissentito dagli Stati Uniti, ciò che noi del Corriere considerammo più che giustificato.
Ma – e questo non è affatto giustificabile – da quel momento l’Europa di cui stiamo parlando trasformò un comprensibile dissenso in un sostanziale disimpegno dalla lotta al terrorismo.
Da quei primi mesi del 2003, in questa parte del nostro continente nessuno si è davvero impegnato nell’elaborazione di una diversa ma efficace strategia militare per battere il terrorismo.
Molte chiacchiere, zero sostanza. Da quel momento il fanatismo armato si è accanito sull’Europa: l’anno scorso in Spagna, quest’anno in Inghilterra, domani chissà… Facciamo questi discorsi non solo per richiamare l’attenzione sull’eventualità (probabile, purtroppo) che la prossima volta tocchi all’Italia ma per dire, anzi, che a parer nostro nessun Paese europeo dovrebbe sentirsi tranquillo.
E che – pur continuando, chi crede, a dissentire dalle politiche statunitensi – dovremmo «ritrovare l’Europa» anche e soprattutto mettendo in campo un progetto politico militare per sconfiggere il terrorismo.
Niente nervosismi, per carità, nessuna forma di repressione indistinta contro le comunità islamiche, contro genti che sono qui per vivere e lavorare. Ma nemmeno questi sonni prolungati che si interrompono un mattino quando ci accorgiamo che c’è del sangue sul selciato e per qualche giorno ci abbandoniamo all’invettiva.
Altro che referendum sulla Costituzione europea: la disfatta della Ue comincia dall’aver accettato di essere il tallone d’Achille dell’Occidente al cospetto del terrorismo. Faccia pure l’Europa qualcosa di diverso dall’America. Ma faccia qualcosa.