2222
30 Gennaio 2006

Il segnale lombardo

Autore: Dario Cresto-Dina
Fonte: la Repubblica

Se in cuor loro Romano Prodi e i dirigenti dell´Unione riponevano nelle primarie per il sindaco di Milano la più ravvicinata occasione per contarsi, dopo la sistematica occupazione televisiva e radiofonica attuata nelle ultime settimane dal nostro premier, la risposta che hanno ottenuto ieri sera dovrebbe rinfrancarli più di qualsiasi sondaggio amico. Ancora una volta, com´era accaduto ad ottobre in occasione delle primarie nazionali, il popolo della sinistra e anche quella parte degli elettori che non si identifica propriamente nei partiti dell´Unione ma che riconosce nelle sue migliori idee la residua speranza che l´Italia torni a essere un paese perlomeno normale, ha inviato un messaggio chiarissimo ai due poli. Ha bocciato senza appello il Cavaliere e la Casa delle libertà e ha concesso un´altra apertura di credito al centrosinistra, un attestato di fiducia che forse va persino oltre a quelli che, fin qui, sono stati i suoi meriti. In una domenica livida di pioggia intermittente, con molti marciapiedi ancora coperti dal ghiaccio e dal fango della grande nevicata di tre giorni prima, oltre 80mila persone sono andate a votare per scegliere il candidato che sfiderà il ministro Letizia Moratti nella corsa alla poltrona di sindaco. Un risultato straordinario e ben superiore alle aspettative, se si pensa che il sedici ottobre dello scorso anno, una splendida giornata di sole quasi primaverile, alle consultazioni per Prodi si erano presentati in poco più di centomila e che alla vigilia del voto i leader del “Cantiere”, il laboratorio costruito dalle forze dell´Unione milanese per affrontare una lunghissima e difficile campagna elettorale, avrebbero fatto salti di gioia se qualcuno gli avesse garantito il traguardo delle 50mila presenze. Invece, anche ieri si sono formate lunghe code di gente in attesa davanti a tanti dei 124 seggi allestiti per le votazioni.

Molti anziani, moltissimi giovani e moltissime donne, le stesse donne che due settimane fa avevano sfilato con altre 200mila sempre qui a Milano in difesa della legge sull´aborto, e poi attori, cantanti, intellettuali, imprenditori e banchieri. Tutto come allora. E tutto come prima. Prima di Unipol, di Consorte, degli errori ammessi dalla dirigenza dei Ds, dei veleni portati negli uffici delle procure dal presidente del Consiglio, delle intercettazioni fatte filtrare ad arte da qualche manina dei servizi, e del Berlusconi diventato il “salvaschermo” dei nostri televisori. Ecco perché l´esito delle primarie di Milano, senza nulla togliere a Bruno Ferrante che le ha vinte com´era nei pronostici superando la diffidenza di chi è andato a votarlo magari pensando al suo passato di prefetto, gli attacchi del suo principale avversario Dario Fo e i suoi stessi imbarazzi da debuttante della politica, assume un significato che valica i confini comunali e ci dice, se ce ne fosse ancora bisogno, che del berlusconismo questo paese non ne può davvero più.

Resta ancora da misurarsi con il centrodestra al netto di Berlusconi.
Soprattutto a Milano, dove la prima a prendere le distanze dal premier è la stessa Letizia Moratti che l´altro giorno ha detto di aver deciso da sola di candidarsi, ha precisato di presentarsi come indipendente e ha raccontato di essersi messa a ridere quando, l´estate scorsa, lesse sui giornali dell´investitura officiata a distanza dal Cavaliere. Donna Letizia spera di vincere e per farlo si libera di ciò che evidentemente ritiene una zavorra proprio nella capitale di Forza Italia e del suo padrone.

Da oggi tocca a Bruno Ferrante contrastarla, libero dalla democratica servitù di una legittimazione che doveva passare attraverso il voto della base e alla quale si è sottoposto con umiltà e coraggio. L´ex prefetto, 59 anni, voluto fortemente da Margherita e Ds dopo il no di Veronesi, adesso può essere più ottimista. Gli ottantamila delle primarie di Milano (lo stesso numero di quanti votarono in tutta la Puglia per scegliere tra Vendola e Boccia) gli hanno regalato un vantaggio che con ogni probabilità non si attendeva. Ora sta a lui e ai partiti del “Cantiere” raccogliere in una sola le quattro anime della sinistra milanese che i candidati hanno incarnato per scelta politica e storie personali: il riformismo di Ds e Margherita consegnato proprio nelle mani di Ferrante, il radicalismo antagonista di Dario Fo, il solidarismo borghese di Milly Moratti, il giovanilismo internazionale di Davide Corritore. E aggiungervi l´anima dei “vecchi” milanesi moderati delusi dal centrodestra nel quale hanno ostinatamente creduto per quasi un decennio, e da un sindaco, Albertini, che risparmia su spalatori e spazzaneve perché in fondo a Milano nevica, se va male, due volte ogni secolo.