14 Novembre 2005
Il Professore cerca l’intesa per i partiti piccoli della coalizione
Autore: Umberto Rosso
Fonte: la Repubblica
ROMA – Il Professore raccoglie l’appello di Pecoraro Scanio, e rilancia l’Unione. Al Senato, assicura dunque Romano Prodi nella lettera che ha indirizzato al leader dei Verdi, lavorerò in tutti i modi perché la coalizione possa trovare “forme e regole per affrontare uniti e nel modo più efficace” le prossime elezioni.
Pur in presenza, precisa, di una riforma elettorale che punta a creare condizioni di “profonda instabilità”. Ovvero, attenzione all’unità ma anche ai meccanismi elettorali.
Ma il Professore sta così riaprendo la partita delle liste a Palazzo Madama, dove l’accordo con Ds e Margherita prevede il “liberi tutti”? Qualche sobbalzo, soprattutto all’interno della maggioranza dielle, l’uscita del Professore sul “ritorno” all’Unione l’ha provocato, “Prodi ci prova… “.
Ma è una lettura che lo staff prodiano non accredita, nessuna voglia di riaprire il braccio di ferro, piuttosto “porte sempre aperte al grido di unità e, anche, di dolore” che arriva dai Verdi e dagli altri partiti minori del centrosinistra, alle prese con la tagliola dello sbarramento regionale che ne minaccia la rappresentanza.
“Solo che – spiega Pecoraro Scanio – non rischiamo solo noi cespugli ma tutto il centrosinistra, che al Senato è più fragile”. E calcola: il pericolo a Palazzo Madama è di “disperdere” qualcosa come un milione e mezzo di voti, e di consegnare perciò la vittoria su un piatto d’argento al centrodestra.
Il ragionamento del leader verde è il seguente. I cinque partiti più piccoli dell’Unione – Sole che ride, Sdi, Pdci, Udeur, Di Pietro – nelle regioni dove sanno di non farcela, non scenderanno in campo con le proprie liste.
Risultato: una parte di quel bacino finirà su Ds, Margherita e Prc, ma il resto diserterà il voto. Conseguenza: Senato alla Cdl, Camera al centrosinistra, Grande coalizione in pista…
Visto così, allora, il rilancio prodiano dell’Unione avrebbe un’altra chiave di lettura. L’Unione dei piccoli.
Una lista unitaria dei cinque partitini, di cui il Professore si farebbe sponsor e garante politico, convocandoli al tavolo e mediando fra rivendicazioni e anche caratteri personali che rendono complicata l’operazione.
A Pecoraro piacerebbe assai una lista proprio con il logo dell’Unione in prestito (“che male c’è, se no quel simbolo alle elezioni resta solo nelle circoscrizioni estere, e poi abbiamo detto di sì all’uso dell’Ulivo alla Camera anche senza noi”), pensa ad un nome tipo “L’Unione al Senato”, ma si prevedono veti dai partner che restano fuori.
Però il cartello dei cinque comincia a prendere forma. Se soltanto di questo si tratta, nulla osta della Margherita.
“Prodi fa bene a cercare soluzioni unitarie e vincenti per il Senato ma è proprio la ragione per cui – avverte Beppe Fioroni, capo degli enti locali del partito – noi e ds abbiamo già scelto per le liste di partito”.
E tuttavia la partita dei listoni al Senato non sembra propriamente chiusa. Perché circolano almeno un paio di ipotesi. Intanto, le “liste dei presidenti”, che si richiamano al nome e all’area dei governatori di tre regioni: lista Illy in Friuli, lista Soru in Sardegna, lista Marrazzo nel Lazio.
Ovvero, un mix di amministratori, società civile e personalità autonome dai partiti. Liste civiche, che tanto piacciono in particolare ai parisiani, da lanciare in campo al fianco dei partiti ufficiali del centrosinistra.
E in grado – spiega chi caldeggia l’operazione – di fare la differenza, visto che la battaglia per il Senato si gioca proprio con i premi di maggioranza su base regionale.
Solo che, semmai l’ipotesi fosse reale, è già scattato lo stop preventivo della Margherita: “Niente liste civiche che si richiamano ai governatori.
L’ingresso sulla scena di nuovi soggetti politici non farebbe altro che provocare instabilità nel centrosinistra”. Il sospetto è che finirebbero tutte nell’orbita del Professore, in chiave anti-partito.
Altra chance per il listone, non del tutto tramontata, qualche sortita dell’Unione nelle regioni più piccole. Anche se privo di Rifondazione, il cartello di tutto il centrosinistra potrebbe rispondere ad un doppio scopo: simbolico, e concreto al tempo stesso. Per garantire quei partitini che si sentono a rischio.