Intanto bisognerebbe dimenticare che Silvio Sircana è il portavoce unico del governo Prodi, nominato con decreto apposito per provare a moderare la babele dell’Unione, e provare a considerare soltanto il suo caso personale, di uomo maturo, coinvolto in una storia dai contorni impensabili, e forse travolto psicologicamente da una vicenda di forsennata violenza mediatica.
Come Sircana ha detto ieri sul filo della disperazione al giornalista del Giornale che tentava di intervistarlo: «Che cosa devo dire adesso a mia moglie e ai miei figli?».
Ecco, il dramma di un uomo è tutto in queste parole. Nello sbigottimento. Nell’impossibilità di offrire risposte ragionevoli rispetto all’evidenza ad un tempo accanita e incerta offerta dalle intercettazioni: in cui un fotografo evidentemente specializzato in pedinamenti informa il regista del gossip estorsivo, Fabrizio Corona, che un politico di primo piano starebbe conversando con un transessuale.
Soltanto guardando con pietas ai risvolti personali e famigliari di questo caso, c’è da chiedersi che cosa sta succedendo. Perché la vicenda Sircana è un episodio, plateale e gravissimo, che avviene in un paese avvelenato. In cui un’inchiesta della magistratura si concreta in una serie di bombe a orologeria, che esplodono in successione: ora sono petardi pruriginosi, come nel caso di Salvatore Sottile e dei presunti favori erotici ottenuti da attricette (ricostruzione demolita poi nell?iter processuale); ora sono attentati politici e personali dalle conseguenze distruttive. Senza che esistano filtri a tutela delle persone. Anzi, senza garanzie di nessun tipo perché, offerta in questo modo agli occhi del pubblico, la vicenda del portavoce di Prodi si rivela innanzitutto come l’autentico massacro di una persona, la sua distruzione senza difese e senza scampo.
Dopo di che, si può anche rinunciare per un istante alla dimensione psicologica e personale, e osservarne invece le implicazioni politiche. Dunque, abbiamo il caso di un uomo, professionista stimato, legatissimo a Prodi fin dalla campagna elettorale del 1996, che viene destinato alla gogna: da dove vengano le intercettazioni che lo coinvolgono, quale sia la loro credibilità, chi abbia valutato il loro contenuto è il solito enigma. Ci saranno le spiegazioni e i debiti tecnicismi secondo cui è tutto più che legale, ma qualcuno ha valutato il potenziale esplosivo delle conversazioni telefoniche fra il paparazzo Scarfone e Corona? Il loro potere distorsivo e manipolatorio? Le possibili ripercussioni politiche? E dunque, è normale, “garantista”, civile, degno di una democrazia avanzata, ciò che è avvenuto?
Dopo di che ci si può chiedere se non sia grottesco anche quel gioco delle parti, questa volta tutto politico, che ieri ha consentito al Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, di lanciare il titolo di prima pagina «Ricatto al portavoce di Prodi», rompendo così il fronte degli omissis che aveva accomunato almeno per un giorno la stampa italiana; e che oggi lo induce a denunciare uno scandalo che «sta imbarbarendo la vita civile in modo inaccettabile» (dopo avere silenziosamente accettato di accedere a richieste estorsive per ritirare alcune foto sgradite della figlia Barbara).
Ora, va da sé che non si può essere garantisti o giustizialisti a seconda di chi è implicato; tuttavia si potrebbero anche ricordare le campagne forsennate quanto improbabili condotte da destra contro Prodi e alcuni fra i maggiori dirigenti del centrosinistra, a cominciare dalla commissione Telekom Serbia, in cui campeggiava il “conte” Igor Marini, alla commissione Mitrokhin, in cui è stato molto fantasioso il tentativo del “consulente” Mario Scaramella di coinvolgere nella sua trama, come presunte spie sovietiche, l?attuale capo del governo e persone a lui legate.
Ma di fronte al dolore umano, alla sofferenza profonda e forse irrimediabile che la giornata di ieri ha sprigionato, forse non conviene andare alla ricerca di ragioni o dietrologie politiche. Inutile chiedersi chi e come sta impaginando questo iper-pettegolezzo criminale in una trama politicamente sensibile, e se ci saranno, come si dice, altri uomini politici coinvolti in una sceneggiatura micidiale. Forse dai veleni ci si libera solo con una presa di coscienza, con un atto civile di solidarietà fra gli operatori dell?informazione. Ma dai danni collaterali di inchieste molto spettacolari e non si sa quanto fruttuose ci si potrebbe difendere, come no: cominciando a recuperare per esempio quel disegno di legge sulle intercettazioni che si è insabbiato alla Camera. Così, contro l?imbarbarimento: solo per civiltà.