Antropologicamente yankee per il profilo, per i rarefatti congiuntivi e per
la lingua più veloce del pensiero, Pietro Lunardi è il contrappasso del governo
Berlusconi. Nel senso che incarna la corrispondenza della pena alla colpa. La
colpa non v´è chi non la rammenti. La sera del 18 dicembre 2000, mentre gli
italiani preparano in letizia l´albero di Natale, il candidato premier Silvio
Berlusconi, complice Vespa, si presenta in televisione, munito di lavagna,
gessetti e cartine geografiche, per annunciare che ha trovato l´uomo che farà
grande l´Italia con le grandi opere, l´uomo che spenderà 180 mila miliardi di
lire senza colpo ferire e farà della Penisola il paradiso mondiale delle
infrastrutture.
Altro che Giappone e California.Strade, autostrade, raccordi,
ponti, ferrovie, aeroporti. Ma soprattutto tunnel. E´ lui, l´ingegner Lunardi,
progettista esperto, oltre che di tunnel, di ambulacri ministeriali fin dai
tempi dei ministri dei Lavori Pubblici democristiani, socialisti e
socialdemocratici che viene nominato in diretta Capocantiere del futuro governo
di Centrodestra. Al ministero, dove alligna la burocrazia diciamo più smaliziata
d´Italia, trasecolano e poi sghignazzano in diretta: ma è lui, proprio “El
Talpa”, l´uomo dei buchi? E´ l´uomo fisso in anticamera? Esattamente cinque anni
dopo, alla vigilia di Natale, mentre la neve comincia a cadere sui ribelli della
Val di Susa, sui loro sindaci, e sugli infreddoliti poliziotti in assetto di
guerra, mentre la campagna elettorale incalza con presagi cupi per la
maggioranza sfibrata, Berlusconi è costretto a commissariare con Gianni Letta,
fortunatamente più veloce di pensiero che di parola, l´ex beniamino, «la massima
autorità in tunnel che ci sia al mondo», ormai considerato “inadeguato”.
Se non
ci fosse Berlusconi, spetterebbe a lui, all´ingegnere di Parma, l´intreccio più
straordinario di parole al vento e conflitti d´interesse. Cominciò prima ancora
di essere nominato ministro dichiarando che finalmente bisognava tornare allo
spirito dei «grandi costruttori». Nicolazzi? Gaspari? I palazzinari? Il
Berlusconi di Milano-2? No, i faraoni, Cheope, quelli senza i quali «non si
sarebbero fatte le Piramidi, la Grande Muraglia, i Templi Maya». A chi gli
chiedeva se volesse erigere un nuovo mausoleo nella residenza lombarda di
Berlusconi, accanto a quello di Cascella, o nella reggia sarda, dove poi si
occuperà del tunnel sottomarino, rispondeva di no, che lui avrebbe fatto tanti
trafori, perché «i trafori non sono una violenza, sono una maniera serena per
armonizzare i rapporti tra gli uomini e la natura».
Deve essere andato a
ripeterlo ai ribelli della Val di Susa e Beppe Pisanu, consultatosi con Gianni
Letta, deve aver detto: togliamoci questo di torno, se no il 9 aprile andremo
alle elezioni con l´Italia in rivolta. Non che prima non ne avesse dette e fatte
di tutti i colori. La mafia? Bisogna conviverci. Il Ponte sullo Stretto di
Messina? Diamo le azioni agli italiani all´estero. La neve sulle autostrade?
Facciamo viaggiare i Tir in nave. La patente a punti? Mille morti in meno al
mese. La velocità sulle autostrade? Va aumentata. Le vie d´acqua di Bossi?
Certo, facciamo un´autostrada acquatica tra Milano e l´Adriatico, passando per
Cremona. E il tunnel sottomarino di 150 chilometri tra Mazara del Vallo e Capo
Bon in Tunisia, vagheggiato da Totò Cuffaro? Una libidine, tanto con la mafia
bisogna convivere. Le grandi opere incagliate? Tempi certi, anzi certissimi,
attivate entro dodici mesi (2001). Infine: l´Alta velocità in Val di Susa? «Un
problema di ordine pubblico e non riguarda più il mio ministero».
Una
lunardeide, un compendio completo dei detti e contraddetti del ministro dopo
quattro anni e mezzo e decine di migliaia di lanci dell´Ansa, ancora non esiste,
ma, per chi fosse interessato, si suggerisce il “Dossier Italia – A che punto è
il contratto con gli italiani”, di Luca Ricolfi e “Il libro nero del governo
Berlusconi”, di Guido Alborghetti, per avere la cifra del personaggio cui il
premier, estasiato, affidò l´incarico di Capocantiere d´Italia. Esiste invece
una contabilità dei tunnel progettati dal ministro: nove autostradali, dodici
ferroviari, undici metropolitani. Che fa trentadue. Ma è una contabilità ferma
all´aprile del 2001. Quindi largamente incompleta, perché nei quasi cinque anni
ministeriali la società di Lunardi non ha cessato di progettare gallerie a rotta
di collo, certamente con lo scopo di «armonizzare i rapporti tra uomini e
natura».
Ligio alle regole etiche, appena nominato ministro aveva dettato:
«Venderò la mia società di progettazione, la Rocksoil, perché molti contratti
ricadono sotto la mia competenza di ministro. Certamente non cederò ai miei
figli che ci lavorano. Comunque, per il futuro, concentrerò il mio lavoro
all´estero». Passati cinque anni, l´unico cambiamento nella proprietà si è
registrato all´inizio del 2005, quando la moglie Maria Paola, ha ceduto le sue
quote al figlio. Così la Rocksoil è oggi intestata a Giovanni Lunardi, 24 anni,
e alle due sorelle maggiori.
Quanto agli appalti all´estero e non in Italia, il
ministro ha mantenuto l´impegno. Ha ottenuto una commessa francese. Sapete per
che cosa? Non indovinate? Per la progettazione di un tunnel sulla linea ad alta
velocità Torino-Lione. Poi ha preso qualche altro appalto anche in Italia, ma
sono cosucce. Per esempio, la progettazione esecutiva e costruttiva di una
galleria del collegamento ferroviario Milano-Malpensa. Che volete che sia? La
linea non è gestita dalle Ferrovie dello Stato, ma dalle Ferrovie Nord, società
controllata dalla Regione Lombardia di Formigoni. Il grosso, del resto, era già
stato sistemato da Vespa quella vigilia di Natale del 2000, quando “El Talpa”
indicò le opere strategiche per il Paese, tra le quali primeggiavano le sue: il
Corridoio Torino-Brennero, il Passante di Mestre, l´autostrada Aosta Monte
Bianco, l´autostrada Val Trompia-Brescia-Lumezzane, l´autostrada Salerno-Reggio
Calabria, il terzo traforo del Gran Sasso, forse in onore dell´antico ministro
democristiano Remo Gaspari. Ci sono voluti quasi cinque anni per sconfessare ed
esonerare l´uomo-bandiera del “sogno” infrastrutturale berlusconiano che in Val
di Susa, tra neve, elmetti e manganelli, ha finito per diventare un incubo. Ma
allo yankee della Rocksoil che prima parla e poi pensa in fondo che gliene
importa. Aveva già detto: «La politica è piena di meschinità. Torno ai miei
tunnel. Non ho più intenzione di perdere tempo a parlare con i cretini, verdi o
rossi».