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20 Febbraio 2004

Il medioevo con la tv

Autore: Edmondo Berselli
Fonte: la Repubblica

Lasciamo perdere il dio dell´antipolitica che ispirerebbe Silvio Berlusconi, lo spirito della demagogia che lo rende irrefrenabile, la sua sicurezza sovrumana che lo induce a ergersi come l´unico capo che può reclamare l´unione mistica con il popolo. Storie. Ieri si è assistito a una prova sperimentale di populismo scientifico. Guarda caso, la performance esagerata di Atene è stata sottolineata da una mimica suadente, con l´intenzione di segnalare la semplice normalità delle asserzioni. Berlusconi vuole far capire che dice quello che pensano “tutti”, e che tutti tacciono per ipocrisia o convenienza.

C´è stato un calcolo, quindi. I politici di professione, compresi quelli della sua parte, li aveva già definiti buoni a nulla, “fanagottoni”, gente che non ha mai lavorato. Adesso forza le tinte: ladri, gente che comunque si è messa in tasca i soldi con limacciosi lavori di lobbying, trescando nei luoghi istituzionali, approfittando del proprio potere di mediazione. Da una parte dunque la classe politica, dall´altra l´estraneità assoluta ai giochi di potere, alle manovre di corridoio, alle tortuosità della mediazione, e l´identificazione con la gente.

Non c´è bisogno di dire che si tratta di un inganno plateale, dato che il leader di Forza Italia è in politica da dieci anni, e alla politica, a Craxi, al Caf, deve la sua fortuna. Ciò nonostante, “sono soldi rubati” è una frase che passerà negli archivi, se non proprio alla storia. Diranno poi gli storici se c´è qualche antecedente adeguato stilisticamente a Berlusconi. Se è un giocoliere uscito dal ventre anarcoide della “plebe borghese” di Gramsci, oppure se è l´Uomo qualunque proiettato nella società dell´iperspettacolo.

Certo che trovarsi monsieur Poujade alla guida di una democrazia avanzata fa ancora una certa impressione. Ma non poi troppa: lo stesso umore di Marco Follini, informato dell´exploit greco di Berlusconi, sembrava quello di un signore perbene costretto a rispondere delle bizzarrie di un congiunto ricco, potente e notoriamente imprevedibile. Ci vuole umana sopportazione, cristiana fermezza, democristiana rassegnazione.

Ma non basta. Non è in gioco solo la psicologia del Cavaliere. È vero che Berlusconi è l´outsider diventato supremo protagonista, il sovrano, l´imperatore, e che gli è concesso tutto: dire che siamo tutti più ricchi, che evadere le tasse non è peccato, che la Corte costituzionale è un covo di bolscevichi, che non ha voglia di fare la ruotina del triciclo Chirac-Schröder-Blair. Tutte ottime interpretazioni dello stesso personaggio: il patron venuto dalla “trincea del lavoro” a raddrizzare le gambe alla politica. Oppure l´uomo della provincia profonda, e non importa che venga dalla grande Milano, che con la sua apparizione ha offerto un simbolo antropologico e una leadership politica ai suoi colleghi dell´hinterland, nonché all´alta-bassa-media borghesia eternamente scocciata da Roma, dai ludi sterili di Montecitorio, e soprattutto da una quantità di regole intese come vessazioni. Tutto risaputo.

Eppure adesso qualcosa cambia. Prima Berlusconi era il fenomeno a cui era riuscita l´impresa di trasformare una maschera italiana arcaica, il Padrone, in un´icona ultramoderna. Ora invece il capo del governo sembra buttarsi di nuovo in una dimensione pre-moderna. Si reincarna nel “sun chi mi”, sono qui ed esisto solo io. Racconta l´antica favola reazionaria dei politicanti ladri, nella certezza di trovare consensi istintivi in quella parte di società cresciuta nella malevolenza verso la politica.

Siccome nulla di quanto dice Berlusconi è lasciato al caso, e poiché la sua carriera è un esempio di imprenditoria applicata al qualunquismo di massa (grazie a un´accurata selezione dei temi più popolari, del senso comune più ovvio quanto più diffuso) occorre chiedersi perché lo faccia. In realtà è intuibile: oggi non è più questione di governare. Non servono i sorrisi rassicuranti del manager, lo sguardo fiducioso sulla modernizzazione e le grandi opere, lo stile efficientista ingentilito dalla cortesia del manuale aziendale.

Siamo in campagna elettorale, è in gioco la “roba”. Ossia il patrimonio di voti, la dote di Forza Italia. Berlusconi sa che i sondaggi del suo partito sono brutti, e il giudizio sul suo governo è scettico anche nel suo elettorato: quindi non conosce altra tattica se non quella di offrirsi come carne e sangue della prossima ordalia di giugno. Di là i nemici, il Prodi burocraticamente indecente, gli statalisti, i comunisti, i giudici, le tasse; di qua, lui. Lui solo, senza nemmeno gli alleati, che gli hanno avvelenato la vita con verifiche e rimpasti.

È una scommessa non priva di rischi, perché forse Berlusconi è in grado di spostare voti, con uno sforzo erculeo, presentando la propria surreale candidatura “di bandiera”, arroventando l´etere; ma se riesce a mantenere il capitale, magari svuotando le tasche ai soci, si troverà i “ladri” Casini, Follini e Fini che la verifica post-elettorale la faranno con i coltelli sguainati.

Non se ne preoccupa, per il momento. Il Capo non può essere sconfitto poiché una sconfitta rappresenterebbe una smentita insopportabile delle sue virtù. Ma lo strappo dei “soldi rubati”, nonostante il plauso dei laudatores di servizio, sembra sovrabbondante anche per una personalità straripante come la sua. Ci vuole infatti un eccesso di fantasia per poter immaginare un´Italia politica in cui da una parte c´è un´oscura torma di maneggioni, e dall´altra lo splendore fantastico di Berlusconi. E sembra tecnicamente impossibile che un paese evoluto possa riassumersi nella formula dell´Uno avvinto alla moltitudine anonima dei suoi acclamatori.

L´immagine è medievale, ma non è del tutto anacronistica: perché è medievale anche un Parlamento messo alla frusta per votare le leggi che tutelano il patrimonio del sovrano. È un´ovvietà avvisare che il vincolo populista verrà stretto dai nodi delle reti televisive. Ma dopo avere straparlato della modernizzazione, del mercato, dell´impresa, della concorrenza, delle riforme, non è un po´ sconfortante, in seguito al marketing del Cavaliere sugli istinti malevoli dell´elettorato, trovarsi nella vecchia e infelice storia del medioevo più la televisione?