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20 Dicembre 2005

Il futuro della Banca d’Italia

Autore: Luigi Spaventa
Fonte: Lavoce.info
Continua stancamente la recita parlamentare sulla legge per la tutela del
risparmio. La Camera, se basteranno i tre giorni di cui dispone, modificherà il
testo ricevuto dal Senato.

BANCOPOLI, il dossier
In almeno un caso si
tratterà di una modifica fortemente peggiorativa: la restaurazione del regime
sanzionatorio per false comunicazioni sociali del 2002, con il ritorno alla
“modica quantità”, alla querela di parte e a tutte le clausole che degradano il
falso in bilancio a un peccadillo minore.

Altre e più desiderabili modifiche, quali un ritorno al testo della Camera
per le disposizioni in materia di operazioni con parti correlate, opportunamente
riscritte, e per la divisione di poteri fra Consob e Banca d’Italia, sono invece
improbabili. È comunque indispensabile la revisione dell’articolo 19
sull’organizzazione della Banca d’Italia, aggiunto al Senato dal Governo, nella
vana speranza che tanto bastasse a far dimettere il governatore.
Le disposizioni contenute in quell’articolo non rimuovono le cause delle
degenerazioni che si sono manifestate nell’operato dell’autorità di vigilanza e
prestano il fianco a obiezioni di merito, sollevate anche dalla Banca centrale
europea nel suo parere. Non sarà un caso se il Senato, ove si arrocca il nucleo
duro dei difensori dello status quo, ha approvato quel testo senza
discussioni.

Poteri e assetto della Banca d’Italia

Un rapporto dell’associazione Astrid, già presentato in bozza
(astridonline.it) e di prossima pubblicazione in versione definitiva, elenca due
insiemi di questioni che dovrebbero essere affrontate: poteri della Banca
d’Italia; assetto e governance dell’istituto.

Il primo insieme (che, per ragioni procedurali, non può essere affrontato
nel disegno di legge ora in discussione) include due temi. In caso di fusioni e
acquisizioni la disciplina comunitaria considera l’autorizzazione un atto dovuto
quando ricorrano i requisiti previsti. Il Testo unico bancario e ancor più le
istruzioni di vigilanza sono stati invece scritti in modo da consentire alla
Banca massima discrezionalità e da estendere l’ambito di intervento ben oltre il
perimetro della vigilanza di stabilità. Anche ad ammettere che i comportamenti
del governatore fossero tutti legittimi, proprio da ciò discenderebbe la
necessità di modificare le legge che li hanno consentiti, come ci chiederà la
Commissione europea, in un’annunciata procedura d’infrazione. Occorre pertanto
intervenire sul Testo unico per trasformare il potere di approvazione in potere
di opposizione (come già proposto su lavoce.info); per ricondurre il criterio di
sana e prudente gestione nei limiti del diritto comunitario; per disciplinare il
potere regolamentare.
Il secondo tema riguarda le competenze in materia di concorrenza. È
questione delicata, che non può essere risolta con il semplice trasferimento di
tutta la materia all’Autorità garante della concorrenza, poiché nel caso di
fusioni e acquisizioni si pongono problemi sia di concorrenza sia di stabilità.
Astrid prevede di assegnare le competenze all’Autorità, ma di consentire alla
Banca d’Italia di opporsi con provvedimento motivato a un’operazione ritenuta
pregiudizievole per la stabilità.
Per la sua governance la Banca d’Italia rappresenta un unicum. È tempo di
renderla normale, anche perché tanto ci chiede la Bce. In luogo
dell’accentramento di tutti i poteri nelle mani del governatore, occorre dunque
prevedere collegialità delle decisioni nell’ambito del direttorio,
auspicabilmente con tre vicedirettori generali, per avere un collegio di cinque
membri. Ad evitare tentazioni lottizzatorie, converrebbe che questi fossero
scelti fra i funzionari generali della Banca. Se vi è collegialità di decisioni,
occorre poi introdurre un termine di mandato non solo per il governatore, ma per
tutti i componenti del direttorio, con modalità iniziali atte a evitare una
scadenza contemporanea.

L’assetto proprietario

La questione della procedura di nomina, sia del governatore sia degli altri
membri del direttorio, si intreccia con quella dell’assetto proprietario.

Oggi le quote del capitale di Banca d’Italia sono di proprietà delle
banche. Queste designano un Consiglio superiore, che, oltre ad avere competenza
formale su alcune materie di amministrazione interna, è uno dei tre soggetti
(con il presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica) coinvolti
nella nomina e revoca del governatore e dei membri del direttorio. Vi sono in
questo disegno due anomalie: la prima, più di forma che di sostanza, si rinviene
nel possesso da parte dei controllati del capitale del controllante; la seconda
è la competenza del Consiglio nella procedura di nomina e revoca, che in ogni
altro ordinamento appartiene al potere politico.
L’articolo 19 risolve malamente il problema, trasferendo le partecipazioni
allo Stato o ad altri enti pubblici e non occupandosi del Consiglio superiore.
In tal modo si creano le condizioni per una più sostanziosa lesione
dell’autonomia della Banca: il Consiglio superiore sarebbe designato dal
ministero dell’Economia, il quale, come partecipante, interverrebbe anche nella
ripartizione degli utili. Si apre inoltre uno spinoso problema di valutazione
delle quote da trasferire dalle banche allo Stato. Quella disposizione
dell’articolo 19 deve essere certamente soppressa, anche per evitare la
altrimenti certa censura della Bce.
Le soluzioni alternative sono tre: Banca d’Italia riacquista (o converte in
obbligazioni) le quote delle banche, sostituendo il Consiglio superiore con un
organo simile, ma di nomina esterna (proposta Agostini ­ Ds); le partecipazioni
restano in mano delle banche, ma si elimina l’inutile architettura del Consiglio
superiore (proposta Astrid); le cose restano come stanno (probabile proposta
governativa in sostituzione della precedente).
Una previsione? Se su Banca d’Italia la Camera approverà modifiche
incisive, è improbabile che l’intero disegno di legge veda la luce, a motivo
dell’opposizione del Senato: una disastrosa brutta figura del legislatore e del
Governo. Un’alternativa? Approvare il disegno di legge stralciando l’articolo su
Banca d’Italia; rinviare perciò alla prossima legislatura una riforma più
organica, che comprenda anche una revisione della legislazione sui poteri e
sulle competenze dell’autorità di vigilanza.