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12 Maggio 2005

Il declino del Cavaliere

Autore: Piero Ottone
Fonte: La Repubblica

Vorrei fare su Silvio Berlusconi qualche nuova riflessione, con tranquillità, senza malanimo. Mettendomi, per così dire, nei suoi panni. Che il suo ciclo sia concluso, mi sembra ormai chiaro a tutti. La fase discendente è cominciata la scorsa estate; già nell´autunno si capiva che l´incanto era rotto, che il carisma era scomparso. Adesso tutti se ne rendono conto, amici e nemici. Cedo la parola a Giulio Tremonti, che nel momento stesso in cui era nominato numero due del governo, con l´incarico, dicono, di proteggere il numero uno, ha dichiarato: "L´iniziativa di un uomo che dà vita a un movimento è stata straordinaria, ma non è più replicabile." L´unico motivo di interesse, dal punto di vista antropologico oltre che politico, è ora di vedere come Berlusconi gestisca il periodo finale. Mi chiedevo qualche mese fa se lo avrebbe gestito con buona grazia, con eleganza (concessione di credito forse eccessiva), o cercando di trascinare con sé, nella caduta, l´intero paese. Di recente, in un dibattito televisivo, Alessandro Amadori, sociologo, poneva la stessa domanda, citando addirittura Sansone, Giustiniano e Costantino, come simboli di tre diversi comportamenti (concessione di credito eccessiva, forse, anche la sua). Come gestisce Berlusconi, dunque, la sua uscita ? Piuttosto male, purtroppo. Appare profondamente infelice, amareggiato, stanco. Le frasi che gli attribuiscono nei resoconti giornalistici non saranno esatte alla lettera, ma riflettono uno stato d´animo desolato. Afferma che gli alleati vogliono "logorarlo", che gli tendono trappole. Li accusa di ingratitudine: che cosa sarebbero oggi, dice, senza di lui ? Trova umilianti le manovre da Prima repubblica che gli impongono, e alle quali si assoggetta solo perché non può farne a meno. Da qui le sue indecisioni, le sue contraddizioni, qualche battuta infelice ("ho ventimila miliardi": sarà vero, ma meglio non dirlo). Da qui le notti insonni. Da ultimo, un´idea balzana, il partito unico: come se la creazione di un partito fosse un giochetto da bambini. Forza Italia non è essa stessa, tanto per cominciare, un partito: e allora perché mai gli altri dovrebbero unirsi a un partito che non c´è ? Solo per essere obbligati a stare buoni ? Questo è il quadro della situazione. E dunque mi chiedo, con sincerità: chi glielo fa fare ? Proviamo a metterci nei suoi panni, come suggerivo all´inizio di queste riflessioni. E supponiamo, per assurdo, che tutto gli vada bene: che riesca, dopo avere inghiottito altri rospi, a tenere tranquilli per qualche tempo gli alleati, e che abbia qualche nuova trovata propagandistica, fino a vincere nel 2006, se ci arriverà, le elezioni. E poi ? Un traguardo del genere potrebbe soddisfare un uomo politico di professione, un uomo politico normale, che si accontenterà di stare a galla. Ma lui ? Per dieci anni è riuscito, bene o male, a mettersi un paese in tasca, raccogliendo valanghe di voti, applausi, inchini da intellettuali, da editorialisti, da professori: e non chiediamoci, in questa sede, se quel suo incredibile successo sia stato davvero "un´iniziativa straordinaria", come dice Tremonti, o una tragica prova di immaturità del nostro paese. Fatto sta che per un decennio ha dominato la scena, nel bene e nel male. Può piacergli davvero, adesso, essere un Primo ministro ammaccato e screditato, sopportato contro voglia, che si chiederà ogni giorno di che umore si sarà svegliato Follini ? Di salvare l´Italia, ovviamente, non è il caso di parlare. L´Italia deve fare economie, rimettere in ordine i conti, amministrare con severità le risorse: non è il suo forte. Qualcuno dice che gli piace fare il Primo ministro perché è gratificato dalla possibilità di incontrare i Grandi della Terra, i Blair e i Putin. Ma non ha affermato lui stesso, di recente, che i Grandi della Terra lo guardano con reverenza e rispetto, perché lui, oltre che uomo di governo, è un tycoon carico di miliardi ? Se proprio ci tiene, potrà invitarli in Sardegna o alle Bermude, per riandare insieme ai tempi passati, come se fosse uno di quelli che gli inglesi chiamano senior statesmen, un uomo di Stato a riposo. C´è un´ultima ipotesi: che rimanga in politica per timore dei processi. Per sfuggire alla vendetta dei magistrati. Ebbene, potrebbe sempre puntare alla soluzione già adottata da altri: il salvacondotto.