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17 Maggio 2005

Il contropiede

Autore: Paolo Franchi
Fonte: Corriere della Sera

Agli elettori di Catania, per uno di quei misteri che rendono curiosa quanto improbabile la politica italiana, era stato affidato da tutti (centrodestra, centrosinistra, informazione) il compito di decidere le sorti di Silvio Berlusconi. Avesse vinto al primo turno Enzo Bianco, come era, chissà perché, nelle previsioni universali, le conseguenze sarebbero state quasi scontate: pollice verso per il Cavaliere, rifiuto degli alleati di rinnovare l’abbonamento alla sconfitta, cambio della guardia a Palazzo Chigi e, di fatto, alla guida della Casa delle libertà già in quest’ultimo anno della legislatura, proprio come era capitato, a suo tempo, al centrosinistra. Unica alternativa teoricamente possibile, quelle elezioni anticipate che in molti, a cominciare da questo giornale, avevano suggerito già dopo il disastro delle regionali come la soluzione migliore anche per il centrodestra e per Berlusconi. E invece Invece gli elettori di Catania sembrano aver votato infischiandosene bellamente dei sondaggi e delle previsioni più diffuse anche nella maggioranza. E’ difficile dire se si siano riconosciuti davvero nel compito (quasi) storico che era stato loro affidato. Però, se i primi dati verranno confermati, hanno deciso di mandare a Palazzo degli Elefanti non Bianco, ma il sindaco uscente Umberto Scapagnini, il medico di Berlusconi. Ed è altrettanto certo che Berlusconi, appena conosciuto il risultato, dopo settimane e settimane di tregenda ha potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo: di come fosse fatto un successo elettorale aveva quasi perso la memoria, adesso non solo una vittoria, come è ovvio, ma persino un ballottaggio devono sembrargli un balsamo.

Tutto sta, naturalmente, a stabilire quanto profondo possa essere, il sospiro in questione, e come possa essere meglio messo a frutto questo imprevisto contropiede. Certo, se Scapagnini vincerà, non sarà solo per la due giorni catanese del presidente del Consiglio, e per la granita (mandorle e pistacchio) che il medesimo ha pubblicamente gustato con lui a un tavolino del Caprice: gli esperti di cose catanesi e siciliane suggeriscono di guardare con più attenzione a cose più concrete, come per esempio la gran messe di voti raccolta, per il sindaco, dalle liste ispirate da un’importante personalità locale come Raffaele Lombardo, che ha appena lasciato, di fatto, l’Udc. Ma questo voto conferma che a Catania, e forse in tutta la Sicilia, e magari in larga parte del Mezzogiorno, l’impegno diretto di Berlusconi nella campagna elettorale (quell’impegno che è mancato nelle elezioni regionali) rappresenta ancora un valore aggiunto importante per le fortune del centrodestra. Persino in tempi peggio che grami per il governo.

Anche per questo dalla probabile vittoria di Catania il presidente del Consiglio potrebbe trarre motivo per cercare di tirare dritto, di restare in campo in primissima persona, di giocarsi la partita in una lunga campagna elettorale destinata a trasformarsi, e per scelta, in un referendum sulla sua persona: adesso, chi nel centrodestra punta a un passaggio di mano sembrerebbe avere qualche freccia in meno al suo arco, e pure nel centrosinistra può insinuarsi (fortunatamente) il dubbio che il trionfo, tra un anno, non sia poi scontato. E’ possibile, anzi, probabile che Berlusconi questo abbia in mente. Ma, se così stessero le cose, non sarebbe certo segno di pregiudiziale avversione consigliarlo di rifletterci meglio. Con tutto il rispetto per gli elettori catanesi, non è facile immaginare che il loro voto rappresenti l’inizio di un’inversione di tendenza rispetto alla crisi evidente non soltanto della politica di un governo, ma di quel fenomeno ben più complesso che, da dieci anni e passa, va sotto il nome di berlusconismo. Prenderne atto, e agire di conseguenza, sarebbe un segno di lucidità politica, non di debolezza.