5 Gennaio 2006
Il conflitto del Cavaliere
Autore: Ezio Mauro
Fonte: la Repubblica
Da luglio, questo giornale chiede al partito dei Ds alcune cose chiare in merito alla vicenda Unipol: accettare le regole del mercato fino in fondo, dunque rinunciare alla tentazione pericolosa di crearsi un capitalismo a propria immagine e somiglianza; rompere le vecchie cinghie di trasmissione non perché debba sparire la solidarietà e la vicinanza tra sinistra e cooperazione, ma perché bisogna impedire che le Coop diventino figlie di un dio maggiore, protette e benedette nei loro affari da un grande partito; evitare che la contiguità con quel mondo diventi un impeachment politico, generando afasia o peggio, ambiguità nei giudizi che il partito deve via via dare sugli errori del Governatore della Banca d´Italia, sulla finanza di Zagarolo e sulle fortune oscure dei suoi campioni, sul concerto para-criminale che si era creato all´ombra di Fazio e Fiorani tra le scalate all´Antonveneta, alla Rcs e, come ormai pare chiaro, alla Bnl. Infine, e non ultimo, sulle ruberie personali.
Una risposta chiara e convincente è fino ad oggi mancata. Il gruppo dirigente ds ha parlato tardi e male, come se fosse frenato e trattenuto, non libero: il che in politica è la cosa peggiore.
Soprattutto, non ha denunciato a chiare lettere il legame contro natura tra Unipol e i furbetti del quartierino, la complicità tra Consorte e Fiorani, i metodi disinvolti e illegali usati per arricchimenti personali.
Ci vuol tanto a dire: abbiamo sostenuto il diritto di Unipol di fare l´opa su Bnl, ma quello che è emerso dietro quell´opa è sconcertante?
Lo è per le alleanze, l´illegalità, la contiguità con un mondo che con la sinistra non c´entra nulla.
Per questo, noi prendiamo le distanze da Consorte che ci ha ingannati: la magistratura darà il suo giudizio penale, ma ciò che è emerso è già sufficiente pare dare un giudizio morale, che è di condanna totale.
Questa assunzione di responsabilità è indispensabile, per dimostrare l´autonomia e la libertà del gruppo dirigente diessino.
È obbligatoria, perché i cittadini di sinistra non tollerano che la linea di un grande partito sia ostaggio di un pugno di azioni Unipol.
È urgente per uscire dalla trincea e ricominciare a far politica a tutto campo, ripristinando la verità sullo scandalo bancario di questi mesi e su tutti i suoi attori: che non stanno solo a sinistra, ma anzi nascono a destra, anche se tutti sembrano dimenticarlo.
Lo dimentica soprattutto il presidente del Consiglio Berlusconi, che ieri è sceso in campo cercando di lucrare un vantaggio elettorale dalla vicenda Unipol.
Berlusconi non ha parlato di opa, di istituzioni, di legge sul risparmio, di Bankitalia, di regole, come vorrebbe il suo ruolo. Ha invece inaugurato il suo anno elettorale usando l´unico argomento che non può decentemente usare: «l´intreccio inaccettabile tra politica e affari».
Di quegli intrecci, purtroppo, il nostro presidente del Consiglio è un campione, un monumento vivente al conflitto di interessi e all´impasto quotidiano e indecente tra partito e azienda, amministrazione pubblica e business privato, soldi e politica.
È inevitabile (e colpa dei ritardi di cui abbiamo parlato) che Unipol diventi oggetto della battaglia politica.
Ma non è tollerabile che il Cavaliere metta al centro di questa battaglia l´«intreccio» tra politica e affari, in una sorta di sdoppiamento identitario. Non solo.
Se decide di affrontare lo scandalo bancario (dopo silenzi e impacci che per il professor Giavazzi si spiegano con qualcosa che c´è nelle carte, e può venir fuori) Berlusconi ha il dovere di chiarire alcune cose: come mai era «commosso» per l´opa di Fiorani su Antonveneta, tanto da congratularsi col banchiere, mentre cenava con il suo sodale Gnutti.
Perché il suo advisor di famiglia, Livolsi, curava la scalata di Ricucci, la possibile opa sulla Rcs, il legame politico-finanziario con Agag, il genero di Aznar grande amico del Cavaliere. Infine, qual è stato il ruolo dei parlamentari di Forza Italia (due sono sottosegretari del governo Berlusconi) coinvolti nell´affare Fiorani.
Ecco il vero «intreccio», Cavaliere, per lei familiare. Se la sinistra si deciderà a voltare pagina sulla vicenda Unipol, allora finalmente comincerà a chiederle conto di queste cose, invece di tacere.