ROMA – "Hanno avuto la crisi di governo. Ora basta. Ritocchi mirati e limitati. In ogni caso il minimo possibile. Un paio di interventi possono bastare". Se non si trattasse di una vera e propria crisi di governo, si parlerebbe di un "rimpastino". Perché la linea che fino a ieri sera Silvio Berlusconi ha sostenuto in tutti i suoi colloqui con i leader della coalizione e con lo stato maggiore del suo partito è propria questa. Tant’è che, seppure in modo non plateale, la contestazione è pervenuta in maniera piuttosto chiara nelle stanze di Palazzo Chigi. Sia An, sia l’Udc hanno fatto sapere di essere perlomeno "sorpresi" dall’atteggiamento del premier. "Mi cadono le braccia", si è sfogato con i suoi Gianfranco Fini. "Siamo di fronte ad un governo refuso", dicono sconsolati i centristi.
L’idea del Cavaliere, infatti, è di lasciare tutti al loro posto. A cominciare dal ministro delle riforme, Roberto Calderoli. Non vuole nemmeno sostituire i cosiddetti "tecnici" che hanno subito le contestazioni di quasi tutti gli alleati, compresi i forzisti. Con ogni probabilità, allora, anche Sirchia e Lunardi rimarranno al loro posto. "Guardate – si è giustificato con i partner di maggioranza – che io ho chiesto se potevano farsi da parte. Ma mi hanno detto tutti no. Ed io non me la sento di cambiarli anche perché sembrerebbe ammettere che hanno lavorato male". La crisi di governo, quindi, si risolverebbe con la presentazione di una lista "fotocopia" ad eccezione di un paio di sostituzioni: quella di Urbani e di Marzano.
Già ieri mattina durante il faccia a faccia con il ministro degli Esteri, la tensione è salita. "Se non capisci, non capisci – è sbottato il leader di Alleanza nazionale – a questo punto non so più cosa fare. Decidi tu. Fa come ti pare. Almeno non ci chiedere di essere contenti. Ma non pensare che stai cogliendo un’opportunità. La stai perdendo". La freddezza con Fini si è replicata durante il consiglio dei ministri. Visi lunghi e nemmeno un sorriso. Poi un altro colloquio, ma la situazione non è cambiata. "Tu – è stato il ragionamento del premier- mi hai sempre detto che non era una questione di poltrone, ma programmatica. Sul programma sono disponibile ad accogliere tutti i suggerimenti". L’elenco di Berlusconi allora si è steso lungo le direttrici dei fondi per il mezzogiorno, gli aiuti alle imprese, l’abolizione dell’Irap, il sostegno alle famiglie e il rafforzamento del potere d’acquisto dei salari. "Del resto – è il ragionamento che muove Berlusconi in questi giorni – se tocco troppe caselle, scoppia un putiferio. Le correnti di An già si fanno la guerra e poi si rivolgono a me. Se entro in quella logica, va a finire che non riesco a chiudere niente. Va a finire che nelle elezioni anticipate ci cadiamo dentro".
A Via della Scrofa e all’Udc, la cosa non l’hanno presa proprio bene. Per Follini è il segno che la "svolta" non c’è stata. Alla fine i ministri centristi rientreranno nella compagine, magari ottenendo anche una "promozione" per Buttiglione, il segretario di Via Due Macelli ne rimarrà fuori proprio per sottolineare una certa distanza. Ancora più insoddisfatti gli uomini di Alleanza nazionale. "Centinaia di organizzazioni imprenditoriali ti chiedono di mandare via Lunardi – va ripetendo Fini da giorni – e il presidente del consiglio non ne prende atto. Beh, allora…". Il ministro degli esteri si riferisce ad una lettera arrivata a Palazzo Chigi negli ultimi e firmata da un gruppo di imprenditori sulle procedure con cui vengono seguite le grandi opere pubbliche. Non solo. La protesta dei "finiani" è diretta anche alla gestione delle società pubbliche, in particolare quelle che dipendono dal ministero delle Infrastrutture. La loro attenzione è rivolta soprattutto alle recenti nomine effettuate nelle Fs. Lo stesso discorso viene fatto per Alitalia dopo che un eurodeputato di An ha raccontato a Fini di aver visto Giancarlo Cimoli, presidente e amministratore delegato della compagnia aerea, a cena a Bruxelles con un autorevole esponente dell’Unione. E dopo che Gennaro Malgeri non ha avuto risposta alla lettera inviata a Gianni Letta per contestare la nomina di Davide Croff alla Biennale di Venezia.
Insomma, al di là delle apparenze la tensione nella Casa delle libertà rimane alta. Per questo il presidente del consiglio sta cercando di trovare in extremis una soluzione alternativa per placare il nervosismo degli alleati. Proverà per un’ultima volta a convincere Calderoli a fare un passo indietro e ad accettare magari la delega per gli Affari Regionali. Ieri ha sentito al telefono Umberto Bossi (e forse oggi andrà a trovarlo a Gemonio) che gli ha ribadito il "niet": "se tocchi Calderoli, ce ne andiamo". E se non riuscirà a persuadere i lumbard, è allo studio l’ipotesi di creare altri dicasteri da distribuire tra gli alleati. "Di più però non voglio fare – ha ripetuto in serata – anche perché gli alleati non mi stanno aiutando. Pensano alla sconfitta nel 2006. Lavorano per farmi fuori. Ma nei prossimi mesi ci potrebbe essere qualche sorpresa. Anche per loro".