ROMA – Il caos delle precisazioni, delle smentite e della frenata finale ricompatta un centrosinistra spiazzato dall´annuncio di Berlusconi sul ritiro dall´Iraq a settembre. Francesco Rutelli dice che se il Cavaliere avesse detto l´altro ieri alla Camera «sono d´accordo con voi, stabiliamo una strategia d´uscita graduale con la comunità internazionale la discussione sulla proroga sarebbe stata diversa». Il centrosinistra, secondo il presidente della Margherita, «avrebbe votato una mozione con un´assunzione di responsabilità nazionale e il voto si sarebbe collocato diversamente. Tornerà buono per la prossima volta». Rutelli spera che Palazzo Chigi prenda atto dell´evoluzione in Iraq e attende sviluppi per il voto che dovrà prorogare ancora Antica Babilonia, dopo giugno. Anche se «il premier parla sempre pensando alle elezioni, cambia troppo spesso posizione». Altri leader dell´Unione invece parlano ancora di mossa elettorale, di un calcolo cinico. Altri ancora insistono sull´ «avevamo detto». «Finalmente Berlusconi riconosce che bisogna passare a una fase nuova – dice Piero Fassino – . È quello che chiediamo da mesi e mesi e sconcerta che quando lo chiediamo noi siamo degli estremisti, quando lo afferma Berlusconi è una cosa giusta». Poi, la giornata, con gli interventi di Bush e Blair e la frenata del premier, fa passare in secondo piano il disorientamento del centrosinistra e accende i riflettori sulla confusione internazionale. Dice Romano Prodi: «Berlusconi e Blair si mettano d´accordo fra loro. Hanno fatto la guerra insieme, ora facciano insieme la pace».
Dopo l´altalena di dichiarazioni, l´annuncio del Cavaliere viene preso con le molle. «L´auspicio del ritiro è fantastico. Quando avverrà sarà un fatto positivo. La nostra posizione è nota: siamo sempre stati contrari alla guerra differenza e non abbiamo considerato giusto accodarsi all´America». Tutta l´Unione chiede al premier di andare in Parlamento a riferire sull´Iraq. Di trasformare l´esternazione di Porta a porta in una presa di posizione formale. Dario Franceschini ironizza: «Berlusconi ha diventato un extraparlamentare del nuovo secolo». Per Alfonso Pecoraro Scanio «se non è propaganda elettorale, il premier deve subito presentare un piano di ritiro dall´Iraq». Il capogruppo della Margherita Pierluigi Castagnetti è da una parte soddisfatto: «Finalmente». E dall´altra considera grave l´annuncio in tv e sospetta una manovra elettorale in vista delle regionali. Ma una piano vero e proprio, da presentare nelle Camere, a questo punto diventa una chimera. Fassino attacca: «Questo non è uno spot, il tema è troppo delicato. L´esecutivo deve dire se andiamo via o restiamo. La confusione è assoluta e Berlusconi fa propaganda, ma tutto questo è indegno di un Paese civile». Fausto Bertinotti è convinto che l´uscita del premier vada sfruttata per accelerare i tempi. E con le parole di Berlusconi si possa mettere il governo con le spalle al muro: «È una timida apertura e i governi di Londra e Washington hanno richiamato subito il governo di Roma. Ma è chiaro ormai che gli italiani non sopportano più di vedere i militari in Iraq. Se Berlusconi torna indietro è un´ignominia». Ma la realtà è un po´ questa. Per Pierluigi Bersani, dall´Iraq all´economia, «siamo passati dal berlusconismo al surrealismo. Temo che dovremo adeguarci anche noi». Arturo Parisi, il presidente dell´assemblea federale della Margheria, è durissimo: «Uno spettacolo penoso. Ci aveva dato una buona notizia ma adesso è costretto alla retromarcia. L´ha sparata troppo grossa, Berlusconi, e se il suo è solo un auspicio allora non si capisce perché attendere settembre».
L´effetto annuncio è già evaporato nei commenti del centrosinistra. «Siamo al teatro dell´assurdo – attacca Pecoraro. Dopo questa penosa retromarcia la Cdl ed il governo si spaccano, ondeggiando tra l´appoggio al premier e dichiarazioni di fedeltà agli alleati. A questo punto è l´Unione che deve presentare una mozione con un piano di rientro dei soldati. È un´assunzione di responsabilità».