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16 Novembre 2005

I padri dimenticati del partito democratico

Autore: Antonio Maccanico
Fonte: Corriere della Sera

Ho letto con curiosità e con una certa sorpresa il bell’articolo di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera di sabato 5 novembre intitolato «Le icone del partito democratico: Tocqueville, Brandt e le femministe».

Scrive l’autore «Poiché in Italia un partito democratico non è mai esistito se ne ricercano le radici altrove. Nella storia, in altri Paesi: Erasmo da Rotterdam e Bob Dylan, Roosevelt, Stravinsky, Kant e Rosa Parks».

Sono sicuro che l’inevitabile sintesi non dà conto del pensiero dell’amico Arturo Parisi al quale ho recentemente regalato un mio piccolo libro intitolato Sud e Nord: democratici eminenti. Parisi, che conosco come un appassionato studioso del pensiero di Carlo Cattaneo, sa infatti che nella storia italiana esiste un filone politico-culturale che si può definire democratico senza aggettivi e che sarebbe errato ed ingiusto dimenticare.

A partire da Giovanni Amendola, che prima di essere massacrato dai fascisti, Un filone culturale che ha in Italia radici lontane fece in tempo a lanciare l’Unione democratica nazionale, e da Francesco Saverio Nitti, che fu un po’ il nostro precursore di Keynes, e passando per le vicende del Partito d’Azione, soprattutto del gruppo milanese intorno a Ugo La Malfa, a Parri, a Tino, a Paggi, a Bruno Visentini, e agli illustri studiosi come Omodeo, De Ruggiero, Franco Venturi che vi militarono, e a Leo Valiani ed Altiero Spinelli, non si può dire che l’idea democratica sia estranea alla tradizione italiana.

Giovanni Amendola scrisse un libro La democrazia che è un manifesto assai avanzato per quel tempo di un partito democratico. E che cosa furono se non democratici «gli amici del Mondo» uniti intorno a Mario Pannunzio, a Ernesto Rossi, a Giovanni Spadolini, il quale nell’aderire al Partito repubblicano affermava che l’aveva preferito perché considerava quel partito l’embrione del partito della democrazia?

E che cosa rappresentò la rivista Nord-Sud di Francesco Compagna, di Renato Giordano, di Giuseppe Galasso, di Vittorio De Capraris se non un foglio impegnato con passione nella battaglia per la democrazia?

E che cosa erano i proto-ambientalisti Antonio Cederna, Elena Croce, Michele Cifarelli se non personalità ispirate all’idea democratica?

Anche La Malfa e Spadolini sono profeti di quell’idea Èevidente che il partito democratico del futuro dovrà nascere dalla confluenza di varie culture politiche e tradizioni diverse: quella cattolico-democratica, quella del riformismo socialista, quella postcomunista, quella ambientalista.

Ma perché dimenticare che esiste una tradizione laica, minoritaria quanto si vuole, ma robusta di idee e contenuti?

E se è vero, come è vero, che le battaglie e le sconfitte di uno dei capofila di quella tradizione, Ugo La Malfa, segnano la via crucis della cosiddetta Prima Repubblica, perché scandiscono le tappe del suo «decline and fall», perché nella costruzione del partito democratico del futuro dovremmo rimuovere o accantonare quelle esperienze, e operare come se volessimo trapiantare nella nostra vita politica un soggetto del tutto estraneo?

Ma sono certo che non è questa l’opinione di Arturo Parisi e che è l’universalità dell’idea democratica che spinge a cercare anche in altri Paesi i suoi profeti, e non l’intento di negare le radici nazionali del suo nutrimento.