ROMA – I tagli alla spesa, che dovranno contribuire alla riduzione del deficit per 26,5 miliardi in due anni, cominciano ad agitare il governo a ventiquattr´ore dalla diffusione della bozza del Documento di programmazione economia 2006-2009.
All´attacco il ministro del Welfare Maroni: bisogna puntare ad un contenimento della spesa corrente per la quale il governo ha dimostrato «incapacità» ad intervenire. La ricetta per il ministro leghista è quella del blocco del turn over, accompagnato da politiche di mobilità, per i dipendenti pubblici. «Non mi aspetto tagli alla spesa sociale e agli enti locali», ha tuttavia rassicurato, anzi ha aggiunto di prevedere che la spesa per il welfare verrà aumentata «almeno del tasso d´inflazione».
Anche il responsabile delle Politiche agricole, Gianni Alemanno (An) non ha risparmiato critiche: «Gli accenni del Dpef alle politiche di sviluppo sono insufficienti. Bisogna fare un ulteriore sforzo nel taglio, in particolare sul versante della spesa corrente, cercando di preservare l´aspetto di investimenti che è presente nei diversi capitoli dei ministeri».
Alemanno ha anche detto di essere «contrario a privatizzazioni per esigenze di cassa». Sulla quadratura dei conti è intervenuto anche il vicepremier Tremonti in una intervista a «Repubblica Radio»: «Le una tantum non vanno demonizzate – ha detto – le spese straordinarie, come un investimento, possono essere coperte con entrate straordinarie».
Cominciano intanto a venire a galla le richieste di spesa: il ministro delle Infrastrutture Lunardi ha confermato l´entità degli investimenti: «Ci saranno 5 miliardi di euro per le opere pubbliche», ha detto.
Francesco Storace, ministro della Salute ha invece avanzato ieri una prima proposta: destinare lo 0,01 del Pil, ossia 110 milioni di euro, alla ricerca. Sul piede di guerra sembrano le categorie in vista delle scadenze della prossima settimana: l´Ecofin del 12, il vertice con le Regioni del 13 e quello con le parti sociali del 14. La prima ad uscire allo scoperto è stata la Confesercenti: «Un Dpef all´acqua distillata, una cura placebo, una finta cura per un malato grave», ha detto il presidente Marco Venturi.
Giudizio «fortemente negativo» da parte della Legautonomie, mentre l´Anci ieri ha incontrato il viceministro dell´Economia: sul piatto la lotta all´evasione fiscale nel settore immobiliare e le tasse di scopo finalizzate agli investimenti.
Continua a restare alta la temperatura tra i sindacati: «I dati che circolano sono inquietanti», ha detto il segretario della Cisl Pezzotta.
Infine giudizi critici sul Dpef e sulla situazione italiana sono giunti dalla comunità degli economisti riuniti in un convegno all´Università di Tor Vergata. «Il vero dato rilevante del Dpef è che il debito pubblico è in crescita per la prima volta da anni», ha commentato Luigi Spaventa, ex presidente della Consob.
«Le misure correttive di politica economia sono più blande sul 2006 che negli anni successivi – ha osservato Spaventa – sicuramente deve essere un caso». Caustico il giudizio dell´economista francese Jean paul Fitoussi. «Se il governo indica nel Dpef una crescita zero per il 2005 – ha detto -, probabilmente sarà del – 1 per cento».
Per Dominick Salvatore, professore alla Fordham University di New York, l´Italia «è in una situazione gravissima, ed esiste il pericolo di un declassamento da parte delle agenzie di rating, che punteranno il dito sull´inversione di tendenza nell´andamento del debito pubblico».