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6 Aprile 2005

I due vicepremier e la crisi di fiducia nel Cavaliere

Autore: Francesco Verderami
Fonte: Corriere della Sera

ROMA – Raccontano che l’altro ieri, mentre il centro-sinistra conquistava undici regioni dando scacco alla Cdl, il premier si trovava a colloquio con il figlio Piersilvio, per ascoltare dal vicepresidente di Mediaset le idee sul futuro del network televisivo e sui prossimi palinsesti delle reti.

E mentre i leader del Polo analizzavano i primi dati della sconfitta, Berlusconi era interessato a capire quale sarà la strategia di Canale 5, Italia 1 e Rete 4. Probabilmente il Cavaliere già allora considerava «prevedibile e prevista» la sconfitta nelle urne, e forse immaginava quale sarebbe stata la reazione degli alleati.

Ma il fossato che lo separa da Fini e da Follini si è approfondito nelle ultime ore, e sebbene non si manifesti in atti dirompenti, l’aria cupa e le parole pronunciate dal ministro degli Esteri ieri mattina evidenziavano la distanza che li separa, «perché il governo andrà pure avanti – ha spiegato il leader di An ai suoi – però ho l’impressione che le ragioni della coalizione si siano rotte».

Il fatto è che il capo dell’esecutivo è ancora convinto di ribaltare il risultato alle Politiche, malgrado attorno a sé avverta un forte scetticismo. Nei suoi conversari, prima di partecipare a Ballarò, Berlusconi aveva ammesso «le difficoltà del mio partito», ma non si capacitava dell’offensiva dei massimi dirigenti di An e Udc, «non capisco dove vogliano arrivare, visto che non esistono alternative».

Tanto Fini quanto Follini considerano il leader della coalizione «un problema», e chissà se il segretario centrista l’ha confessato a Gianni Letta ieri per telefono, è certo che da tempo i due vicepremier si interrogano sulla crisi del berlusconismo, sull’esaurimento della sua spinta propulsiva, sapendo che è pressoché impossibile trovare altre soluzioni a ridosso delle Politiche.

E alle Politiche mancano solo ottanta giorni di lavoro parlamentare prima della sfida tra il Cavaliere e il Professore, «perciò – secondo Casini – sarebbe opportuno evitare di inserire ulteriori elementi di frizione per tentare almeno un rilancio della coalizione». «Bisognerebbe cambiar passo, bisognerebbe esser meno leghisti e più realisti», dice con una battuta Follini riferendosi all’asse di Berlusconi con Bossi.

E anche Fini reclama un cambio di registro, ma attende che sia il premier a proporre per il Polo la strategia di fine legislatura.
Nessuno in realtà sembra al momento in grado di offrire uno schema vincente, nemmeno Berlusconi. L’agenda politica che aveva preparato è stata stracciata dal severo risultato delle Regionali: difficilmente la devolution subirà intoppi, perché chi cercasse di ostacolarne il corso si assumerebbe la responsabilità di aprire di fatto la crisi di governo.

Certo sulla modifica della par condicio il premier non avrà alleati, e nemmeno sulla riforma della legge elettorale, visto che – secondo Follini – «non esistono dopo le dimensioni del voto le condizioni per modificarla, senza un concorso dell’opposizione».

La vera prova sarà piuttosto la Finanziaria, è lì che Prodi lo attende per dichiararsi magari vincitore ancor prima della sfida nelle urne, «perché se i conti andranno male è fatta», ha profetizzato ieri il Professore al vertice dell’Unione.

Tuttavia, proprio sulla Finanziaria e sulla strategia del nuovo taglio fiscale che è nelle intenzioni del Cavaliere, persino dentro Forza Italia iniziano a sorgere dei dubbi: «L’abbiamo sperimentato.

Appena il governo ha abbassato le tasse – spiega un autorevole esponente azzurro – governatori e sindaci ne hanno approfittato per aumentare le imposte locali. Così i cittadini non si sono accorti del beneficio».

Come se non bastasse c’è la scure di Bruxelles che attende al varco il governo, viste le ultime stime sul Pil italiano e sui parametri di Maastricht.
Il Cavaliere però non intende privarsi di questa mossa, che incrocia la resistenza di An e Udc. Il prossimo autunno si saprà dunque il destino della Cdl. Berlusconi è atteso alla prova anche dalle «categorie economiche e sociali», come le definisce Fassino, cioè la Confindustria.

Certo non serve a trovare una soluzione la rottura con Fini e con Follini, sebbene ci sia chi si adoperi per rompere il muro d’incomunicabilità che scandisce ormai i loro rapporti. «Bisogna essere realisti – dice Gasparri – e al tempo stesso bisogna evitare di acuire le tensioni. Altrimenti alla sfida delle Politiche andremmo incontro alla sconfitta».

E il pessimismo regna nella Cdl. Fini pareva qualche mese fa essersi persuaso che forse c’era ancora uno spiraglio, ma l’umore è cambiato. Così le idee che sta vagliando sembrano proiettate sul futuro, quasi a prefigurare già da oggi il ritorno all’opposizione: non si spiegherebbe altrimenti la volontà di accelerare il processo di ulteriore avvicinamento al centro, e l’ipotesi di immettere nel partito nuova classe dirigente, per tentare di aumentarne i consensi.

Eppure Berlusconi pensa veramente di ribaltare le previsioni elettorali, e c’è chi anche nell’Ulivo è avvertito: «Alle Regionali abbiamo recuperato quasi tutto il nostro elettorato. Non è detto che Berlusconi non riesca a fare lo stesso l’anno prossimo».

Per riuscirci, servirebbe al Polo una ritrovata coesione. C’è chi pensa che il Cavaliere rilancerà a breve il progetto di semplificazione del quadro politico dell’alleanza, proponendo a Fini e a Casini un ruolo di rilievo, in vista della sua ultima sfida per palazzo Chigi.

Sarà forse il progetto del Partito popolare osteggiato da Follini, è certo che «dopo le Regionali – come dice l’udc Ronconi – non possiamo più contrapporre al listone di Prodi, l’immagine logora della Cdl. Il problema è il tempo». E di tempo non ce n’è più.