Caro Direttore,
ho letto l’articolo di Maria Teresa Meli sul «piano segreto di D’Alema». Perché piano segreto?
Sono
opinioni che sostengo e non da solo in modo aperto e coerente fin
dall’inizio di questa crisi. Ritengo che prima di andare alle elezioni
si debba correggere la legge elettorale. Penso che se il Parlamento non
è in grado di farlo — cosa che invece ritengo possibile e auspicabile —
si debba consentire ai cittadini di decidere attraverso il referendum
legittimamente richiesto e ammesso. Penso che fare altrimenti sarebbe
lesivo di un diritto democratico e finirebbe per approfondire il varco
tra i cittadini e le istituzioni.
Non si tratta di un complotto
per perdere tempo perché quanto io propongo è perfettamente compatibile
con la possibilità di votare entro la primavera. La legge elettorale
vigente è considerata un pasticcio da una larga maggioranza degli
italiani e dei membri del Parlamento. La stessa Corte Costituzionale,
nell’ammettere il referendum elettorale, ha messo in evidenza le
carenze e le incongruenze della legge elettorale gettando un’ombra
sulla sua legittimità costituzionale. Soltanto chi non avverta un
minimo di responsabilità verso il Paese e le istituzioni democratiche
può pensare che si possa andare al voto con una legge su cui grava un
referendum popolare e un dubbio di costituzionalità. Sono stupito che
personalità politiche che si definiscono «moderate» e
«liberaldemocratiche » siano assolutamente insensibili ad una questione
così delicata di correttezza democratica e di legalità costituzionale.
È
evidente infatti che il referendum sulla legge elettorale non può
essere posposto di un anno come un qualsiasi referendum abrogativo
proprio perché investe il sistema con il quale si dovrebbe andare oggi
alle elezioni. Ed è anche evidente che un Parlamento eletto con un
sistema che dopo pochi mesi potrebbe essere cancellato dai cittadini
rischierebbe, in breve tempo, una totale delegittimazione. Non è un
caso che l’esigenza di una riforma elettorale prima del voto sia
sostenuta da tutte le rappresentanze del mondo dell’impresa e del
lavoro.
Se il Capo dello Stato ha conferito al Presidente del
Senato un mandato a verificare la possibilità di formare un governo per
cambiare la legge elettorale, è evidentemente perché l’esigenza da me
avvertita è ampiamente condivisa nella società e nelle istituzioni.
Leggo nelle agenzie gli insulti e le minacce di chi vuole ad ogni costo
impedire che il Parlamento possa fare ciò che a mio giudizio sarebbe un
suo elementare dovere democratico. Questo non fa che accrescere le mie
preoccupazioni. Ma anche non fa che rendere inderogabile la necessità
di non piegarsi e di continuare a difendere le istituzioni e le regole
della democrazia.