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14 Dicembre 2006

Gli ossimori di un Paese immobile

Autore: Ilvo Diamanti
Fonte: la Repubblica

La novità principale è che non ci sono novità.
È
l´incipit della IX indagine su “Gli italiani e lo Stato”, condotta da
Demos per “la Repubblica” (proposta, domani, su “il Venerdì”).
Insomma:
il clima di depressione che aveva intristito l´opinione pubblica
durante gli ultimi anni del governo Berlusconi persiste. Pesante. Solo
che, nel frattempo, si è votato, è cambiata la maggioranza politica. Ci
sono un nuovo governo e un nuovo premier. Ma l´aria che si respira è la
stessa.
Anzi, si è deteriorata molto rapidamente, visto che
quattro italiani su dieci ritengono che il governo Prodi, fin qui,
abbia fatto peggio del precedente. Il doppio di quanti pensano
l´opposto; che, cioè, abbia operato meglio di Berlusconi. Da ciò la
delusione. Una nebbia densa che avvolge tutta la società. Non solo gli
elettori di destra, non solo i soliti cetimedinsoddisfatti, oppure il
mitico nordest-che-si-rivolta. Ma un po´ tutti i gruppi sociali, tutte
le componenti politiche, tutte le Italie. Un anno dopo: Berlusconi se
n´è andato (dal governo; per il resto è vivo e lotta ancora insieme a
noi). Ma poco è mutato, agli occhi dei cittadini.
Un cambiamento
senza svolte, che ha prodotto ulteriore delusione. Tuttavia, anche se
si corre il rischio del “già visto”, conviene ripassare, in modo
succinto, alcuni aspetti del rapporto. Perché delineano un contesto
sociale che, un anno dopo l´altro, è divenuto più particolaristico,
insofferente, diviso, lontano dallo Stato e dalle istituzioni. Quindi:
più logoro. Gli italiani. La loro insoddisfazione verso i servizi è
cresciuta ancora, nell´ultimo anno. Soprattutto verso quelli pubblici.
Ma alle virtù del privato credono in pochi.
Oltre otto persone su
dieci preferiscono che la gestione della scuola o della sanità resti,
comunque, in mano allo Stato, oppure agli enti locali. Peraltro, è
aumentata l´indulgenza verso comportamenti illeciti, in ambito sociale
ed economico. Il lavoro nero, i pagamenti senza ricevuta, l´abusivismo
edilizio, il ricorso a scorciatoie personali e amicali per ottenere un
posto oppure una visita medica, copiare a scuola, riprodurre cd
musicali o video. Il rapporto con gli immigrati: suscita maggiore
allarme che in passato. Sotto il profilo della sicurezza e della
“distanza” religiosa e culturale. C´è domanda di Stato, abbiamo detto.
Ma lo Stato continua ad apparire lontano.
Anche il “gancio”
fornito dal Presidente della Repubblica è meno solido di prima. Anche
se la fiducia nei suoi confronti resta elevata (è ancora al secondo
posto nella graduatoria delle istituzioni). Ma subisce un calo
significativo. Certo: l´eredità di Ciampi è importante, ma pesante.
Difficilmente riproducibile. Inoltre su Napolitano grava ancora
l´etichetta “comunista”, che gli viene “imputata”, come una macchia,
dagli elettori della CdL. D´altronde, in Italia, ogni differenza tende
a diventare frattura, in questi tempi. Anche lo Stato, al pari del
presidente della Repubblica, è valutato in base a logiche “partigiane”.
Un´appendice politica di chi governa. Dal Rapporto, tuttavia, non esce
solo un “Paese d´ombre”. Le luci non mancano.
Gli italiani, così
distanti e quasi disgustati dalla politica, mostrano, al tempo stesso,
grande partecipazione politica. Superiore all´anno scorso. La fatica e
la noia della campagna elettorale permanente non li hanno affaticati né
annoiati troppo. Inoltre, continua a crescere anche la partecipazione
sui temi urbani e del territorio. Ma, soprattutto, si allarga
l´esperienza del volontariato sociale (+ 6 punti percentuali in cinque
anni). Così, si riaffaccia lo stereotipo tradizionale degli “italiani,
brava gente”. Individualisti e “lavoratori autonomi” per definizione,
ma dediti all´impegno altruista. Un popolo di piccole imprese e di
grandi associazioni. Che sopporta il deficit di istituzioni e di Stato
grazie al proprio abbondante “capitale sociale”. Ai legami sociali, al
tessuto associativo, che creano coesione sociale e offrono sostegno
alle istituzioni.
Ma è ancora così? Cominciamo a dubitarne.
Perché, nell´Italia del 2006, si fanno strada alcuni paradossi
inquietanti. Il primo – e più noto – è il paradosso dello “strabismo
etico”. Gli italiani seguono criteri di giudizio e di condotta diversi
a seconda che affrontino questioni generali oppure personali. Insomma,
guardano in direzioni opposte. Per cui sono insoddisfatti del pubblico,
sfiduciati dello Stato. Ma vogliono che i servizi sociali restino in
mano al pubblico, controllati dallo Stato (o dagli enti locali). Si
rendono conto che occorre riformare le pensioni, senza ulteriori
ritardi. Ma si oppongono a ogni riforma che allunghi l´età
pensionabile. Sono d´accordo sulle liberalizzazioni, ma non per la
propria categoria, per il proprio ordine professionale. La loro
insofferenza fiscale ha raggiunto livelli di guardia. Ma non accettano
riduzioni della spesa per i servizi. Vogliono più servizi e più
assistenza: ma senza pagare più tasse.
Per definire il secondo
paradosso useremmo un altro ossimoro: la “solidarietà egoista”.
Riflette la tendenza della partecipazione sociale e associativa a
inseguire, sempre di più, temi specifici; a mobilitarsi intorno a
interessi particolari. Così, si è sviluppata, si sta sviluppando una
rete di solidarietà corte. Di tipo “difensivo”. Una solidarietà
molecolare, a tutela di cerchie più o meno ampie, più o meno ristrette.
Ciascuno immerso nella sua nicchia, nella sua lobby, nel suo clan, nel
suo ordine professionale, nel suo comitato, nella sua famiglia. A
difendersi dallo Stato. Ma anche dagli “altri”. Sempre meno disponibile
a “pagare” personalmente, oggi, per il “bene comune” e per il futuro.
Sempre pronto a partecipare. Ma “contro”.
Ne esce rafforzato il
paradigma del “governo indeciso”, che da troppo tempo assilla il nostro
Paese. Perché ogni governo, alle prese con lo “strabismo etico” dei
cittadini e con la “solidarietà egoista” della società, alla fine,
sceglie di non scegliere. Oppure, procede in modo contraddittorio.
Annuncia le riforme delle pensioni e dei Pacs, ma le rinvia. Scrive e
riscrive la Finanziaria, rendendo quasi impossibile seguirne il filo.
Il governo. Incapace di imporsi al frazionamento sociale – e della
propria maggioranza. Inseguito e inibito dai sondaggi, dai fischi,
dalle proteste di piazza, dalle polemiche mediatiche. Qualsiasi cosa
decida. Per cui, alla fine, non decide. E alimenta, ulteriormente,
sfiducia, dissenso. E opposizione.
L´Italia di Prodi, in questo, somiglia a quella di Berlusconi. Il Paese degli ossimori. Che non cambia mai.