2222
6 Giugno 2005

Gli atei bigotti contro il referendum

Autore: Francesco Merlo
Fonte: La Repubblica

QUALCHE anno fa a Nantes fu celebrato un processo contro un autista che aveva disgraziatamente investito una donna incinta provocandone l’aborto. In

primo grado l’autista fu condannato per omicidio colposo ma la Cassazione, pur aumentando il risarcimento civile, annullò la sentenza penale spiegando che "non spetta a questa Corte stabilire il momento in cui il nascituro diventa un individuo da proteggere giuridicamente tanto più che su questo punto anche le religioni e gli scienziati si dividono". La Cassazione francese, che si riferiva ovviamente al feto e non certo all’embrione, celebrava con malinconia la grandezza dello Stato laico. Ed è questa malinconica grandezza, per molti anni celebrata anche dal filosofo Marcello Pera, che oggi in Italia è messa in gioco nel referendum.

Eppure non c’è niente di più italianamente cristiano della fecondazione assistita perché in Italia Dio è il Bambino Gesù, e nulla è più scandalosamente divino della nascita, il mettere a dimora l’Essere, e nulla è più cristiano della procreazione che si rende autonoma dal piacere, e dell’assistenza a quello stato di minorità che è l’infertilità, il crescete e moltiplicatevi. La fecondazione assistita è l’antica levatrice che comincia il suo lavoro nove mesi prima, "la mano santa" della cultura popolare e della maieutica che sa anche divinare, sa assecondare i presagi, controlla la punta della pancia, legge la luna e le maree, dà la vita per amore, per scienza e per artifizio.

Attenzione però ai referendum, perché sempre sono una sorpresa. Sia che si

tratti di Costituzione o di embrioni, pongono una domanda e ottengono una

risposta sghemba, perché domanda e risposta viaggiano su universi asintotici: si avvicinano senza incontrarsi mai. Non è, per esempio, alla Costituzione europea che i francesi hanno detto no, ma a Chirac e alla disoccupazione. Allo stesso modo, non è sui quesiti abrogativi di una legge né tanto meno sulla personalità dell’embrione che, tra dieci giorni, si pronunceranno gli italiani, ma sulla legittimità del partito delle parrocchie, sulla religiosità armata e filosofizzante, sugli intellettuali atei che vogliono rubare al popolo la sua fede, soffusa e senza asprezze, per fondare un’etica di stato.

Questi atei, guidati da Marcello Pera e Giuliano Ferrara, sono alla ricerca di un pensiero forte che, nell’attuale povertà, possa diventare egemonia culturale e fare dell’Italia il fortilizio sacro di una Chiesa debole e invecchiata che si sente assediata da religioni astiose e muscolose che organizzano militarmente troppe anime, armerie spirituali di rabbie collettive, palestre del rancore e della ferocia di popoli che vogliono l’apocalisse dell’Occidente, religioni che sono anche etnia, integralismo e razzismo. Ecco: gli intellettuali atei, che sono accorsi al fianco di Ruini, leggono in questo referendum una minaccia al paradigma giudaico-cristiano che vede nella vita umana non un momento dell’evoluzione biologica ma un dono di Dio.

E professano questa idea antievoluzionista, nella quale non credono, per difendere "le radici" della nostra civiltà, e dunque accendono il fuoco della disputa bizantina sull’embrione, un dibattito erudito e classificatorio che non porta a niente. Si procede per analogie: l’embrione non è muffa ma non è persona; è vita ma non è un essere umano… E però "la persona" non è una nozione scientifica, come non lo è Dio: fuori dalla scienza.

Chiamata a rispondere su questioni impossibili, in realtà la gente risponderà sì o no al catechismo, sì o no al cardinale Ruini. È vero che su questo punto a sinistra sembra esserci più buon senso che a destra, ma la benedizione del Vaticano piace anche a sinistra, e dunque Rutelli si astiene, e Prodi andrà a votare ma non dirà come, cercando di compiacere tanto il no quanto il sì, e forse questo non è un atteggiamento da candidato premier. Del resto a destra non c’è solo l’asino di Croce, Fini voterà tre sì e un no, voteranno sì Martino, la Prestigiacomo e molti altri, e di nuovo la trasversalità si esprime non sulla scienza dell’embrione ma sulla sua rappresentazione religiosa, su quel che ne pensa la chiesa, sull’obbedienza ai cardinali, sulla catechesi che tutti abbiamo subìto in età prelogica.

Eppure, sono tanti anche i cattolici che voteranno sì, sono quelli che hanno

costruito la loro religione nella capanna del presepe, attorno alla culla del bambin Gesù. La natività è il fuoco della loro fede.

L’Immacolata concezione è fecondazione assistita da Dio. Nel presepe Ruini

non c’è, e non c’è il professore di teologia. Ci sono un uomo semplice e una

donna antica. Ma gli intellettuali atei non si curano del presepe e neppure

della Trascendenza perché non ci credono. Tuttavia considerano l’embronicidio" come una violazione del quinto comandamento. Sono diventati specialisti di religiosità pur non avendo nulla a che fare con la religiosità popolare.

E invece la religiosità popolare che noi conosciamo non ha bisogno di certificazioni intellettuali postpopperiane, la nostra gente non vuole amare

Dio "contro" qualcuno o qualcosa, alla maniera astratta del Santo Uffizio. E

non è vero che l’Italia è un paese scristianizzato. È, al contrario, un paese che evolve cristianamente, non verso i libri delle intelligenze pallide ed estenuate, non verso i frati di biblioteca, i glossatori neo domenicani, Domini canes, cani di Dio. Quella della religiosità italiana è una evoluzione dolce e civile, ricca di esperienze reali, di tolleranza, di politeismi, di Madonne nere, di santi arabi come san Gerlando, di santi panteisti che parlano con il vento e con i lupi come san Francesco, "nel flusso d’amore dell’universo". E anche la ricerca sulle cellule staminali embrionali ha bisogno, proprio per non diventare selvaggia, oltre che di regole laiche severe, anche della pietà cristiana verso i bisognosi, i

malati, verso la vita. Per evitare criteri di disumana eugenetica, che la legge già vieta e la vittoria del referendum non abrogherebbe; per evitare azzardi e allucinazioni, lo scienziato cristiano ha, anche lui, "la mano santa", un atteggiamento antiprometeico, senza empietà e senza la voglia di sostituirsi a Dio.

Anche nella ricerca sulle cellule staminali embrionali c’è la parabola del buon samaritano, c’è il figlio di Dio in pace con la sua filialità, c’è il meglio dei valori cristiani. Il dibattito di queste settimane ha infatti portato alla ribalta molti ricercatori italiani che lavorano nei centri specializzati sugli embrioni, e qualcuno l’abbiamo visto martedì sera in una bella puntata del programma tv Ballarò. Ebbene, sono cristiani che somigliano più a noi che a Ruini, non ritengono l’intelligenza una sfida al Creatore, ma uno strumento che Dio ha messo a disposizione degli uomini per produrre reti di solidarietà. Come San Martino, che sempre taglia a metà la sua ricchezza per darla al povero, lo scienziato usa l’embrione per aiutare la vita e non per offenderla.

La stessa teologia insegna che solo un confronto serrato con il male porta

alla conoscenza: "È attraverso il nero portale dell’inferno che si arriva al paradiso", scrisse Giovanni Papini in quel suo libro, "Il Diavolo", che è il risultato più alto della sua conversione.

Perciò ci permettiamo d’immaginare che il vecchio don Sturzo, che voleva

maritare il cattolicesimo con la modernità, caccerebbe dalla sua parrocchia

gli intellettuali atei, che sono scesi in campo in appoggio al clero vaticano, le nuove teste pensanti del partito di Ruini, lo strano mondo laico in cerca di una nuova identità politica. Marcello Pera, che forse è stato il più illustre dei filosofi italiani della scienza, ha scritto almeno due libri importanti, "Popper e la scienza sulle palafitte" (1981) e "Scienza e retorica" (1991) tradotto in inglese dalla Chicago University Press.

In tutta la produzione filosofica di Pera non solo non c’è nulla che possa fare presagire la sua evoluzione attuale, ma ci sono diverse cose che la rendono incredibile. Il Pera professore è un filosofo palafitticolo "orfano di verità", che non si pone il problema di credere, ma trova nel dubbio il sollievo alla fatica di vivere: "L’incertezza accompagna sempre anche i nostri migliori risultati". Pera ha scritto di Galileo, contro i dogmi, ed è stato sodale dei più importanti studiosi americani di Galileo. Tra i più avanzati e consapevoli alfieri della ricerca scientifica, per quanto opinabile e retorica, Pera concluse il suo ultimo libro accademico contestando, contro Cartesio, che si possa fondare la scienza sulla

teologia. E nell’introduzione a "Il mondo incerto" scriveva: "Il dogmatismo della certezza come effetto del possesso o della conoscenza di verità assolute è teoricamente ingiustificato e moralmente inaccettabile". Fu il filosofo delle porte aperte, dell’incertezza, del relativismo come metodo.

Ora ha chiuso le porte, predica le certezze, odia il relativismo.

Naturalmente anche egli ha il diritto di cambiare idea ed ha anche un certo diritto all’incoerenza, ma rimane senza connessioni con il suo pensiero la convinzione che i principi cristiani debbano informare le leggi italiane. E forse Pera deve ammettere che s’è separato da se stesso decidendo di astenersi al referendum in nome della religiosità. Ma fortunatamente la religiosità non è un concorso universitario per titoli e pubblicazioni, e gli italiani non si faranno depauperare del potere di attingere, quando e dove vogliono, all’Assoluto.

La religiosità italiana è diventata irrituale, come dimostrano le chiese vuote. E anche il calo di vocazioni rivela il calo di fiducia verso gli specialisti di religiosità e non verso Dio. È una evoluzione civile, parallela a quella della politica, dove la diminuzione del numero dei funzionari di partito non dimostra un aumento del qualunquismo. Allo stesso modo oggi ci si può sentire religiosi senza infilarsi in quei luoghi di concentramento che sono i seminari e le celle monastiche, e senza pretendere che le leggi dello Stato esprimano una convinzione religiosa e neppure un compromesso tra varie religioni.

Lo Stato laico è una conquista epocale e il cristianesimo laico e secolarizzato non è una retrocessione, ma una maturazione dell’organizzazione della religiosità che sempre meno ha bisogno di strutture clericali.

Certo, l’astensione ingigantisce la forza reale del partito di Ruini, aggiunge la furbizia alla pigrizia; è una tattica politica legittima, ma piena di paure. Ebbene, il referendum non servirà a stabilire se l’embrione è persona, che è una domanda filosofica, ma forse a scoprire un paese di cui nessuno dà notizia, un’Italia che s’è evoluta pur restando fedele alla propria antichità, a sapere su quante divisioni può contare in Italia il cardinale Ruini, e non Dio che non ha bisogno di reggimenti.