27 Settembre 2005
Giustizia a due velocità
Autore: Carlo Federico Grosso
Fonte: La Stampa
Si è finalmente saputo che Fazio dovrebbe essere sentito dalla procura della Repubblica di Roma sulla vicenda Antonveneta a metà ottobre. Se sarà sentito come indagato ovvero come persona informata sui fatti non è ancora del tutto chiaro. Era comunque tempo, ormai, che una data per la sua audizione venisse comunque individuata.
La procura di Roma si è giustamente mossa, in questa come in altre occasioni, con cautela, prudenza e riserbo. Ed è sicuramente un bene. Non mi piacciono, e non mi sono mai piaciuti, gli uffici giudiziari che, quando si tratta di indagati o di testimoni eccellenti chiamati a deporre su fatti di grande rilievo nazionale, si agitano oltre misura, talvolta con fragore.
Il problema di un eccessivo ritardo tuttavia esiste. Ed ho l’impressione che siamo ormai giunti al limite. Ogni attesa ulteriore da parte degli uffici giudiziari romani suonerebbe peculiare alle orecchie della gente.
La sequenza degli avvenimenti è nota. Una storia di acquisto e di vendita di azioni da parte di un gruppo di «galantuomini» per impedire l’ingresso di stranieri nella finanza padana. La denuncia, predisposta da uno degli studi professionali più prestigiosi di Milano, per conto degli asseriti invasori. L’intervento della procura della Repubblica di Milano. Un sequestro. Ulteriori provvedimenti forti, sempre della procura di Milano, nei confronti dei sopra menzionati «galantuomini».
La pubblicazione sui giornali di una peculiare sequenza di conversazioni. Il Governatore e la sua gentile signora che si intrattengono più volte con una delle parti in causa. Il Governatore che chiama addirittura, nel cuore della notte, il protagonista della vicenda annunciandogli il disco verde di Banca Italia. La notizia di una contrapposizione, all’interno della Banca, fra due alti funzionari e lo stesso Fazio, che si fa scudo dei pareri di tre autorevoli giuristi per contrastare le resistenze interne.
Una storia come altre, forse. Una storia che di per sé, al di là dei connotati di costume non precisamente edificanti, per quanto riguarda il Governatore, sul piano penale potrebbe anche risultare irrilevante. Al di là dell’esito giuridico della vicenda, si pone tuttavia, nell’immediato, anche sul terreno dell’intervento giudiziario un problema di credibilità del Paese.
Ecco perché, come dicevo, la procura della Repubblica di Roma non poteva, e non può, aspettare ancora a lungo a decidere una chiamata che era da tempo nell’aria, e che in tanti ci si attendeva da un giorno all’altro.
Certo, i fatti dovevano essere esaminati dai magistrati con la attenzione necessaria; si dovevano raccogliere documenti ed ascoltare persone, come è stato fatto; era sicuramente doveroso concedere al legale di Fazio il tempo per predisporre la difesa più efficace e concordare con lui cadenze e modi della autorevole presentazione.
Non si può tuttavia non rilevare che strideva un poco che fin dai primi di luglio un alto funzionario della Banca avesse ricevuto un avviso di garanzia e fosse stato chiamato a deporre, mentre il Governatore, che aveva assunto a quanto pare le decisioni, potesse rimanere silenzioso.
La magistratura esercita da tempo nel nostro Paese una funzione di rilievo. Con il suo controllo di legalità ha più volte interferito con importanti vicende politiche e finanziarie, e pesato su di esse. Nel caso Fazio gli effetti della attività giudiziaria potrebbero essere d’altronde particolarmente rilevanti, considerando la stretta che contrappone taluni politici e il Governatore sulla opportunità che costui lasci l’incarico, l’impasse in cui sembra essersi incagliata la vicenda, i riflessi internazionali di immagine e di credibilità del Paese.
Non so francamente dire quali saranno gli sbocchi giudiziari dell’indagine aperta a Roma. C’è comunque un auspicio, che credo sia di tutti. Che coloro che conducono l’inchiesta penale, studiati con attenzione carte e documenti, siano a questo punto in grado di agire con velocità e trasparenza. Se si deve colpire, si colpisca, se si deve chiudere, si chiuda, senza, soprattutto, lasciarsi influenzare da nessuno.
I cittadini hanno più che mai bisogno di chiarezza, non possono essere lasciati a lungo nell’incertezza, e non sapere se uno dei più importanti Servitori dello Stato abbia o non abbia commesso reati, e debba o non debba, anche per questo, lasciare il suo alto incarico ad onta delle rilevanti protezioni di cui gode.