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22 Gennaio 2007

Franceschini: “Bene D’Alema sul nuovo partito. Si può anticipare la costituente. Conferenza su disastro ambientale”

Autore: Umberto Rosso
Fonte: La Repubblica

ROMA – Un grande apprezzamento per Massimo D´Alema che vuole andare oltre il socialismo, «è la dimostrazione che dobbiamo lasciarci alle spalle uno schema che auto-imprigiona, il falso dilemma: dentro il Pse, fuori dal Pse». Ne consegue la convinzione che bisogna spingere il pedale del Partito democratico, e quindi l´idea di «anticipare i tempi dell´assemblea costituente, potremmo celebrarla già entro il 2007: far passare un altro anno, dopo la stagione dei congressi della Margherita e dei Ds, non ha senso». 
Ma soprattutto Dario Franceschini, capogruppo dell´Ulivo alla Camera, invoca una marcia centrata sui contenuti, sulle cose da fare, piuttosto che su statuti e procedure. E per questo lancia una proposta: una grande conferenza nazionale dell´Ulivo sul disastro ambientale che incombe, «penso che l´emergenza dei mutamenti climatici dovrebbe diventare la vera priorità del Pd. Se no, di che parliamo ai cittadini che guardano al nuovo partito? Gli raccontiamo delle “famiglie” politiche europee, del “dove” sedersi a Strasburgo?». 

Non è la questione che continua a spaccare Ds e Margherita? 
«A parte il ceto politico, non c´è uno in Italia che si appassioni alle faccende della collocazione europea del futuro partito. La soluzione, del resto, si costruirà strada facendo. E le condizioni, come conferma anche l´intervento di D´Alema, ci sono». 

Forse perché, come teme la sinistra ds, la Quercia potrebbe rinunciare alla famiglia socialista europea?
 
«Nessuno pretende abiure, invoca rinunce, i Ds non devono certo dissociarsi dal Pse. Né si tratta, per la Margherita, di aderirvi. Dobbiamo costruire una casa nuova, più grande, allargata, dove socialisti e non socialisti, laici e cattolici, moderati e radicali possano convivere senza abdicare alla propria storia. In un grande partito del trenta per cento c´è spazio per tutti, e non capisco perciò le paure di chi teme annessioni. Spero che il dibattito congressuale serva ad evitare spaccature». 

D´Alema ammette: i democratici Usa su alcuni temi, vedi il no alla guerra in Iraq, sono più avanti di certi socialisti come Blair. Sorprendente? 
«E´ la fotografia di una situazione. Nel mondo della globalizzazione, che naturalmente attraversa anche la politica, è sempre più chiara la linea di confine che divide chi sta con il centrosinistra da chi sta contro. Ci sono partiti che, pur non appartenendo alla tradizione socialista, vivono in pieno l´esperienza riformista». 

A chi si riferisce? 
«Appunto i Democratici americani, ma anche il partito del congresso indiano o i liberali canadesi. Insomma, non si tratta più di scegliere fra chi è socialista e chi no, ma di mettere insieme queste storie, queste culture politiche in un contenitore più grande. E il processo sarà più veloce di quel che si pensa, e passerà da una vittoria dei Democratici nelle elezioni americane». 

Intanto però da noi regna la competition fra Margherita e Ds, vedi liberalizzazioni. 
«Se è sui contenuti, la competizione è virtuosa. Un guaio invece se si scatena sulle ambizioni personali o nella caccia al voto in più. Ciò detto, il Pd non sarà il luogo in cui qualcuno propone e gli altri eseguono. Ci saranno sensibilità e punti di vista diversi. E´ così anche nelle primarie americane, con la Cinton, Obama o Edwards. Ma io penso che non si scatenerà più una corsa all´ultimo voto fra la Margherita e i Ds, semplicemente perché in tutte le prossime elezioni andremo insieme con le liste dell´Ulivo». 

Rifondazione vi accusa di ritagliare le riforme in funzione del nascente Pd. 
«Non è vero, e lo sanno bene anche loro. Visto che spesso i gruppi parlamentari dell´Ulivo per tenere unita la maggioranza hanno rinunciato ad una propria iniziativa. Che, una volta passata la Finanziaria, io credo vada rilanciata. Non funziona uno schema secondo cui qualcuno deve rinunciare e farsi carico della stabilità della coalizione e qualche altro procede per strappi e forzature». 

Come sull´Afghanistan? 
«Siamo presenti lì in un quadro multilaterale, con l´Onu e la Ue. Non come in Iraq, dove l´intervento è scattato in modo unilaterale. Perciò, il problema del ritiro delle nostre truppe da Kabul non si pone. Il governo piuttosto sta, intelligentemente, lavorando ad una conferenza di pace internazionale». 

E´ un braccio di ferro con la sinistra dell´Unione? 
«No. Ci capiremo, troveremo una soluzione».