Non ho mai avuto in grande simpatia gli appelli, soprattutto quelli
elettorali, e meno che mai gli appelli firmati da drappelli di intellettuali a
sostegno di politici che degli intellettuali non potrebbero curarsi di meno, a
meno che non siano, come molti intellettuali adorano essere, subalterni. Ho
letto qualche giorno fa che, in quanto intellettuali dovremmo rivolgerci agli
elettori delusi del centro-sinistra. E dovremmo, secondo Umberto Eco,
sacrificare un po’ del nostro «senso critico» e della nostra «equanimità» per
chiamare a raccolta, ovvero alle urne, i dispersi delusi del
centro-sinistra.
E dovremmo, secondo Umberto Eco, sacrificare un po’ del nostro «senso
critico» e della nostra «equanimità» per chiamare a raccolta, ovvero alle urne,
i dispersi delusi del centro-sinistra. Dispersi delusi che sembrano una
categoria ampia e (a ragione) persistente. Ebbene, no: non intendo sacrificare
neanche un’oncia del mio senso critico e della mia equanimità, anche se
sicuramente voterò per il centro-sinistra, lo dirò e spiegherò, se necessario e
a tutti colori ai quali interessa, il perché del mio voto. Continuerò, però,
fino al giorno del voto e immediatamente dopo la comunicazione dei risultati
elettorali, nella mia critica severa dei centrosinistri. È un dovere
intellettuale: il fuoco della critica, in special modo nei confronti della
propria parte politica, che ciascuno si è liberamente scelto, non deve spegnersi
mai.
Delle candidature ho, nel silenzio di troppi altri intellettuali di
centro-sinistra, Eco compreso, già detto e scritto con molta franchezza, ma
avrei parecchio da aggiungere. Per esempio, avrei preferito che la lettera di
Romano Prodi, in risposta a chi nel dicembre 2005 gli chiedeva le primarie di
collegio accompagnando la richiesta con un regolamento parsimonioso e facilmente
applicabile, fosse giunta prima che le liste delle candidature venissero
brutalmente chiuse. E fosse stata accompagnata da qualche impegno concreto a
futura memoria. Intendiamoci: delusi, sì; rassegnati, no. Vorremmo, adesso,
ascoltare dai candidati al parlamento e dai loro abili selezionatori qualche
saggia parola sul tipo di rapporti che intendono instaurare con il cosiddetto
“popolo delle primarie” (che, se ricordo bene, è fatto da più di quattro milioni
e trecentomila persone…) e con quei molti elettori che non avranno avuto in
grazioso dono neppure la possibilità di vederli in campagna elettorale visto
che, tanto, la lista è ferreamente bloccata e la stessa presenza dei candidate è
inutile (se non, addirittura, controproducente!).
Vorrei, personalmente, che candidate e candidati dichiarassero
preventivamente la loro disponibilità a spiegare tutti i loro voti di coscienza,
magari fondandoli anche su un po’ di conoscenza. Credo che non si possa e non si
debba imporre nessuna disciplina di partito su tutte le tematiche che riguardano
la vita e la morte, dall’inseminazione all’interruzione della gravidanza alla
eutanasia nelle sue plausibili declinazioni che vanno dall’essere lasciato
all’essere aiutato a morire. Aggiungo che, a mio modo di vedere, anche le regole
del gioco elettorale e istituzionale, Costituzione compresa, sono problematiche
di “scienza e coscienza”.
Desidero nella maniera più assoluta che i parlamentari del centro-sinistra
si esprimano liberamente e, in special modo, motivatamente sulla scelta del
nuovo sistema elettorale prossimo venturo (al proposito ho ascoltato con
interesse le posizioni di D’Alema: doppio turno francese, che condivido; quelle
di Prodi: tornare al mattarellum, che non condivido, oppure procedure verso un
sistema proporzionale tedesco, sul quale sospendo il giudizio fino a quando non
sarò rassicurato sul mantenimento della soglia del 5 per cento!) e sul rapporto
parlamento/governo e parlamento elettori (leggi: referendum). Ci dicano i
parlamentari e i dirigenti del centro-sinistra che tipo di sistema politico
intendono costruire e quale e quanta influenza consentiranno di esercitare ai
loro elettori e in che modo.
Motivatamente (e, nel gergo politico, “non da oggi”) delusi, ma sicuramente
nient’affatto rassegnati, non vorremmo, però, continuare ad essere considerati
come l’intendenza che segue sempre i suoi comandanti e si adegua, limitandosi a
mugugnare senza nessuna conseguenza pratica.
Soprattutto, vorremmo, anche per una questione di stile, che si accompagna
elegantemente al nostro senso critico e alla nostra equanimità, non essere
liquidati con un’alzata di spalle ovvero, peggio, come dei noiosi grilli
parlanti, il più delle volte da schiacciare, lasciando fare politica a chi pensa
di esserne il depositario autorizzato, e da resuscitare, ma appena appena, per
carità, qualche settimana prima delle elezioni e da esibire coram populo. Non è
mai bastato a migliorare la politica. Non serve affatto.