2222
12 Agosto 2005

Fassino: “Un patto Berlusconi-Prodi per cambiare governatore”

Autore: Luigi Contu
Fonte: la Repubblica

ROMA – “In un paese normale il capo del governo, d’intesa con il leader dell’opposizione, avrebbe già persuaso il governatore ad un atto di responsabilità. Fino ad oggi questo non è avvenuto per le reticenze e le ambiguità dell’esecutivo e per le divisioni della sua maggioranza. Tuttavia non è mai troppo tardi. Lo si faccia ora. Berlusconi ne parli con Prodi e la si smetta con il gioco di lasciare il cerino sempre in mano ad un altro”.


Piero Fassino ritiene ormai “insostenibile” la posizione del governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e auspica un suo passo indietro perché vengano restituiti prestigio e autorevolezza all’istituto di Via Nazionale. Il segretario dei Ds rivendica le posizioni assunte in questo mese rovente, negando con forza che il suo partito sia stato condizionato dai rapporti tra la banca centrale e l’Unipol per via dell’acquisizione di Bnl, operazione che continua a difendere benché abbia attirato sulla Quercia accuse gravi, tanto da far parlare alleati come Parisi e Bertinotti di una nuova questione morale.


Segretario, la tempesta che ha colpito Banca d’Italia si è estesa ai Ds a causa della scalata Unipol alla Bnl.

“Non accetto questo polverone. E le notizie di questi giorni hanno fatto finalmente chiarezza su quello che sta accadendo in Italia”.


Ce lo spieghi.

“Non può sfuggire a nessuno che sono in corso grandi manovre per condizionare pesantemente le elezioni della prossima primavera. A destra è chiaro il tentativo di dare la scalata ad Rcs per condizionare pesantemente il Corriere della Sera, per piegarlo ad interessi di parte. E dopo tanto interrogarsi e qualche illazione un po’ stupida che chiamava in causa perfino il centrosinistra, adesso le cose sono chiare. La presenza di Agag, genero di Aznar, segretario del Ppe negli anni dell’ingresso di Forza Italia in quel partito, intimo di Silvio Berlusconi al punto che il presidente del Consiglio ne è stato testimone di nozze, la dice lunga su chi siano coloro che cercano di mettere le mani su Via Solferino. E’ un’offensiva che deve essere respinta e segnalo che è stato depositato al Senato un ddl con norme molto più stringenti e rigorose per la vigilanza e il controllo sulle acquisizioni azionarie nel settore editoriale. E non sono stati nè Mastella né Bertinotti a proporlo, ma il senatore Passigli dei Ds, d’accordo con me”.


Mastella e Bertinotti, due alleati che non sono stati teneri con voi. Come non lo sono stati Rutelli e Parisi. Lei come si spiega queste polemiche?

“Devo constatare purtroppo che anche nel centrosinistra è in corso una operazione non meno insidiosa di quella che è in atto a destra. Subiamo un’aggressione che punta a colpire il nostro ruolo e la nostra forza elettorale, con un gioco ormai scoperto. Non passa giorno che non ci sia un Parisi, un Mastella, un Occhetto o un Bertinotti che ci attacca sperando di lucrare qualche voto. Uno schema irresponsabile, pericoloso, perché stanno segando il ramo su cui sono seduti, visto che i Ds sono la principale forza dell’Unione. Fa parte del nostro essere responsabili anche denunciare le aggressioni quando, come in queste settimane, mettono a repentaglio la coesione e la solidarietà del centrosinistra. Noi siamo unitari e continueremo ad esserlo, come dimostra l’impegno che stiamo profondendo nelle primarie a sostegno di Prodi. Ma nessuno creda che noi si sia disposti ad accettare qualsiasi cosa”.


Resta il fatto che la vostra difesa dell’Unipol viene percepita come una commistione di interessi…

“Non c’è nessuna confusione di ruoli, né commistione di interessi. I Ds sono un partito, l’Unipol un’azienda e ciascuno fa la sua strada. Sulle vicende di queste settimane sta indagando la magistratura. C’è la Consob, c’è la Banca d’Italia. Indaghino, verifichino, intervengano, applichino le leggi senza guardare in faccia a nessuno. E qualora dovessero accertare che ci sono state irregolarità le perseguano. E questo vale per chiunque, anche per l’Unipol. Non spetta a me ne alla politica giudicare come sono state fatte le opa. Ma il vero tema che è stato sollevato in queste settimane è un altro”.


Quale?

“Quando si dice, come ha fatto Montezemolo, che ‘l’Unipol si deve occupare solo di supermercati’ non c’entra più il tema dell’opa. Semplicemente si vuole negare al movimento cooperativo la dignità di essere impresa. Ho l’impressione che molti considerino la cooperazione un residuo ottocentesco, alla Pelizza da Volpedo. Bisognerebbe avere qualche informazione in più. Un dato per tutti: l’insieme delle aziende che fanno capo alla Lega delle cooperative fattura 45 miliardi di euro l’anno e impiega 400 mila occupati, quando erano 200mila del ’95. E altrettanta forza esprime la Confcoperative che fa riferimento al mondo cattolico. Unipol è la terza compagnia assicurativa del paese, in questi anni è entrata nel settore bancario ed ha scelto sulla base di suoi programmi di impresa di creare un grande polo finanziario. Ha diritto di farlo o no? Oppure si vorrebbe stabilire una strana regola secondo la quale la Fiat produce automobili e può avere partecipazioni in Mediobanca, Rcs, e nella Stampa, Della Valle fa scarpe e borse e può avere partecipazioni in Rcs e Bnl, Caltagirone fa l’immobiliarista, siede nel Monte dei Paschi e controlla giornali. E invece una compagnia assicurativa che tratta una materia molto più affine al credito di quanto non lo sia la produzione di scarpe o automobili non dovrebbe avere diritto di investire nel settore bancario. Ma che regola è?”.


E’ proprio questa difesa dell’Unipol che vi viene rinfacciata.

“Ma io difendo il diritto di Unipol a perseguire le sue scelte di impresa, così come riconosco analogo diritto ad ogni imprenditore. E questo non significa condividere necessariamente tutti gli atti che Unipol può aver compiuto. Io mi batto perché il mercato sia uguale per tutti e perché il movimento cooperativo non sia figlio di un dio minore”.


In una intervista al Sole 24 ore di un mese fa lei difese anche Stefano Ricucci. Alla luce delle intercettazioni emerse in questi giorni conferma quel giudizio?

“In quella intervista non ho mai detto che l’attività degli immobiliaristi ha lo stesso valore di quella industriale. Chiunque conosce la mia storia sa che mi sono formato a Torino dove si respira la cultura della fabbrica. E continuo a pensare che senza una industria forte non c’è paese grande. Ma le regole del mercato devono essere uguali per tutti, quale che sia il settore di attività di ciascuno”.


Quale deve essere un corretto rapporto tra un moderno partito di sinistra e il mondo dell’economia e della finanza?

“Rispettare fino in fondo l’autonomia dell’impresa offrendo un quadro di regole certe e, lo ripeto, uguali per tutti”.


A questo proposito, alcuni intellettuali come Sylos Labini e Giovanni Sartori propongono l’adozione di un vero e proprio codice etico. E’ d’accordo?

“Accolgo la proposta fatta da Sylos Labini e altri anche perché vorrei ricordare che io stesso l’ho avanzata 48 ore prima nell’intervista che ho fatto con La Stampa. Mai dimenticarsi che il fiume della politica deve scorrere nel letto dell’etica. Chi ha responsabilità pubbliche ha il dovere non solo di rispettare la legalità ma anche di promuoverla con i suoi comportamenti. Penso alla necessaria sobrietà che deve avere quando si ricoprono incarichi pubblici, senza inutili ostentazioni di potere. Penso alla necessità di separare in modo netto interessi privati da interessi pubblici”


Il groviglio di rapporti emerso dai colloqui intercettati tra il governatore della Banca d’Italia, i suoi familiari, esponenti politici e aspiranti acquirenti di Antonveneta è abissalmente distante dalla separazione tra interessi pubblici e privati.

“Ogni giorno che passa rende sempre meno sostenibile la posizione di Antonio Fazio. Risulta evidente che colui che doveva essere arbitro imparziale si è fatto giocatore. O comunque ha ispirato mosse, suggerito comportamenti e avallato strategie di parte. E dunque pongo la questione che avevo già sollevato all’indomani della diffusione delle prime intercettazioni: è seriamente compromessa quella imparzialità su cui è fondato il credito e l’autorità della Banca d’Italia. Il governatore dovrebbe rendersene conto e avere la sensibilità di trarne le conseguenze con un atto di responsabilità verso il paese. E tutti dovrebbero sollecitarlo a questo passo. Se davvero si considera la Banca d’Italia e la sua funzione un bene prezioso si deve chiedere a Fazio di non procrastinare oltre una crisi che sta recando un danno molto pesante al sistema Italia, come indica anche il declassamento di Standard and Poor’s”.


Bastano le dimissioni di Fazio?

“No. Ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità, a cominciare dal disegno di legge sul risparmio. Il che significa anche non dilazionare più quelle modifiche normative – mandato a termine per il governatore, trasferimento della vigilanza sulla concorrenza bancaria all’Antitrust, abolizione dell’Isvap, aumento dei poteri della Consob – che se fossero stati approvati mesi fa, quando i Ds le proposero, avrebbero forse impedito le vicende di queste settimane. Ma responsabilità significa anche affrontare il tema di una nuova etica pubblica. Perché questo è il nodo centrale, non tanto l’evocare in termini generici una questione morale quanto invece adottare regole che ispirino i comportamenti di chiunque abbia responsabilità istituzionali e pubbliche. Non solo i partiti e le alleanze politiche si devono dare un codice etico, ma che anche Camera e Senato dovrebbero adottare regole deontologiche che ispirino l’attività dei parlamentari. Anche perché questo sarebbe il modo più giusto per mettere fine ai polveroni”.