IL governo, Berlusconi e Siniscalco, sui conti pubblici hanno mentito agli italiani: l’Italia frana perché sta franando il progetto di governo della destra». Il durissimo attacco di Piero Fassino, perfettamente in linea con quanto andava dicendo anche Romano Prodi, e con quanto ripetono pure D’Alema e Rutelli, interviene raccogliendo e sostenendo il monito sul rischio sfondamento del deficit della Commissione.
Monito che incrocia la gravità della situazione politica e che induce l’opposizione a chiedere a gran voce una sessione straordinaria in Parlamento, negata giusto ieri in Senato, dedicata alla crisi di governo e alla situazione dei conti pubblici.
Il cui sforamento nel rapporto deficit/Pil è individuato dalla Commissione come tendente al 4,6 nel 2005, mentre molti economisti a cominciare da Tito Boeri parlano esplicitamente di tendenza reale al 6 per cento, come in tarda serata ricordava Rutelli.
Fassino ritiene «irresponsabile il comportamento tenuto dal governo in questi mesi, poiché i conti pubblici sono in una situazione di gravità inaudita» e torna sul ruolo del super-ministro per l’Economia: «Siniscalco ha detto game over, il gioco è finito.
Dovrebbe avere il coraggio di dire adesso che questo governo ha giocato con la pelle del Paese». Prodi è preoccupato anche per la Trimestrale di cassa, le cui linee guida sono state esposte alla Commissione da Siniscalco, ma ancora ignota al Parlamento italiano: quando sarà presentata, dice Prodi, «in quel dibattito in Parlamento si capirà il reale stato dei conti pubblici italiani», che è quel che più preoccupa, «nello stato di assoluta confusione in cui versa il governo». Prodi non ha dubbi: «Se i conti stanno come dice il commissario Almunia, credo non ci sia spazio per una Finanziaria elettorale, che manderebbe in rovina il Paese».
Il punto è che, solo ieri mattina, i capigruppo della Fed in Senato (che tra l’altro stanno varando il gruppo senatoriale unico) hanno chiesto, nell’ufficio del presidente del Senato, che il governo vada in Aula a riferire sullo stato dei conti pubblici, e sulle a dir poco difficili condizioni politiche nell’alleanza che esprime l’inquilino di Palazzo Chigi: richiesta respinta, come ha raccontato in un intervento in pieno emiciclo Gavino Angius.
Ma appunto, la presentazione della Trimestrale di cassa (dovrebbe esser resa nota a marzo, ma sono tre anni che slitta, stavolta verso maggio) potrebbe essere l’occasione per un dibattito parlamentare.
Non che l’Unione si accontenti: ieri anche Prodi è intervenuto rilanciando l’idea che Fassino ebbe già all’indomani della vittoria del centrosinistra alle Regionali, e cioè una sessione straordinaria del Parlamento sulla politica economica. Argomento sul quale l’opposizione continuerà ad incalzare la maggioranza, poiché il profilo scelto è di considerare che sta al governo l’onere della prova, ovvero dimostrare la propria capacità di superare le forti conflittualità politiche interne alla coalizione innestate anche dallo scacco alle regionali, e la ferma intenzione di stabilire un programma di politica economica che non lasci il Paese in un’agonia pre-elettorale lunga un anno.
Come ancora ieri ricordava Prodi, «noi non chiediamo le elezioni anticipate, chiediamo però, se il governo rimane, che governi». Per ora, ricorda il centrosinistra, ci sono «solo le parole del premier a Ballarò».
E in quel salotto televisivo Berlusconi aveva confermato il taglio delle tasse per il 2006, la riduzione del debito pubblico sotto quota cento, l’intervento di sostegno per i ceti più deboli. «Proposte talmente confliggenti con la realtà di un Dpef che sarà drammatico e di una Finanziaria che appare come una sfida impossibile», commentava ieri Massimo D’Alema, «da non escludere che a un certo punto il governo arrivi al collasso».
Anche perché «il centrodestra ha logorato pure le ragioni dello stare insieme», e «se andare alle elezioni anticipate o meno non si può risolvere con una brillante mediazione», ricorda l’ex presidente del Consiglio.
Oltre tutto, nota il responsabile economico della Margherita Enrico Letta, lo sforamento dei parametri previsti nel Trattato di Maastricht «sarebbe stato discutibile, ma alla fine accettabile, se avesse segnato una scelta di crescita».
Mentre invece l’Italia è il paese cresciuto meno in tutta l’area dell’euro, ancor meno di Francia e Germania. «Adesso rischiamo il più consistente sforamento di bilancio da agli anni Ottanta a oggi». E almeno, «che Siniscalco non leghi il suo nome a quest’operazione», si augura Letta.