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23 Settembre 2005

Fassino: Fini fermi questa agonia

Autore: Maria Teresa Meli
Fonte: Corriere della Sera

ROMA – Onorevole Fassino, perché mai il governo dovrebbe dimettersi?

«Perché è il definitivo collasso di una maggioranza a pezzi. Non si è dimesso l’ultimo arrivato, ma il ministro dell’Economia, cioè, dopo il premier, il ministro che ha maggior potere nel governo, e non si è dimesso per ragioni di salute ma perché non intende mentire al Parlamento e, soprattutto, non vuole più fare quello che ha fatto finora».


E cioè?

«E cioè presentare al Parlamento delle Finanziarie taroccate. Prima avallando le scelte di Tremonti, poi in prima persona. In quattro anni si è fatta questa politica e il risultato è sotto gli occhi di tutti: il deficit è oltre il 5 per cento e il debito viaggia verso il 110 per cento ed è tornato a crescere. Il Paese conosce una fase di recessione produttiva, le nostre esportazioni si riducono e le imprese sono in affanno di tenuta competitiva, mentre Billè denuncia la stagnazione dei consumi».


Insomma, secondo lei un fallimento.

«Sì, di cui il governo avrebbe dovuto prendere atto da molto tempo perché la crisi che ha portato alle dimissioni di Siniscalco si trascina dall’estate del 2004, dalla pesante sconfitta elettorale subìta dal centrodestra nelle elezioni amministrative ed europee. All’epoca Berlusconi fu costretto a sostituire Tremonti perché si riteneva che la sua politica fosse la ragione della crisi del consenso dei cittadini. E Siniscalco era stato chiamato per imprimere in qualche modo una svolta alla politica di Tremonti. A dire il vero ci provò, quando, presentando la Finanziaria del 2004, si rifiutò in un primo momento di fondarla sulla riduzione dell’Irpef. Ma quel tentativo di correzione fu stroncato da Berlusconi che impose per l’ennesima volta una Finanziaria fasulla».


Onorevole Fassino, sta facendo propaganda…

«No, è la verità: lo dicono le cifre e i ripetuti richiami del Fmi, della commissione europea e di tutti i principali analisti. Non a caso veniamo da mesi in cui la crisi del centrodestra è sotto gli occhi di tutti. Nella maggioranza si discute se sia opportuno andare alle elezioni con Berlusconi, l’Udc in modo esplicito reclama un cambiamento di leadership, mentre la Lega e An hanno come principale preoccupazione quella di salvarsi dal naufragio della maggioranza e Forza Italia è in rotta. I sondaggi la accreditano al 16-17 per cento. Ma non si tratta solo dei voti, che pure sono significativi. In tutta Italia c’è un fuggi fuggi dal partito del premier. Interi gruppi consiliari che, armi e bagagli, trovano riparo chi nell’Udc, chi in An, chi nel centrosinistra. Si è consumata una crisi di credibilità e di consenso dell’opinione pubblica verso questo governo e le elezioni regionali lo hanno detto in modo clamoroso: la destra ha perso in 12 Regioni su 14. E allora in qualsiasi Paese civile una maggioranza, dopo un risultato così disastroso, avrebbe preso atto di non avere più il consenso degli elettori e avrebbe fatto quello che in Germania ha fatto Schröder».


Ossia, sarebbe andata alle elezioni.

«Già, e invece qui una maggioranza a pezzi, priva di consenso nel Paese, e con un bilancio fallimentare, la prima cosa che cerca di fare è cambiare la legge elettorale con un solo e semplice obiettivo: cercare di evitare di perdere le elezioni. È un’altra prova di assenza di responsabilità istituzionale. La verità è che questa maggioranza, irresponsabilmente, sta trasformando la sua agonia nell’agonia del Paese. Qual è quel cittadino che investe in un Paese incerto dove chi lo guida non dà garanzie? È chiaro che se c’è un governo che trasmette insicurezza questa insicurezza diventa lo stato d’animo del Paese, e tutti tirano i remi in barca e l’Italia rischia».


Berlusconi dice che voi spargete pessimismo a piene mani…

«No, l’Italia è un grande Paese, ha le risorse per farcela e ce la farà. Il tappo si chiama governo Berlusconi, che non assicura all’Italia quella guida forte e autorevole in grado di rilanciarla». Ma il tappo resta, nonostante le vostre proteste. «Questa sarebbe l’occasione da parte della destra per compiere un atto di responsabilità verso il Paese. E invece hanno nominato Tremonti che è il principale colpevole dei disastri economici in cui l’Italia è precipitata: fu cacciato perché considerato il responsabile della crisi elettorale della destra. Ora ce lo ripropongono: è il segno della disperazione. Ma io non ho nessuna speranza che Berlusconi e i suoi pretoriani intendano questo mio ragionare. Perciò mi rivolgo a Follini, a Casini e a Fini».


Anche a Fini, onorevole Fassino?

«Fini ha dimostrato in alcuni passaggi di avere la percezione di quello che pensa l’opinione pubblica italiana anche sfidando qualche volta l’impopolarità nel suo partito. Penso alla fecondazione assistita, all’immigrazione. Credo che Fini si renda conto che il Paese guarda sconcertato a questo spettacolo che la destra sta dando. Se c’è un uomo che non suscita alcuna simpatia e fiducia quello è Tremonti. Riproporlo lì è un atto di arroganza. È come mettere il topo a guardia del formaggio».


Che ha scritto nel biglietto che ha mandato in aula a Follini?

«Gli ho scritto che a mio avviso è inconcepibile che questa maggioranza non prenda atto della crisi drammatica in cui è e che non abbia il coraggio di andare alle elezioni subito».


Nella Cdl dicono che voi «ricompenserete» Siniscalco.

«Io non faccio nessuno sconto a Siniscalco perché è sceso dalla nave che stava affondando all’ultimo minuto utile, ma ha la responsabilità in questi quattro anni di aver condiviso tutte le follie fatte da Tremonti, prima, e volute da Berlusconi poi. Quando è stato ministro non ha avuto il coraggio di dire “no “al premier. Dimettersi oggi è certamente la presa d’atto di un fallimento però a questo fallimento ha concorso anche lui».


È vero che lei è stato avvertito in anticipo delle dimissioni di Siniscalco da un amico comune?

«No».


Come giudica la dichiarazione del premier su Fazio?

«È una dichiarazione molto tardiva che viene dopo settimane di reticenza e opportunismo. Spero almeno che si punti a un nuovo Governatore davvero indipendente e autorevole che restituisca alla Banca d’Italia quel che Fazio prima e Berlusconi poi gli hanno tolto».