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3 Febbraio 2006

E quattro imputati eccellenti ora sperano nella “grazia”

Autore: Liana Milella
Fonte: La Repubblica

ROMA – Taglia e cuci. Ritaglia e ricuci. Aggiungi un aggettivo di qua, togline uno di là. Per una settimana, Gaetano Pecorella e Isabella Bertolini non hanno fatto altro. Forzisti tutti e due, e tutti e due avvocati, di Milano il primo, di Modena la seconda.

Lui, presidente della commissione Giustizia della Camera e inventore della legge sull’appello, lei relatrice del provvedimento. Alla loro porta hanno bussato in tanti.

A cominciare dall’Udc: dopo una legislatura di norme ad personam per Previti e Berlusconi, votate alla fine come soldatini, nell’ultima legge i centristi hanno voluto infilarci qualcosa di utile anche a loro, a un ex pezzo grosso della Dc come Calogero Mannino, che fu ministro per il Mezzogiorno, poi stroncato dall’accusa di concorso in associazione mafiosa.

Grande fu la vittoria per l’assoluzione in primo grado, cocente il dolore per la condanna in appello (cinque anni e quattro mesi), la gioia risorse con la Cassazione che azzerava l’appello e chiedeva un’altra pronuncia.

Il nuovo processo doveva cominciare il 27 febbraio, ma l’Udc vuole sfruttare i voti di Mannino e candidarlo alle politiche. Niente di meglio della Pecorella per sopprimere l’appello.

La norma transitoria, che applica la legge ai processi in corso, cade a fagiolo. Lì c’è scritto che “l’appello in corso contro una sentenza di proscioglimento viene dichiarato inammissibile ed entro 45 giorni può essere proposto ricorso in Cassazione”.

L’aggiunta è perfetta per il centrista di Agrigento: la norma si applica anche “nel caso in cui sia annulllata su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza una sentenza di condanna di una corte di appello o di assise di appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione”.

L’appello del processo Mannino “muore”, si torna il primo grado, all’assoluzione. Va ancora meglio per Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore romano ed editore di Messaggero e Mattino.

Due processi, uno a Perugia per l’ipotetica corruzione dell’ex pm di Roma Vinci, uno a Roma per turbativa d’asta nella gara di affidamento delle licenze Umts.

Nel consorzio Blu, Caltagirone era in buona compagnia (Giancarlo Elia Valori, Vito Gamberale, Luigi Abete, Gilberto Benetton tra gli altri 21 indagati).

Due processi vinti. Assoluzione in tribunale a Perugia “perché il fatto non sussiste” (febbraio 2005); assolti dal giudice monocratico a Roma cinque mesi dopo.

Ma in entrambi i casi la procura generale in Umbria, i pm Sabelli e Vitello a piazzale Clodio, hanno presentato appello.

Entrambi i processi saranno spazzati via dalla Pecorella. Di Previti ormai s’è detto. In Cassazione, il 19 aprile per l’Imi-Sir, potrà ripresentare il suo cahier des doléances per le “prove regine” che la pubblica accusa avrebbe ignorato e che in appello non sono state riconsiderate, riaprendo il dibattimento come lui avrebbe voluto.

Oggi con la Pecorella è possibile perché la legge obbliga la Cassazione a verificare “la mancata assunzione di una prova decisiva e la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione”.

Per il processo Sme di Berlusconi, invece, potrebbero esserci dei garbugli interpretativi. Conseguenza di aver previsto l’appello per la parte civile che vuole ottenere il risarcimento del danno.

Che succederà a Milano? L’appello di Berlusconi (la prima udienza è prevista subito dopo le elezioni) dovrebbe automaticamente convertirsi in un ricorso in Cassazione.

Ma la parte civile, la Cir di De Benedetti rappresentata dall’avvocato Giuliano Pisapia, ha già presentato appello. Pecorella, nella veste di avvocato del Cavaliere, non ha dubbi: si applica la norma transitoria della sua legge, l’appello si cancella, il processo va subito in Cassazione.

Pisapia è d’avviso contrario: il processo resta nella fase d’appello per soddisfare la legittima richiesta della parte civile. In questo caso la legge Pecorella, descritta come l’ultima legge ad personam per salvare il premier, fallirebbe il suo obiettivo.

Dice Pecorella: “Sarebbe la dimostrazione che sulla Sme siamo completamente tranquilli, saremo assolti”.

Il processo potrebbe anche essere diviso in due: resta in appello il troncone della corruzione per ottenere una sentenza favorevole al caso Sme, va in Cassazione l’altra metà, la corruzione dell’ex capo dei gip Squillante. Tutto dipende da come si interpreta la parola “connessione” utilizzata nel testo.