ROMA – Pronto a governare. Nel giorno della vittoria, Romano Prodi sceglie di non strafare, di presentarsi come l´uomo a cui l´Italia può affidarsi per ritrovare una «nuova unità». Via le asprezze, le risse della campagna elettorale, moderate persino le manifestazioni di gioia: solo alle dieci di sera accetta di farsi fotografare mentre allarga le dita nel «V» di vittoria. Sorride e fa segno di sì con la testa a chi gli chiede se pensa ad una vittoria anche in Puglia.
«Ragazzi, un´altra tappa. Pensare dove eravamo partiti dieci anni fa… Andiamo avanti» sospira con gli amici che da sempre – gente diversissima: dal politico Santagata all´imprenditore Rovati all´autista Azzi – lo seguono in quello che lui chiama «il progetto» e gli altri «la nostra storia». Un percorso che ieri ha affrontato un altro banco di prova durissimo. I big dei partiti hanno appena applaudito il Professore, su al secondo piano del palazzo di piazza Santi Apostoli. Lui parte per il quartier generale di Piero Marrazzo, verso una notte di gioia sobria di feste.
E´ la notte di Prodi lanciato come non mai verso il ritorno a Palazzo Chigi, verso la guida di un governo che riporti il centrosinistra nelle stanze del potere. Ed è un Prodi che scavalca lo scontro, parla da premier e non capo dell´opposizione quello che alle sette e mezzo di sera si presenta ai giornalisti. «Con questo voto – legge – gli italiani ci chiedono di prepararci a governare per far crescere il Paese». Rassicura, persino gli avversari. «L´Italia ha bisogno di stabilità, di speranza e ha bisogno di essere unita. Il mio impegno e l´impegno di tutti è quello di rispondere a questa attesa».
Messaggi limato a lungo. Ai suoi, a quelli che non stanno nella pelle, concede il solito appello, riempito della nuova forza dei risultati: «Quando siamo sereni, uniti e propositivi vinciamo. Abbiamo costruito l´Ulivo e l´Unione e oggi abbiamo largamente vinto in numero di voti e di regioni». «Unità, serietà, serenità» elenca, slogan involontario, il suo portavoce Ricardo Franco Levi. In realtà l´atteggiamento di Prodi nasce da una riflessione maturata negli ultimi giorni della campagna elettorale, dalla stanchezza per una «durezza pur necessaria».
Con un avvenimento che nella sua immensità ha segnato anche quella che Prodi chiama la «piccola storia di ognuno»: la morte del Papa, la grandezza di un uomo e un evento a cui rapportare tutto il resto. Prodi per due giorni, fino a sabato notte, ha scelto il silenzio. Domenica notte è sceso a Roma, per essere in San Pietro davanti alla bara ieri mattina, prima di rinfilarsi nella politica italiana.
«Arturo, moderazione» ha detto ieri, mentre apparivano i primi risultati, al suo amico Arturo Parisi. Il presidente della Margherita è uscito per il primo commento e si è infilato subito nell´esultanza, parlando di «primavera che ne annuncia un´altra». Un clima, in cui la tensione ogni tanto scivolava nel gioco. «Imparate» si è girato verso i suoi Prodi mentre dal televisore usciva il trionfo dell´Emilia. L´appetito vien mangiando e un leader che fino a poche ore prima avrebbe firmato come una gran vittoria la conquista di tre regioni, verso sera sbottava: «Però mi dispiacerebbe che non ce la facessimo in Puglia…».
Un comunista come Vendola al potere Ma non ci saranno traumi centristi Altro sospiro: «Vinciamo. E mostriamo quanto può essere variegata, ricca l´Unione». Stesso atteggiamento sulle primarie, che tutto danno già per sepolte. «Romano, ti ricordi che te l´ho sempre detto che se avessimo vinto così non servivano più». «Veramente non me lo ricordo» è la risposta.
Sì, le primarie sarà difficile si facciano: però Prodi non rinuncia a una investitura popolare, non contro ma insieme a quella dei partiti, e a un metodo da indicare per le campagne elettorali future, «dove io non ci sarò più». Quindi di primarie se ne parlerà ancora e prima di seppellirle si ragionerà un pezzo.
Prodi frena le feste che gli montano attorno, passeggia con le mani in tasca, si apparta a parlare con Flavia, la moglie, a mangiare una fetta di crostata. Fassino arriva, si infila nell´ufficio, fa segno di «vittoria»: non c´è nessuno, sono tutti a far gruppo dietro le sue spalle. «Certo che il governo paga il fatto di aver ignorato il Sud» commenta Prodi mentre arrivano i risultati del Mezzogiorno.
Solo verso le sei di sera concede: «Oddio, di sicuro ormai possiamo escludere la sconfitta». La riflessione si fa seria: «Pensare che tutto questo l´abbiamo ottenuto nel contatto diretto con la gente, andando in mezzo a lei. Contro lo strapotere televisivo, del controllo dell´informazione». «Eh, ma la strada verso il 2006 è lunga…» gli dice qualcuno. E lui: «Certo. Ma lo sapete cosa dice Carletto Mazzone che allena il Bologna con pochi soldi e grande sbuzzo Dice: comunque è meglio cominciare il secondo tempo con almeno un gol di vantaggio. Noi quanti ne abbiamo adesso».