ROMA – Verso un´altra bocciatura della riforma del ministro Roberto Castelli sulla giustizia
L´ultima mossa di Carlo Azeglio Ciampi, e cioè la richiesta al Csm (Consiglio superiore della magistratura, il governo dei giudici di cui è presidente) di non discutere i punti della riforma già modificati e nuovamente approvati dal Parlamento, sembra quasi prefigurare questo esito. Anticipando un quadro assolutamente inedito, che vedrebbe il Quirinale rifiutare una legge già bocciata e successivamente modificata dal Parlamento.
Modificata però con l´aggiunta d´una variante (l´emendamento Bobbio, appunto) studiato apposta dal governo per impedire al giudice Giancarlo Caselli di diventare il nuovo capo della Direzione nazionale antimafia (Dia) al posto di Pierluigi Vigna, prossimo all´uscita dall´incarico.
La Costituzione consente al capo dello Stato un solo rifiuto di firma a un testo proveniente dal Parlamento. Questa “cartuccia” istituzionale Ciampi l´ha già sparata il 14 dicembre scorso, negando la sua firma alla prima versione della cosiddetta riforma Castelli.
Il governo ha poi modificato quel testo aggiungendo un emendamento in cui si dice che a tutti i posti di vertice della magistratura possono concorrere solo candidati in grado di garantire almeno quattro anni di piena copertura dell´incarico.
Ma l´articolo “anti-Caselli”, come ormai viene comunemente identificato, di fatto prefigura una «norma nuova» come fa capire lo stesso Quirinale, che avrà effetto dall´entrata in vigore della legge e che potrà essere applicata «anche alle procedure in corso».
L´intervento di Ciampi, al di là delle interpretazioni che si possono dare alla ratio della sua messa a punto, fa seguito a un ordine del giorno dell´altro ieri del Csm sui lavori della prossima seduta. Gaetano Gifuni, segretario generale del Quirinale e braccio operativo del presidente nei rapporti con le istituzioni, ha comunicato al Consiglio dell´organismo che ha sede in piazza Indipendenza, e in particolare al suo vicepresidente Virginio Rognoni, che il capo dello Stato «non dà il suo assenso» alla discussione dei punti del documento che «trattano questioni sulle quali il Consiglio superiore si è già pronunciato in precedenti pareri».
Il Quirinale, viceversa, «dà il suo assenso» al dibattito sull´emendamento Bobbio, dal momento che si tratta di «una norma nuova», mai esaminata prima sotto il profilo costituzionale. Una norma che «avrà effetto dall´entrata in vigore della legge» e che si applicherà «anche alle procedure in corso». Dunque, è il senso ultimo dell´intervento di Ciampi, «il Csm può parlare e suggerire, ma non può sovrapporsi» ai lavori del Parlamento.
La lettera di Gifuni (per conto del capo dello Stato) all´organo di autogoverno della magistratura, ineccepibile sotto il profilo costituzionale, alla luce del rapporto corretto ma gelido tra il presidente e il ministro della Giustizia sembra così ipotizzare la concreta possibilità che Ciampi non firmi neanche la seconda versione della riforma (che il presidente non sembra gradire, tant´è che l´ha già bocciata una volta) limitatamente alla costituzionalità dell´emendamento Bobbio, giacchè il rimanente testo già discusso e rivotato non può più essere rifiutato.
Dura la reazione dell´interessato. Parla di «vera e propria ingerenza», e di «strappo istituzionale». Ma pare intenda riferirsi al Consiglio superiore della magistratura. Non al capo dello Stato.