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17 Giugno 2005

E il Prof in camicia trova gli allievi in tv

Autore: Aldo Grasso
Fonte: Corriere della Sera

Sinite parvulos venire ad me : l’antica esortazione evangelica, lasciate che i fanciulli vengano a me, sembra essere il nuovo trend della politica mondiale.


Tutti i grandi leader vogliono incontrare i giovani, convincerli che stanno lavorando per il loro futuro ( loro dei giovani), persuaderli che la politica non è una cosa sporca da trattare con indifferenza. Anche Romano Prodi ha incontrato i giovani.

Dopo Tony Blair che, nel marzo del 2003, è andato su Mtv a discutere a muso duro della guerra dell’Iraq con quaranta giovani di differenti nazioni. Dopo Jacques Chirac che, nell’aprile scorso, ha convocato in una sontuosa sala dell’Eliseo una platea di 80 giovani, dai 18 ai 25 anni, per convincerli a votare sì al referendum sulla Costituzione europea.
Mal gliene incolse. I francesi hanno detto di no.

Come ci si comporta quando s’incontrano i giovani? E’ meglio agire da coetanei, sicut parvuli, o da padri di famiglia, o da vecchi saggi? Nel dubbio, per intanto, Prodi si è tolto la giacca.

Romano Prodi, lo ha sottolineato compiaciuto Bruno Vespa in apertura di trasmissione, è il primo politico italiano che ha accettato di misurarsi con un campione di giovani rappresentativi di tutta l’Italia, scelti da Renato Mannheimer tra simpatizzanti del centrodestra, del centrosinistra e astensionisti.

Forse per adeguarsi all’insolito clima giovanilista di « Porta a porta » , prima di rispondere alla domanda di un ragazzo, Prodi ha educatamente chiesto: « Posso togliermi la giacca?» . Da quel momento, se così si può dire, la discussione è proseguita in maniche di camicia.

Rispetto a quello di Blair, l’incontro del Professore coi quaranta ragazzi ( nome, cognome, città di provenienza, area di appartenenza) è stato il trionfo della smussatura, della spuntatura, della levigatura.

Per una sera, « Port a a porta » è sembrata un’aula universitaria, di quelle avveniristiche, colorate, multimediali, con i faccioni dei ragazzi a far da scenografia elettronica. E con una scritta enorme come headline: « I giovani interrogano il professore » ( quando sarà il turno di Berlusconi cosa scriveranno: « I giovani smantellano l’imprenditore » ? ).

Effettivamente Prodi ha fatto il professore, forse troppo professore, cercando di appianare ogni cosa, magari con qualche parola in più, le interiezioni ripetute, il tono di chi è più portato a spiegare che a convincere.

In questo modo c’è stato poco dibattito politico: Prodi ha preferito indossare i panni del genitore, dell’educatore. Non politica ma « ascolto della politica » , come amano dire i prodiani.

I temi trattati? Tutti, ovviamente, come succede in questi casi: dall’immigrazione alle coppie di fatto, dal bilancio dell’ Europa al Sud, dalla legge Biagi alla riforma Moratti, dalla mobilità ( « l’eterna mobilità » ) al posto fisso, dalla ricerca scientifica all’Unione delle sinistre, dalla riduzione dei costi della politica ( è volata persino la proposta di tagliare lo stipendio ai parlamentari) alla sicurezza dei cittadini.

Perché — si è chiesto il Professore — su venti studenti che si iscrivono a Scienze delle comunicazioni uno solo si iscrive a Ingegneria? Ha ragione, anche se un po’ di scienza delle comunicazione, per andare in tv, non guasterebbe.

Più passava il tempo e più l’atmo sfera si faceva ovattata, i giovani perdevano mordente, l’officiante, con la sua bella cravatta sgargiante e giovanile, dominava ancora una volta la scena. Allo spettatore distratto sarebbe potuto sembrare un oratorio moderno, guidato con gran lena da monsignor Bruno e animato da don Romano.

Solo allo spettatore distratto. A quello più attento invece non è sfuggito come Prodi abbia puntato molto sulla società civile, sui problemi della convivenza, sulle non facili questioni dello sviluppo: siamo qui per risolvere i problemi. Non ama gli slogan, non ama le semplificazioni: questa la sua forza, questa la sua debolezza.

Un dato curioso infine. La puntata di « Porta a porta » è stata vista da 1.643.000 persone con uno share del 18,98% (lievemente inferiore alla media del programma). E’ stata seguita soprattutto da ultra65enni ( che sono più di mezzo milione degli spettatori complessivi, ovvero circa un terzo, e rappresentano il miglior share: 33%; seguono i 55/ 64enni, il cui share è del 27%). E i ragazzi? Fra i 15/ 24enni ( che più o meno era l’età del pubblico presente in studio) il peggior share: solo il 7%. Largo ai giovani o giovani al largo?