7 Ottobre 2005
E il Colle avvisa il premier: “Quella legge così non va”
Autore: Giorgio Battistini, Claudio Tito
Fonte: la Repubblica
ROMA – La riforma elettorale presenta almeno tre punti di dubbia costituzionalità. Sotto la lente di ingrandimento del Quirinale c´è andata a finire la legge che modifica il Mattarellum. Un primo esame è già stato effettuato e per i “tecnici” del Colle gli appunti non mancano. Così com´è quel testo, che sarà votato la prossima settimana dalla Camera, rischia di non superare il vaglio del presidente della Repubblica. Un rischio di cui Palazzo Chigi da ieri è ben consapevole.
Il segretario generale del Quirinale, Gaetano Gifuni, ha contattato l´interlocutore più consueto, ossia Gianni Letta. Un colloquio lungo, in cui sono stati trattati due aspetti diversi. Il primo riguardava la devolution. Il Colle, infatti, ci teneva a smentire in forma ufficiale l´idea che fosse in gestazione un messaggio al Parlamento sulla riforma federalista. E questo al di là delle critiche ormai note e manifestate in pubblico anche martedì scorso.
Ma il cuore di quella telefonata è stato un altro. Ossia il ritorno alla proporzionale. Su questo, le note di Gifuni non sono mancate. Le perplessità del capo dello Stato sono piuttosto marcate. I rilievi costituzionali pure. Tant´è che per evitare uno “scontro istituzionale” su una materia tanto delicata, la prima mossa di Ciampi è stata quella di far scattare la cosiddetta «moral suasion».
Prima che il provvedimento venga approvato da Montecitorio, dunque, ha voluto far sapere che ci sono alcune norme che non superebbero il controllo di costituzionalità. Quali? In primo luogo la norma che prevede una forma, seppur attenuata, di indicazione del premier. Una soluzione che indebolirebbe eccessivamente il ruolo «costituzionale» del presidente della Repubblica nella nomina del presidente del consiglio. Soprattutto in un sistema che torna ad essere proporzionale come prima del 1994.
I riflettori ciampiani, poi, sono puntati anche sullo sbarramento del 2%. La Casa delle libertà, in realtà, soprattutto su pressione del Nuovo Psi, sta già modificando quell´articolo ma non per quanto riguarda la tutela delle minoranze linguistiche. Con la riforma proposta, infatti, scomparirebbero queste rappresentanze che invece godono di una precisa garanzia costituzionale.
Non è un caso che anche il Viminale, con una nota ufficiale, abbia sottolineato il medesimo aspetto. Il terzo punto rimane il calcolo su base regionale per l´elezione dei senatori. Una correzione era già intervenuta nei giorni scorsi, ma viene considerata ancora troppo vaga e imprecisa.
Sebbene non ci sia stato ancora nessuno contatto diretto tra Ciampi e Berlusconi, il messaggio lanciato ieri dal Colle è stato piuttosto netto. Suggerimenti manifestati con la massima «diplomazia» anche perché il presidente della Repubblica ha ben presente che tra poche settimana iniziano gli ultimi sei mesi del suo mandato. E il semestre bianco impone «prudenza».
Anche davanti alle sollecitazioni ricevute dal centrosinistra e ai messaggeri dell´Unione che gli hanno fatto pervenire le loro osservazioni, come Antonio Maccanico e Sergio Mattarella, l´inquilino del Quirinale ha risposto spiegando di poter «operare solo in modo assolutamente informale». Stessa risposta quando a trovarlo sul Colle c´è salito prima Piero Fassino e poi riservatamente Francesco Rutelli.
Sta di fatto che a Palazzo Chigi è scattato l´allarme. Il Cavaliere non vuole arrivare ad uno scontro con Ciampi nel bel mezzo della campagna elettorale. Soprattutto non vuole perdere la ciambella di salvataggio della proporzionale. Anche perché il patto stretto con gli alleati, con Casini e Fini, è qualcosa di più di un semplice accordo sulla riforma elettorale. Per convincere gli «amici Pier e Gianfranco» ha prospettato un quadro per il dopo-elezioni ben preciso.
Suggerendo incarichi e situazioni per tutti. Soprattutto in caso di vittoria della Cdl. Ha tentato il presidente della Camera assegnandogli il ruolo di leader del Ppe in Italia. Ossia del futuro partito dei moderati in Italia. Al capo di An ha assicurato un ruolo istituzionale. Ma soprattutto non ha negato la possibilità di fare il famigerato «passo indietro». Prima o dopo le elezioni.
Mettendo nel ventaglio delle opzioni anche quella della ascesa al Quirinale. «Prima però – è stato il ragionamento fatto con i vertici di Forza Italia – vediamo come vanno le primarie dell´Unione. Poi deciderò anche per me. Se servirà un altro candidato premier, lo sceglieremo. Io, però, prenderei uno come me, che viene dal mondo dell´imprenditoria».
Uno come Luca Cordero di Montezemolo che di recente ha ammorbidito la sua posizione sulla finanziaria. Quella del premier al momento è solo una riflessione. E del resto al presidente di Confindustria non è pervenuta alcuna offerta ufficiale. Se non qualche battuta nell´ultimo incontro ufficiale per la presentazione della manovra economica.