Il Pera «teo-con» aveva lasciato perplessi molti, tanto era apparsa sempre più convinta la sua adesione al conservatorismo cristiano, la sua amicizia davanti ai riflettori con Ratzinger prima cardinale e poi Papa.
Ma anche dei cattolici storcono il naso per la metamorfosi di quello che nasceva come campione del pensiero laico e liberale ed esegeta del popperismo in Italia. Famiglia Cristiana, il settimanale cattolico diffuso in tutte le parrocchie italiane, polemizza col presidente del Senato, Marcello Pera.
«Per quanto grande sia il rispetto per le istituzioni, non possiamo elevare l’opinione di colui che detiene anche una delle cariche più importanti dello Stato a livello di Magistero» scrive il direttore del periodico dei paolini, don Antonio Sciortino, riferendosi ad alcune interviste in cui Pera rivendicava la sua identità culturale cristiana, pur dichiarandosi però di non essere un credente.
Parole, quelle del Pera teorico dello scontro di civiltà e sempre più compagno di battaglie di sacerdoti come don Gianni Baget Bozzo, che hanno suscitato perplessità non solo ai vertici del giornale ma anche tra i lettori; tanto che nella seguitissima rubrica «Colloqui col Padre» sull’ultimo numero viene pubblicata con grande evidenza la lettera firmata di un lettore che esorta don Sciortino a far notare al «signor Pera di smettere di difendere il cristianesimo, altrimenti siamo rovinati.
Gli dica – si legge – che il cristianesimo ha già degli ottimi difensori». Poi si suggerisce anche di fare omaggio al presidente Pera di tre libri: la vita di Gesù, i Vangeli e la storia di San Francesco «nella speranza che capisca l’insegnamento cristiano di porgere l’altra guancia.
Così si toglierà la gran paura che ha dei turchi, pensando a San Francesco che, oltre ad ammansire i lupi, si fece amare anche dal feroce Saladino». Padre Sciortino, commenta la lettera, mostra evidentemente di condividerne i contenuti. Con la risposta che fornisce prende le distanze dalle posizioni del presidente.
Citando la celebre espressione di Benedetto Croce «non possiamo non dirci cristiani», il settimanale aggiunge: «Possiamo o no condividere l’opinione di Croce, ma certamente per essere credenti non dobbiamo diventare crociani».