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9 Marzo 2006

E adesso le regole per il duello in tv

Autore: Paolo Galimberti
Fonte: la Repubblica
Silvio Berlusconi ha capito che la sua posizione di asso-pigliatutto
(confronto tv alle sue condizioni più conferenza stampa finale alla vigilia
immediata delle elezioni) non poteva reggere neppure in una democrazia vulnerata
dal conflitto di interessi di cui il premier è portatore. E ha ceduto
rinunciando alla conferenza stampa: non per un bel gesto, come ha voluto far
credere ai microfoni di Bruno Vespa, ma per il bisogno assoluto di fare quel
confronto che è l´ultima sua speranza di ribaltare lo svantaggio assegnatogli da
tutti i sondaggi, tranne quelli da lui stesso commissionati e ancora ieri sera
esibiti.

È stato il rovesciamento delle parti, che si è verificato nel corso di
questa campagna elettorale e che il gran rifiuto di Prodi al duello tv ha messo
crudamente a nudo davanti agli elettori e perfino agli alleati dello stesso
premier, a costringere Berlusconi a fare una clamorosa retromarcia. Nello schema
elettorale classico, è l´«incumbent», il titolare di una carica elettiva, che
viene sfidato da chi cerca di prenderne il posto. Perché la titolarità della
carica viene di per sé considerata un vantaggio. Invece, in Italia lo sfidato è
diventato sfidante: perfino all´interno della sua stessa coalizione di governo,
nei confronti delle altre due punte di quel «tridente» nel quale Berlusconi ha
dimostrato di non aver mai creduto davvero.
Ma non basta certo un gesto plateale a creare miracolosamente le condizioni
perché il duello tv si possa fare domani, anche se Prodi ha detto che «ci
metteremo d´accordo e non sarà difficile». Perché ora ci vogliono subito le
regole, che non possono essere quelle della Commissione di vigilanza, che
perfino un sostenitore del premier quale Giuliano Ferrara ha definito
«sbilanciate perché stabilite a maggioranza da una sola parte».

Come abbiamo già detto ieri, perché venga mondato il peccato originale
figlio dell´anomalia berlusconiana del conflitto di interessi, il principio
fondamentale e imprescindibile di questo confronto è la garanzia della
neutralità: della sede, del conduttore, degli intervistatori, dei tempi, dei
meccanismi tecnici, perfino del posizionamento dei protagonisti. Tutto deve
essere valutato e regolato rapidamente affinché nessuno dei due contendenti
possa essere avvantaggiato anche dal più banale dettaglio o dal più sottile
artifizio.
Non sta a noi dare suggerimenti: ognuna delle due parti ha i suoi esperti
competenti e ci sono ottimi esempi cui ispirarsi, come il protocollo d´intesa
che fu meticolosamente messo a punto da democratici e repubblicani per il
confronto tra Bush e Kerry. Certo è, però, che né Rai, né Mediaset sembrano
poter offrire quella neutralità ambientale, che è la cornice di tutte le altre
garanzie: proprio a causa del conflitto di interessi di cui il premier è
portatore. Ma, come riconosceva ieri anche Giulio Tremonti nell´intervista a
“Repubblica Radio”, la sede non deve essere necessariamente uno studio tv: può
essere, come accade proprio negli Stati Uniti, anche un luogo pubblico, un
teatro attrezzato con le telecamere.
Quello che conta, ora che non ci sono più le condizioni ostative che lo
rendevano impossibile, è che il dove e il come del confronto televisivo siano
decisi rapidamente e regolati ferreamente. Prima che ci siano ripensamenti o
giochi da furbetti in un clima elettorale che finora non è stato proprio un
distillato di lealtà. Soprattutto da parte della coalizione di governo, assai
meno coesa di quanto vuole sembrare e pervasa, soprattutto nel suo leader, da
una sorta di complesso di inferiorità, che la porta a vedere ovunque complotti o
persecuzioni. Tanto che è bastato che il “Corriere della Sera” facesse una
dichiarazione di voto (peraltro una tradizione nella stampa anglosassone) perché
la Casa delle libertà insorgesse come un sol uomo.
Come se i giornali fossero aziende di Stato e come se toccasse alla
politica criticare i giornali e non viceversa, in un´inversione di ruoli che è
anch´essa un´anomalia tutta italiana, con l´ipocrisia spacciata per obiettività:
un´ipocrisia che il nostro giornale ha sempre rifiutato. Per questo il dibattito
tv potrebbe avere una funzione catartica se regolato in modo chiaro e condiviso.
L´informazione è un diritto dei cittadini elettori e un dovere dei cittadini
candidati. E nessuno può permettersi di truccare le carte.