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3 Febbraio 2005

Ds, l´ultimo partito di massa al bivio del nuovo Ulivo

Autore: Ilvo Diamanti
Fonte: la Repubblica

IL CONGRESSO dei Ds costituisce un´occasione utile per riflettere sui cambiamenti in atto nel centrosinistra. Non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche dell´organizzazione.


D´altronde, i due aspetti si incrociano e si richiamano reciprocamente, in questa fase della politica italiana, soprattutto nel centrosinistra. Per i Ds, in particolare, il rapporto fra partito, federazione dell´Ulivo e alleanza (Gad UpD) costituisce una questione importante – e difficile, oltre che urgente – da affrontare. I Ds, infatti, in questi ultimi anni sono diventati i sostenitori più convinti e leali della federazione dell´Ulivo. E del progetto di unificare il centrosinistra. Più della Margherita sono divenuti, per questo, il “partito di Prodi”. Ne sostengono non solo la candidatura, come premier della coalizione, ma anche, appunto, il disegno “organizzativo”. La trasformazione del centrosinistra in un soggetto unitario; e, in parallelo, le primarie, come metodo di selezione e di legittimazione dei candidati alle elezioni. Ma i Ds sono anche un “partito” vero. L´unico che disponga di un elettorato così ampio e, al tempo stesso, di una base associativa diffusa e radicata sul territorio. Da qui il problema.

Perché la costruzione di un nuovo soggetto politico, che aggreghi le diverse formazioni del centrosinistra, insieme alle primarie, limita lo spazio ai partiti dotati di identità specifica e di organizzazione specifica. E, quindi, minaccia il ruolo e l´influenza dei Ds. Diversamente, diventa difficile pensare che la federazione, per non parlare dell´alleanza, vadano al di là di una coalizione, di un´intesa fra partiti, comunque, sovrani. D´altra parte il gruppo dirigente dei Ds ha scelto la via dell´Ulivo in modo convinto, per forza ancor prima che per amore. Ritenendola, cioè, obbligata per vincere le elezioni. Con questo programma, d´altronde, Fassino ha guidato il partito, in questi anni difficili, pacificandolo, fino a ottenere, nei congressi territoriali, un consenso molto esteso, vicino all´80 dei voti. Ben superiore a quello ottenuto al congresso di Pesaro, nel 2001.

Il che non permette, a lui e ai dirigenti Ds, di sfuggire al dilemma, che abbiamo delineato. Come costruire un soggetto di centrosinistra senza perdere l´anima Senza rinunciare al proprio corpo Senza rinunciare alla propria faccia

Certo, i Ds non sono più il Pci. Sono cambiati. Il nome, molti riferimenti, le parole. La “taglia”. Ma le loro radici affondano ancora nel passato. Nel territorio della tradizione. Certo, alle elezioni politiche del 2001, i Ds si sono ridotti al 16,6. Meno della metà, rispetto agli anni 70. Il minimo, nella loro storia elettorale, a partire dal 1946. Ad eccezione del 1992, all´indomani della scelta (guidata da Occhetto) di andare “oltre” il Pci. Pagata con la scissione di Rc, che ancora oggi rivendica – con orgoglio – l´identità comunista. Tuttavia, le elezioni amministrative degli anni seguenti ne hanno sottolineato la ripresa. E i sondaggi più recenti li stimano attorno al 20; forse perfino un poco sopra. Quanto alla base degli iscritti, non è più quella degli anni d´oro, ma appare ancora estesa e radicata. Più di 560.000 iscritti, con una crescita significativa, rispetto agli ultimi anni, che si spiega solo in parte, con l´incentivo prodotto dal congresso. Si tratta, quindi, di un partito vero, con una base solida, visto che mantiene ancora quasi 7.000 sezioni. Per un confronto, si pensi che FI, pur affrontando il tesseramento con tecniche di marketing e criteri molto aperti, non ha mai superato i 300mila iscritti. Inoltre, sul territorio, è, per scelta, poco presente e ancor meno visibile. Il retroterra organizzativo dei Ds ne marca, in modo evidente, la continuità con il passato. La distribuzione degli iscritti su base regionale, infatti, conferma come le loro roccaforti siano le stesse della tradizione. Nelle regioni rosse del centro gli iscritti rappresentano il 13 degli elettori Ds e il 3 della popolazione nell´insieme. Toccano, peraltro, picchi molto alti in Emilia Romagna e in Toscana.

In tempi nei quali si sostiene la scomparsa delle appartenenze e delle strutture di partito, dati come questi inducono quanto meno alla prudenza, al dubbio.

Tuttavia, occorre evitare anche il vizio contrario: di cogliere e di sottolineare solo i segni della continuità. I cambiamenti, invece, sono avvenuti, negli ultimi anni. Rilevanti e significativi. Gli iscritti, rispetto al 1990, sono dimezzati. Inoltre, anche limitando l´osservazione all´ultimo decennio, il tessuto associativo appare sensibilmente ridefinito, dal punto di vista territoriale.

In primo luogo, il partito si è – relativamente – meridionalizzato. La base dei suoi iscritti è cresciuta nel Mezzogiorno, ha tenuto nel Centro Sud, mentre si è ridotta in modo sensibile nelle regioni rosse e soprattutto in quelle del Nord (con un calo di quasi il 30 in entrambi i casi). Il Mezzogiorno, peraltro, risulta l´area dove la “mobilitazione di partito” risulta più forte, visto che ai congressi di federazione hanno partecipato circa 6 iscritti su dieci (e 7 in Campania). La maggioranza. Il doppio rispetto al Nord e tre volte di più rispetto alle regioni rosse.

Il che suggerisce alcune considerazioni, circa i mutamenti in atto, nel rapporto fra partito e società.

Si intuisce, anzitutto, una certa “fatica” a riprodursi nelle aree a maggiore dinamismo economico: nelle zone di vecchia e nuova industrializzazione; nei contesti della grande e della piccola impresa; ma anche nelle “capitali” della produzione dei beni immateriali – servizi, credito e finanza, comunicazione. Dove, peraltro, si sono affermate la Lega e Forza Italia. Peraltro, nel suo elettorato, sono cresciute le componenti maggiormente legate al ruolo dello stato, più che al mercato: i pensionati, il pubblico impiego.

E´ come se i Ds stentassero, con il loro modello tradizionale, a contrastare i nuovi soggetti politici di centrodestra e abbandonassero loro la rappresentanza dei cambiamenti, profondi, che hanno segnato la società e l´economia; soprattutto nel Nord.

C´è, tuttavia, una diversa, possibile spiegazione, per queste tendenze. Che potrebbero riflettere i cambiamenti avvenuti nel partito, nel suo modello organizzativo. Nel Nord, come nel centro, il declino degli iscritti e degli insediamenti associativi, cioè, potrebbero indicare la rinuncia alle logiche del partito di massa. E l´affermarsi di nuovi e diversi metodi di rapporto con la società, che privilegiano la comunicazione, mirano a dialogare con gli elettori di opinione invece di rafforzare e conservare le appartenenze. Potrebbero, inoltre, rispecchiare un maggiore investimento nell´alleanza, nell´Ulivo, piuttosto che nelle logiche del partito.

Tuttavia, disporre di un´organizzazione estesa e radicata nella società e sul territorio ha costituito una risorsa importante, in occasione delle consultazioni degli ultimi anni: amministrative, europee, suppletive. Dove il centrosinistra ha ottenuto risultati e successi importanti, grazie al lavoro dei militanti, dei volontari, degli iscritti. Semmai il problema resta di bilanciamento. Fra l´organizzazione e la comunicazione. Il partito di massa e il soggetto leggero.

Per questo, il congresso che prende avvio oggi a Roma, costituisce per i Ds un´occasione importante per riflettere sul “proprio” futuro, in rapporto all´Ulivo e al centrosinistra. Per chiarire – a se stessi, agli alleati e agli altri partiti – cosa intendano – e cosa potrebbero – diventare. Senza finzioni. Affrontando, senza reticenze, i dubbi e i timori – perlopiù inconfessati – che le prossime scadenze – il voto regionale, le primarie – suscitano.

Fra gli alleati: la paura della “colonizzazione”, attuata dai Ds, se “mobilitassero” i loro iscritti e le loro strutture di base. Fra i leader e i militanti Ds: la paura dell´eutanasia; della dissoluzione morbida. Di sciogliersi in un “nuovo” e “diverso” soggetto politico, costruito con il loro contributo attivo. La paura di essere condannati a lavorare per gli altri; promuovendo leader di appartenenza diversa (Prodi); ma, soprattutto, legittimando soggetti politici concorrenti (Bertinotti), in nome “del bene comune”. I Ds, costretti a meditare sull´eredità, ambivalente, del passato. Che garantisce un retroterra importante, di iscritti, militanti, dirigenti; ma inibisce la possibilità di esprimere, autonomamente, la leadership del centrosinistra.

E, al fondo, il dubbio che il prezzo del “bene comune” venga pagato solo – o principalmente – da loro. I Ds. L´unico, l´ultimo partito di massa sulla strada del NSG (Nuovo Soggetto Politico). Difficile dissimulare un brivido. E´ la paura di rimuovere, insieme al passato, anche se stessi.