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7 Dicembre 2005

Dove sta l´interesse nazionale

Autore: Luciano Gallino
Fonte: la Repubblica

Al punto critico in cui sono arrivate le cose dopo l´attacco delle forze dell´ordine ai gazebo dove si annidava ­ qualcuno deve aver immaginato ­ il nocciolo duro dei resistenti valsusini, restano forse due strade per ragionare con calma sulla questione della Tav.

Una strada consiste nel riconoscere un irrimediabile conflitto di fondo tra gli interessi locali e l´interesse nazionale, ma questo non deve prevaricare brutalmente sul secondo. I primi sono sacrosanti e non possono venire calpestati.

Il secondo è però talmente più vasto, considerati i vantaggi economici che l´opera promette di recare alla collettività nazionale, da rendere inevitabile una decisione a favore della realizzazione dell´opera.

Una volta che si sia adottato questo schema di ragionamento, che comporta anche la rinuncia da parte delle autorità all´idea di mantenere la valle sotto controllo militare per venti o trent´anni, si tratta di vedere in che modo gli interessi locali, che si riconosce verranno inevitabilmente lesi, possono essere oggetto di qualche forma di compensazione.

Si è parlato, a questo riguardo, di piani di sviluppo da individuare a beneficio dell´intera valle, attinenti all´economia e all´ambiente, al turismo e alla scuola.

Altri hanno ventilato, un po´ più rozzamente, indennizzi monetari diretti: tot euro per abitante da far affluire alle casse comunali, affinché aiutino la popolazione ad alleviare i disagi.

Così come si è parlato di una opera di convincimento e di chiarificazione, e di rassicurazioni circa il fatto che non appena emergessero, dalle apposite e continue verifiche, rischi ambientali finora non sospettati, si cercherebbero soluzioni tecniche adeguate per eliminarli.

L´adozione di questo schema mentale, per cui l´interesse nazionale è prioritario, e però si ammette che gli interessi locali vanno compresi e bisogna far tutto il possibile per salvaguardarli e ove opportuno compensarne i danni mediante adeguati investimenti sussidiari, avrebbe tra l´altro il merito di avviare nuovamente un processo decisionale in sede politica, tramite incontri bilaterali o trilaterali tra i sindaci della Val di Susa, gli esponenti della Regione e della Provincia, e i rappresentanti del governo.

Risalendo per così dire in superficie dall´abisso in cui gli interventi manu militari rischiano di affondarlo.

Una seconda strada potrebbe invece essere quella di adottare uno schema mentale diverso, il cui punto di elaborazione iniziale consiste nel chiedersi se per caso non siano proprio gli abitanti della Val di Susa quelli che, con la loro opposizione a questo progetto di Tav, stanno facendo l´interesse nazionale.

Che essi abbiano perseguito e perseguano interessi particolari non v´è dubbio. Ma intanto che così agivano essi hanno anche contribuito a far emergere per varie vie, in Italia, una tal massa di studi, di documenti, di interrogativi fondati circa la effettiva validità e la priorità del progetto, da far pensare che un minimo di principio di precauzione dovrebbe indurre a prenderli in seria considerazione.

E precisamente, bisogna ammettere, dal punto di vista dell´interesse nazionale. Il quale interesse vorrebbe che per completare l´opera si spendessero i 13 miliardi previsti, e non molti di più, perché altri miliardi certamente andranno spesi per completare la prima tratta del percorso valsusino, dal Monte Musiné al paese di Bruzolo (un altro colossale pezzo dell´opera complessiva che al momento sembra dimenticato da tutti), nonché il raccordo con la rete ferroviaria di Torino e l´interporto di Orbassano.

Così come vorrebbe, l´interesse nazionale, che si valutasse l´ordine di priorità del Tav in Val Susa a confronto delle grandi e grandissime opere ­ forse troppe ­ che rientrano tra i progetti di reti europee, e si cercasse di capire al tempo stesso quanti milioni di tonnellate dovrebbero migrare dalla gomma alla rotaia, verso il 2030, per giustificare economicamente l´opera.

Salvo, ovviamente, pensare a suo tempo di vietare per legge il transito su gomma in Val di Susa.

Non è un esercizio retorico, mettere a confronto due schemi mentali differenti per vedere dove portano. Prima di ogni altra esiste infatti una responsabilità cognitiva dei tecnici, degli amministratori, dei politici, dei media.

Perché dallo schema che uno sceglie per ragionare e confrontare meriti e demeriti di diverse opzioni operative discendono conseguenze reali dalle quali, diversamente da quanto accade con le opzioni cognitive, non si può in seguito tornare indietro.

Sarebbe insomma meglio evitare che qualche figlio o nipote degli oppositori valsusini di oggi si venisse a trovare verso il 2035 in una situazione tale da indurlo ad affiggere una lapide, all´imbocco di due gallerie verso il confine francese, una autostradale in cui transitano innumerevoli Tir stracarichi di merci, e una ferroviaria con rombanti carri semivuoti, con la scritta: “Cercarono di fare l´interesse nazionale, ma non furono ascoltati”.