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20 Ottobre 2005

Dimissioni dal Parlamento di Strasburgo, stasera è a RockPolitik. Scontro in Rai E Santoro lascia l’Europa. Per Celentano

Autore: Pier Luigi Battisti
Fonte: Corriere della Sera

Nel Parlamento europeo si sono imposti, tra gli italiani, due modelli: quello incarnato da Emma Bonino e quello da ieri fragorosamente rappresentato da Michele Santoro. Il primo modello esprime la dedizione alle istituzioni europee, l’impegno totalizzante e duraturo della Bonino per una causa, quella dei diritti umani nel mondo, che dell’Europa dovrebbe essere la nobile carta di identità. Il secondo schema prevede l’uso del Parlamento di Strasburgo come parcheggio delle personalità politiche in attesa di nuovi incarichi in Patria.


Personalità pronte a rientrare nei confini nazionali anche a costo di dimostrare un ben blando attaccamento all’ideale europeo precedentemente sbandierato. Naturalmente Santoro ha tutte le ragioni per sentirsi offeso e per intravvedere nella sua comparsata di lusso ospitata da Celentano un meritato risarcimento per le prepotenze subite, anche a costo di lasciare il pur ambìto seggio di Strasburgo.


Il problema sta piuttosto nella doppia disinvoltura dello schieramento di cui Santoro è parte. La prima, affiorata al tempo delle elezioni, quando il centro-sinistra fece dell’appuntamento europeo il palcoscenico mediatico di una vicenda tutta italiana.

La seconda, che viene messa in evidenza adesso, nel momento del congedo santoriano, quando il centro-sinistra sembra accogliere con giubilo le dimissioni di un parlamentare dell’Europa senza accorgersi degli effetti di implicita ma dirompente delegittimazione della dimensione europea che l’esito di questa storia comporta.

Come non cogliere la percezione dell’irrilevanza delle istituzioni europee presso l’opinione pubblica se il Parlamento di Strasburgo finisce per assomigliare a un taxi da prendere per poi lasciare non appena vengono offerte altre possibilità?

E lo stridore di un comportamento che certo non denota un appassionato attaccamento al duro lavoro di Strasburgo non appare ancora più sorprendente proprio nello schieramento che in questi anni ha fatto della difesa dell’Europa una ragione di orgoglio, e persino un motivo di polemica contro gli avversari accusati di eccessiva vulnerabilità alle sirene dell’euroscetticismo?


Ritorna, e proprio nella parte politica che ne sembrava immune, la vecchia sindrome Malfatti: quella peculiare indifferenza alle cose dell’Europa che nel 1972 indusse il democristiano Franco Maria Malfatti a dimettersi dal prestigioso ruolo di presidente della Commissione europea per poter partecipare alle elezioni politiche anticipate in Italia.

Allora era considerato perfettamente normale che un incarico europeo fosse vissuto come una carica prestigiosa sì, ma sostanzialmente periferica e infinitamente meno influente di ciò che si agitava a Roma e dintorni.

Nel frattempo l’Europa economica e politica è diventata una realtà, ma Strasburgo viene ancora vista come una tappa, una parentesi, un simbolo da agitare in campagna elettorale per acquistare visibilità e per conquistare il voto dei cittadini ma da abbandonare nei tempi morti dell’ordinaria amministrazione.

Nel modello della Bonino, che ha trascorso in Europa un tratto importante del proprio itinerario politico e civile, questa visione di Strasburgo come parcheggio risulterebbe addirittura impossibile.

Nell’altro modello no, tanto che non è imprevedibile che i parlamentari italiani, dopo aver temporaneamente rinunciato a Montecitorio per Strasburgo, possano sentire il richiamo di Roma in presenza di scenari politici più favorevoli.