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8 Giugno 2005

Dall´Europa e dal Cavaliere doppio pressing su Siniscalco

Autore: Andrea Bonanni
Fonte: la Repubblica

IL MINISTRO dell´Economia Domenico Siniscalco e il presidente dell´Eurogruppo, Jean-Claude Juncker invitano a «non drammatizzare» l´avvio della procedura per deficit eccessivo contro l´Italia. E non hanno torto. Il dramma, infatti, non è la decisione presa ieri dalla Commissione europea senza nemmeno discutere al proprio interno, una decisione che Siniscalco riconosce come un «atto dovuto». Il dramma è lo stato dei nostri conti pubblici così come viene dipinto dal rapporto dell´esecutivo comunitario. Un quadro disastroso, frutto un po´ di miopia e un po´ di malafede, di cui i contribuenti italiani hanno tutte le ragioni di preoccuparsi.


La riduzione del debito, è spiegato nelle 8 pagine del documento, è rallentata nel periodo 2001-2004 «nonostante la storica riduzione dei tassi di interesse che ha diminuito significativamente il costo del servizio del debito». Se andiamo avanti di questo passo, calcola la Commissione, ci vorranno 30 anni per arrivare ad un indebitamento del 60 per cento, come previsto dal Trattato.


E ancora. Le riforme del mercato del lavoro hanno migliorato l´occupazione «ma non hanno migliorato il potenziale di crescita economica perché molte debolezze strutturali che penalizzano l´efficienza sono rimaste largamente ignorate». «La mancanza di consolidamento dei bilanci è evidenziata dall´alto livello del deficit strutturale, che nel 2003 ha raggiunto un picco del 4,7 per cento».

«La programmazione del bilancio è stata ripetutamente costruita sul stime di crescita troppo ottimistiche». L´efficacia del tetto posto alle spese locali «ha dimostrato di essere deludente». E, per finire, Bruxelles denuncia che «esistono problemi di gestione dei dati statistici» mentre «il processo che porta alla formazione della Finanziaria sembra non essere molto efficiente».


Al di là della gravità delle cifre di deficit e debito, è la credibilità stessa dei metodi di conduzione dell´economia da parte di questo governo che esce bocciata dal rapporto della Commissione. È vero che la maggior parte dei rilievi avanzati riguarda la gestione del ministro Tremonti, e che anzi Bruxelles riconosce a Siniscalco di aver cercato di limitare le «una tantum» del suo predecessore sostituendole almeno in parte con misure strutturali di riequilibrio del bilancio.

È vero che Almunia, in pubblico e in privato, dà atto al nuovo ministro di avere un atteggiamento di «piena collaborazione» nei confronti delle autorità comunitarie. Ma tutto questo non fa che rendere più difficile e delicata la posizione del “tecnico” che dal luglio scorso è alla guida del ministero dell´Economia.


Di fronte al dissesto dei conti pubblici, Domenico Siniscalco si trova infatti con i piedi in due staffe: da una parte si rende conto che la strada migliore è quella di collaborare con i partner europei per cercare di ridare trasparenza alle cifre e di riequilibrare il bilancio.

Dall´altra il governo di cui fa parte, con Tremonti vice-premier e la Lega insediata in alcuni ministeri – chiave, cerca in ogni modo lo scontro con la Commissione e con l´Europa per cavalcare l´onda del risentimento anti-europeo e incassarne qualche dividendo politico approfittando della fase di debolezza delle istituzioni comunitarie. Sono due strategie difficilmente conciliabili e che costringono il responsabile di via XX Settembre ad una atteggiamento spesso contraddittorio.


Così, dopo aver definito nei giorni scorsi «inaccettabile» il documento della Commissione, il ministro dell´Economia sembra adesso orientato non solo ad accettare l´avvio della procedura, ma a considerarlo addirittura un fatto positivo perché gli consente di negoziare con i partner europei un percorso di rientro più morbido per i conti pubblici italiani.


La strategia di Siniscalco a Bruxelles è quella di cercare comprensione per gli sforzi già compiuti nel correggere la situazione e di strappare tempi più lunghi e un´agenda più tollerante per riportare il deficit sotto il tetto del tre per cento. Almunia ha ricordato ieri che le ultime raccomandazioni approvate dal consiglio Ecofin in primavera vincolavano l´Italia a rispettare l´obiettivo di un disavanzo al 2,7 per cento già nel 2005 (le ultime stime variano dal 3,6 al 4 per cento). Ma la condizione di recessione in cui si trova l´Italia e il rapporto di fiducia che Siniscalco ha saputo instaurare sia con la Commissione sia con gli altri ministri europei potrebbero facilitargli il compito.


Però la strategia di Siniscalco a Roma non può essere altrettanto sensata e conciliante. In Italia deve fronteggiare il ministro Maroni, che chiede addirittura l´uscita dell´Italia dall´euro, e il ministro Calderoli, che ieri ha definito il documento della Commissione «un pezzo di carta senza valore».

A Roma deve fare i conti con Berlusconi, che dice di non essere preoccupato per i conti pubblici italiani, accusa la Commissione di impedirgli di ricorrere ad una politica di deficit spending, e si proclama certo che i ministri non approveranno la proposta di procedura contro l´Italia. A Roma la strategia del governo è riassunta dal coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi, secondo cui «l´atteggiamento burocratico con cui si affronta la situazione dei conti pubblici italiani rischia di trasformare l´Italia in un Paese pervaso da un sentimento anti-europeo».


A Roma, insomma, si continua a confondere deliberatamente il male, cioè il dissesto dei conti pubblici provocato da questo governo, con la terapia, cioè le regole del Patto di Stabilità e la procedura per deficit eccessivo avviata dalla Commissione. Ma combattere la terapia non aiuta certo a sconfiggere il male. E Siniscalco, che lo sa perfettamente, rischia di essere insieme con i contribuenti italiani la prima vittima di questa assurda contraddizione.