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5 Gennaio 2006

D´Alema: ora basta non lasciamoci assediare

Autore: Massimo Giannini
Fonte: la Repubblica

«AVANTI, avanti così. Un altro po´ di quest´autodafè, e riusciamo anche a fare il capolavoro di perdere le elezioni…». Massimo D´Alema è appena rientrato da una breve vacanza di fine d´anno in Andalusia.

Il suo telefono, nell´ufficio della Fondazione Italianieuropei a via dell´Arancio, ribolle da un paio d´ore. Il presidente dei Ds parla con tutti. Prodi, Fassino, Angius, Chiti, Violante.

Quella che sembrava una normale riunione di direzione di inizio d´anno, già convocata per l´11 gennaio, rischia di trasformarsi in uno psicodramma collettivo.


La base fibrilla. Il vertice vacilla. Le intercettazioni sui colloqui tra Fassino e Consorte, dentro la Quercia, spingono molti a riparlare di «questione morale», e a rimpiangere Enrico Berlinguer.

Fuori dalla Quercia, inducono Prodi a parlare di «una ferita profonda inferta alla coscienza collettiva del Paese» e a chiedere «nuove regole per riportare la politica nel suo alveo».


Parole che, fuori dall´ufficialità, fanno male agli uomini del Botteghino. D´Alema, nei colloqui con i compagni di partito, è un fiume in piena.

«Ma vi rendete conto di quello che sta succedendo? Qui c´è un presidente del Consiglio che si permette di venirci a fare la morale. Lui, che è un conflitto di interessi vivente, fa affari con Putin sul gas, regala denaro pubblico per i decoder prodotti da un´azienda del fratello. E invece sulla graticola ci stiamo noi, per una telefonata di Piero o per il mio mutuo in banca…».

Fassino, nell´ultima telefonata con Roma prima di tornare in aereo da un breve tour in Messico, va giù ancora più pesante: «Adesso basta con questa panna montata. Da venti giorni ci attaccano da tutte le parti con accuse inesistenti, e fanno finta di non ricordare che in questa inchiesta sulle banche ci sono fatti penalmente rilevanti che coinvolgono cinque membri del governo e della maggioranza.

C´è un sottosegretario alla Giustizia che faceva la talpa per conto di uno degli scalatori, e mi pare che nessuno gridi allo scandalo. Ci sono Brancher e Calderoli, chiamati in causa da Fiorani, e mi pare che tutti se lo siano già dimenticato. C´è l´oscuro caso della Credieuronord, ma non leggo inchieste dei giornali su questo… ».


La linea del vertice diessino ricorda una frase pronunciata a suo tempo da Scalfaro: «Non ci sto».

Non ci sta D´Alema, a farsi «processare» dai giornali per una colpa che non si riconosce. «La cinghia di trasmissione tra Ds-Unipol non esiste. Consorte non ha mai preso ordini da noi, né noi gliene abbiamo mai dati», ha ripetuto ieri a chi gli ha parlato.

«E poi – ha aggiunto – sono convinto che alla fine di questa storia lui uscirà pulito. Al massimo gli imputeranno un´evasione fiscale. Una brutta cosa, per carità, ma mi pare un vizio piuttosto diffuso, in questo sciagurato Paese…».

Non ci sta Fassino, a sentire il Cavaliere, «proprio lui, che parla di intrecci inaccettabili tra affari e politica».

Il segretario, nei suoi contatti telefonici di ieri pomeriggio per preparare il vertice dell´11 gennaio, è stato netto: «Anche questa vergognosa “proprietà transitiva” deve finire: io posso anche fare il tifo per l´Opa dell´Unipol su Bnl, ma questo non significa che approvo tutte le operazioni fatte da Consorte. Se lui ha sbagliato e ha commesso illeciti, ne dovrà rendere conto. Ma questo con il partito non c´entra niente, chiaro?».


Ma alla direzione della prossima settimana, fatalmente, la questione Consorte sarà al primo punto dell´ordine del giorno. D´Alema ne è consapevole.

Per questo, ai suoi, continua a illustrare una linea che ricalca quella del segretario: «Dobbiamo distinguere il piano finanziario, e su questo è chiaro quello che è successo. L´Unipol ha legittimamente lanciato un´Opa sulla Bnl, e quello che resta del vecchio establishment si è ribellato e si è attivato per impedirglielo. E qui sì, Consorte ha commesso due errori: da una parte ha pensato che gli avrebbero fatto prendere la Bnl senza colpo ferire, dall´altra si è messo a fianco personaggi francamente impresentabili…».

Anche Fassino è convinto che sulle banche si sia consumato e si stia consumando un classico scontro di potere: «Ne vuoi la prova?», chiedeva ieri a uno dei suoi interlocutori romani. «Te la do subito. Quando all´inizio gli immobiliaristi si sono mossi sulle banche e su Rcs, un certo mondo imprenditoriale è insorto e si è mobilitato, gridando allo scandalo contro i parvenu e chiedendo dove avevano preso i soldi.

Oggi che gli immobiliaristi hanno venduto le loro quote e sono usciti da quelle operazioni, nessuno se ne occupa più, nessuno chiede più niente. Non sono più un pericolo per il capitalismo italiano. Lo erano solo quando hanno provato a entrare dentro qualche salotto buono…».


Per questo, l´impressione è che il gruppo dirigente della Quercia, nonostante tutte le pressioni, non farà marcia indietro sul merito dell´affare Unipol-Bnl.

Non farà autocritica sul sostengo alla scalata, ma punterà solo a separare i destini del partito da quelli di Consorte.

«Fare il tifo – ha ripetuto il segretario – non è un reato. Non c´è nulla di illegittimo nell´esprimere soddisfazione se una grande azienda del settore cooperativo, che obiettivamente fa parte del nostro mondo di riferimento, cresce e si rafforza.

E poi io, con Consorte, ho parlato di cose già avvenute. Sarei stato censurabile se, invece che con lui, avessi parlato al telefono con Fazio, per fare pressioni sull´autorizzazione all´Opa, o con Ricucci e Gnutti, per convincerli a cedere le loro partecipazioni.

Ma non ho mai fatto niente di simile. Per questo ho la coscienza a posto, di fronte al mio partito e di fronte al mondo intero. E rivendico comunque il mio diritto di “fare il tifo”…».

Non solo. Chi ha incontrato D´Alema in queste ore, giura che sulla sua scrivania ci sono decine e decine di lettere dei militanti che solidarizzano, e invitano il partito a «sostenere con orgoglio le ragioni dell´Unipol».

Ce n´è addirittura una di un´iscritta che recita più o meno così: «Caro Massimo, anch´io ho un debito con la Ducato per il leasing di una macchina: sono forse complice di Fiorani?».


Ma a parte la guerra finanziaria, nella vicenda c´è anche un ovvio risvolto politico. Ed è questo che preoccupa di più i leader del Botteghino.

Fassino lo ha detto a chiare lettere, anche nelle sue telefonate con Prodi e con gli esponenti della Margherita: «Non sono così miope da non vedere che dietro questa aggressione contro di noi, che io sto ben attento a non chiamare complotto, c´è anche un obiettivo politico.

Ed è quello di indebolire i Ds, dentro la coalizione di un centrosinistra che si candida a vincere le elezioni. Questa intenzione c´è, e purtroppo la vedo anche tra i nostri alleati».

Il segretario ha apprezzato l´uscita di Prodi sulla Stampa. Ma al Professore ha voluto comunque chiarire la sua posizione: «Io sono d´accordo, apriamo pure un tavolo per ridiscutere di regole.

Ma un conto è ragionare tra noi su un nuovo decalogo dei rapporti tra politica e affari, tra banche e industrie, tra solidarismo cooperativistico e principi di mercato, tra assetti di partito e governance delle imprese.

Tutt´altra questione, invece, è questa campagna vergognosa e diffamatoria che è stata costruita contro di noi».

E qui, anche se non lo dice e non glielo ha detto, forse Fassino avrebbe sperato in una manifestazione di solidarietà politica, da parte del Professore. Non è arrivata.

Per ora non c´è problema. Ma con i suoi, il segretario ha sottolineato più volte quel «per ora». «Prendo atto che, finora, dalla Margherita e da Rutelli abbiamo avuto rispetto. Ma voglio vedere come si comporteranno gli alleati nei prossimi giorni».


Se Fassino è più morbido, D´Alema come sempre recita la parte più ruvida. L´ha detto senza mezzi termini.

Anche a Prodi: «Questa storia mi preoccupa. Se si continua così rischiamo una vera e propria crisi, a due mesi dalle elezioni. Se qualcuno getta benzina sul fuoco invece di aiutarci a spegnerlo – ha sussurrato il presidente diessino ai suoi fedelissimi – qui crolla tutta la baracca.
Le alleanze si fanno se sono sostenibili. Io non mi alleo con chi sospetta che il nostro sia un partito di delinquenti. In queste condizioni è meglio lasciar perdere.

Tanto c´è il proporzionale, no? Ognuno vada per conto suo. Giochiamo con tre punte anche noi, come il Polo. E poi vediamo chi vince…». L´autodafè può continuare.

C´è solo un antidoto, che la può ancora impedire. Si chiama Berlusconi. Qualche altra sparata comica e provocatoria come quella di ieri sera, e come per incanto il centrosinistra si ricompatterà. Ma è un miracolo che, purtroppo, ormai riesce solo al Cavaliere.