Fin dall’inizio del loro cammino i movimenti espressi dalla società civile avevano previsto che l’anomalia italiana avrebbe portato dritto il paese dentro una crisi costituzionale senza precedenti. Avere a capo del governo un ineleggibile, monopolista televisivo, per di più imputato di corruzione della magistratura e allo stesso tempo in conflitto insanabile con tutto il potere giudiziario, non poteva essere senza conseguenze.
Si sono viste subito fin dal primo giorno. Leggi ad personam per risolvere i problemi giudiziari suoi e dei suoi collaboratori; leggi incostituzionali sul lavoro, la scuola, la disciplina dell’immigrazione; una legge incostituzionale per permettergli di presiedere, con disonore, il semestre italiano in Europa; un’altra legge incostituzionale per rafforzare il suo monopolio sull’informazione e la pubblicità; una prassi parlamentare che ha sempre forzato regolamenti e consuetudini, compresso i diritti dell’opposizione, affermato la più sistematica prevalenza dell’interesse privato sul pubblico; una politica estera servile che ha portato l’Italia a condividere la colossale menzogna a giustificazione dell’intervento in Iraq e che ha violato, nell’articolo 11, uno dei principi costituzionali più essenziali: il ripudio della guerra.
Ma queste sono le macerie già accumulate. Altre più gravi per il quadro istituzionale si preparano con la cosiddetta riforma della Costituzione. Non nuoce farne sintesi in poche parole. La devoluzione alle regioni produrrà disuguaglianza tra i cittadini e contenziosi infiniti tra stato e regioni; l’indebolimento del capo dello stato cancellerà la figura che veglia sull’equilibrio tra i poteri costituzionali; la consegna di tutti i poteri al futuro premier umilierà le Camere e trasformerà la repubblica parlamentare in una dittatura elettiva; la riforma dell’ordinamento giudiziario eliminerà l’autonomia della magistratura; e perfino l’indipendenza della Corte Costituzionale, arbitro sulla legittimità delle leggi, sarà incrinata da un aumento dei membri di nomina politica.
Insomma, la riforma della Costituzione è incostituzionale nel merito delle modifiche progettate. Ma è doppiamente incostituzionale per il fatto stesso di essere una riforma: l’articolo 138 permette solo revisione caute su singoli punti, non lo snaturamento alla radice dell’intera Carta. La Costituzione è un patto fondativo che non può essere lasciato all’arbitrio di una sola maggioranza, tanto meno di una maggioranza su cui si è già imposta la dittatura del peggior governo dell’età repubblicana.
L’intervento di Prodi è importante perché tronca finalmente le inutili speranze di poter avere con il centrodestra un dialogo sulle riforme. Se la maggioranza avesse avuto l’intenzione di stabilire un colloquio ne avrebbe avute tutte le opportunità. Si può sostenere che è disponibile adesso nel momento in cui lascia all’opposizione un minuto e mezzo per ogni articolo modificato E si può sperare che sarà più disposta al dialogo dopo la conclusione dell’iter parlamentare Perché dovrebbe volere una tregua in un conflitto per ora risolto a suo favore Se mai lo farà sarà comunque da posizioni di forza ed è lecito dubitare della nostra capacità di influire su un testo che, sotto qualsiasi profilo si legga, non è emendabile. È scritto coi piedi e, conoscendo gli estensori, non ci si può stupire, ma la sua cattiva razionalità è evidente: vuole scassare la Costituzione maturata nella lotta contro la dittatura e scritta con la scoperta della democrazia, vuole incidervi sopra la sua impronta deforme. Quel testo non si può correggere: va eliminato con il voto nel referendum.
L’allarme di Prodi gela finalmente anche gli atteggiamenti compiacenti verso l’atmosfera dolciastra di unità nazionale instaurata dopo che il “fuoco amico” aveva sfiorato la vita della giornalista sequestrata e cancellato quella del suo valoroso salvatore. Che senso avrebbe infatti accettare la retorica sull’unità degli italiani da quegli stessi italiani che si apprestano a demolire la nostra Costituzione Perché concedere loro il riconoscimento della schiena diritta di fronte alla potenza imperiale quando le loro scelte sono dettate dalla più prosaica necessità di salvare la faccia Che senso ha riconoscere anche una minima parvenza di statista a un affarista che da quando è al potere ha praticato con freddezza e continuità il più inverosimile uso privatistico dello stato Quale statista al mondo avrebbe messo le grinfie di una sua finanziaria sui 14.000 sportelli delle Poste
L’intervento di Prodi demistifica anche l’artificio retorico di attribuire tutte le forzature anticostituzionali del centrodestra alla necessità di contentare la Lega. È senz’altro vero che quella è pronta a fare sfracelli se non le danno la devoluzione. Ma identificare tutto lo spirito negativo del centrodestra nella Lega ci porta fuori strada e non ci fa capire chi comanda davvero. La Lega è lì, riottoso sostegno insostituibile di una coalizione, perché il capo del governo ne colga il guadagno sostanziale: un potere senza limiti e senza controllo.
Ma il pericolo incombente per la democrazia deve oggi farci rifiutare l’altra retorica: non si può solo dire no, bisogna proporre. Quindi a chi scassa la Costituzione non si dovrebbe opporre la sua salvezza, ma la nostra idea di riforma. Che poi sarebbe l’adeguamento del quadro costituzionale al sistema maggioritario. Quindi governabilità ma anche garanzie per l’opposizione. Ma come si fa a discutere con una maggioranza che prima di tutto cancella le garanzie per l’opposizione e poi si consegna inerme al volere del suo capo
Concentrare oggi le energie su una possibile riforma della Costituzione quando non abbiamo le forze per affermarla distoglie l’attenzione dal compito primario. Prima di tutto salvarla così com’è. In essa sono ben definite le garanzie per l’opposizione ma la costante pratica incostituzionale di questo governo le incrina e ferisce. Nella Costituzione c’è una sola vera mancanza: l’esistenza della televisione e la possibilità che un solo monopolista la possieda e la controlli tutta, e per di più sieda anche al governo. E infatti, appena avremo vinto, dovremo noi eliminare lo sconcio. Ma per il momento dobbiamo salvare la Costituzione così com’è. E ciò significa impegnarci con tutte le nostre forze perché un quinto delle Camere elettive, cinque Consigli regionali e cinquecentomila elettori chiedano insieme il referendum sulla controriforma costituzionale e la cancellino con il voto.
E non dimentichiamo che la campagna referendaria, con la sproporzione attuale nei mezzi di comunicazione, sarà difficilissima e sarà essenziale il contributo del protagonismo civile. I cittadini italiani preoccupati per il destino della democrazia sono moltissimi e molti hanno già cominciato a mobilitarsi. Si fanno assemblee dappertutto; c’è un Coordinamento nazionale dei Comitati per il No alla riforma, presieduto dal Presidente Scalfaro; è in preparazione una Carovana per la Costituzione che dovrà percorrere città e paesi d’Italia. È inutile illudersi sulla possibilità di dialogo con chi ci vuole battuti e sottomessi. La libera cittadinanza si sta preparando a una lotta in cui non ci sono alternative: non possiamo permetterci di perdere l’unica, vera Carta costituzionale.