25 Marzo 2002
Così il progetto fallisce. Prodi capirà
Speciale Congresso Costituente Margherita Parma 25 marzo 2002
Autore: Nino Bertoloni Meli
Fonte: Il Messaggero
Il gran rifiuto è maturato di notte. Ma lungi dal ripercorrere le orme di un Celestino quinto, Arturo Parisi la sua clamorosa decisione di guastare la festa a Francesco Rutelli abbandonando il congresso della Margherita l’ha concepita come un atto di battaglia. Al mattino è salito in macchina e se ne è andato nella sua Bologna. Senza dirlo a nessuno. Senza avvertire nessuno. Con Rutelli c’è stato solo uno scambio di Sms, nessuna telefonata men che meno un incontro. Niente. Gelo totale. Ha fatto visita al figlio ancora in ospedale per un brutto intervento, poi Parisi si è rintanato nella sede dei Democratici bolognesi dove ha avuto colloqui con i fedelissimi e dove il fortunato cronista lo coglie proprio nel momento dell’uscita. «Non rilascio interviste», è l’avvertimento, «al massimo posso spiegare le motivazioni del mio gesto, così, per aiutare a capire».
Colpisce subito la calma dell’ex presidente dell’Asinello e ora mancato vice della Margherita per sua scelta. Il solito abito grigio scuro, il consueto argomentare accompagnato dai gesti, il sorrisetto pronto come quando gli si chiede se non lo sfiori il sospetto che, con il suo rifiuto di accettare la vice presidenza, non abbia fatto tirare un sospiro di sollievo a tanti. «Si sarebbero tolti un peso, cioè me stesso? Ah ah, vuol dire che il ruolo di vice presidente era inutile, meramente vicario». Ma insomma, perchè ha deciso di guastare la festa a Rutelli proprio il giorno dell’incoronazione? Parisi si fa serio serio: «Nei giorni passati, da venerdì per la precisione, si erano manifestate e riconfermate tendenze vecchie tese alla reintroduzione di logiche partitiche. Quote, provenienze, equilibri e ricerca di equilibri: tutto questo era diventato l’elemento più importante. Invece per me la Margherita deve essere una cosa totalmente nuova, percebile così all’esterno e in grado di rispondere non alle attese dei partiti ma degli elettori». Rutelli presidente e Parisi vice era la condizione unica perché fosse nuova? «No no per carità. Il problema è che si voleva identificare ruoli e persone in base alle provenienze. Io gliel’ho detto a Rutelli e ai Popolari: a me non interessa che ci siano due o tre vice, anzi la vice presidenza unica può essere benissimo attribuita a un Popolare, come volevamo fare al Senato dove proponemmo Treu ma hanno voluto tutti, unitariamente, Bordon». E allora che cosa non andava? «Invece di sciogliersi come noi, il Ppi si è inventato il coordinamento stabile, cioè è rimasto partito nel partito, mentre io non ho mai più convocato un organismo per discutere e decidere, e Dio solo sa quante volte i miei me l’hanno chiesto. Si è capito che al Ppi interessava solo occupare una casella – il coordinatore – per poi decidere chi metterci». Parisi non lo dice, ma gli ex Democratici non si capacitano del fatto che da mesi si era raggiunta un’intesa che prevedeva: Castagnetti alla Camera, Bordon al Senato, e poi tanti Popolari in posti chiave: la Bindi al Welfare, Letta all’economia, Pistelli agli esteri, Marini all’organizzazione. «Ma non capiscono – si scalda Parisi – che se c’è un modello con presidente e vice unico è una cosa, ma se i vice sono due o tre allora salta tutto? Gli altri, i diniani, gli uderrini ce l’hanno anche detto “se si cambia allora ci siamo anche noi”».
Con chi ce l’ha in particolare Parisi? La sua irritazione si divide tra Rutelli e il Ppi. «Con Francesco sono molto molto incavolato, anzi lo sono soprattutto con lui, che non ha contrastato questa tendenza dei partiti a riaffermare se stessi. E se non mettiamo in moto dei contro-razzi, la Margherita rischia di diventare un Ppi un po’ meno piccolo con una occasionale presidenza Rutelli. Francesco è stato molto democristiano in questo congresso, non si può mediare sempre e comunque. Gli ho detto “metti sul piatto le tue di dimissioni, se no questo ritorno di quote partitiche non lo fermi più”». E lui? «Mah, dobbiamo vedere, dobbiamo tenere conto. No, non è questa la Margherita che ho in mente». Una lite passeggera, un contrasto risolvibile o una rottura insanabile? «Allo stato non ci sono possibilità di recupero, non ne vedo le condizioni, non torno indietro». Quindi? «Semplice: mi riprendo la mia libertà, il mio impegno si svolgerà dentro la Margherita nel progetto più ampio dell’Ulivo. D’ora in poi il confronto non è più tra organizzazioni politiche ma tra posizioni, in totale libertà. Farò movimento, diciamo che sarò l’anima movimentista della Margherita». Darà una mano a Rutelli almeno per mantenere il doppio incarico, capo della Margherita e dell’Ulivo? «Lui ha detto che vuol fare il coordinatore, così va bene, in questo ruolo lo sosterrò». E Romano Prodi che ne pensa? Ha dato consigli? Parisi scandisce: «Con Prodi parlo sempre a cose fatte. Oggi domenica non gli ho ancora parlato. Presumo che, ricollegando quanto è accaduto a situazioni che anche lui ha vissuto, avrei, come dire, la sua comprensione».