18 Luglio 2005
Correzione di rotta
Autore: Mario Deaglio
Fonte: La Stampa
Le dichiarazioni del presidente del Consiglio sulla nuova priorità che sarà
data alla lotta all’evasione segnano un marcato cambiamento nella strategia
fiscale del governo, impegnato nella stesura finale del Dpef. Un anno e
mezzo fa, infatti, lo stesso presidente del Consiglio aveva fornito
un’implicita giustificazione all’evasione, dichiarando che, quando il carico
fiscale è elevato, non è immorale evadere le imposte. Nel frattempo la
pressione fiscale non è diminuita, ma anzi è leggermente aumentata, eppure
l’evasione, ieri definita «non immorale», oggi viene ritenuta
«intollerabile».
Pur nella brevità di una dichiarazione estemporanea, il messaggio che deriva
da questo cambiamento di giudizi è molto chiaro: le imposte potranno essere
ridotte (uno dei punti chiave del programma del governo) solo se gli
italiani smetteranno di autoridursele con l’evasione, il che è come dire che
un’eventuale riduzione di aliquote deve essere compensata dall’aumento della
base imponibile. Nel loro complesso, quindi, i contribuenti pa- gherebbero
una cifra analoga a quella di prima, il che implica l’accantonamento del
progetto di un rilancio dei consumi basato sullo stimolo derivante da una
riduzione dei tributi.
Se dai contribuenti nel loro complesso si passa alle singole categorie, è
chiaro che la riduzione dell’evasione deve essere ottenuta mettendo sotto
indagine soprattutto i lavoratori autonomi, e in particolare i liberi pro-
fessionisti, e certi settori di piccola impresa, che hanno le maggiori
possibilità (accentuate da vari provvedimenti adottati fino a circa un anno
fa) di sottrarre parti cospicue dei loro redditi allo sguardo del fisco. Su
questi redditi deve compiersi gran parte dell’aggiustamento richiesto
dall’Europa.
Il governo viene in sostanza gradualmente spinto, dagli sforamenti del patto
di stabilità e dalle pressioni europee, a politiche che non gli sono
congeniali – il che pone un problema di cre- dibilità – e il cui disegno
complessivo non appare ben definito. Occorre inoltre considerare che la
lotta all’evasione, se può avere significato nel Dpef – ossia nel quadro di
una programmazione triennale – non può, da sola, modificare le prospettive
della prossima legge finanziaria. La lotta all’evasione, infatti, richiede
tempi piuttosto lunghi per essere veramente efficace, e non basta un arco di
dodici mesi; pur rappresentando un filone importante di azione pubblica, non
è la bacchetta magica che risana istantaneamente i conti dello Stato.
Ci si trova quindi al punto di partenza, con la necessità di spingere subito
sull’acceleratore per facilitare l’uscita dalla recessione stessa e
l’impossibilità concreta di farlo. E non può essere d’aiuto la descrizione,
da parte dello stesso premier, di un’Italia ricca «con due telefonini a
testa»; quest’immagine si applica sicuramente solo a una parte degli
italiani e chi ci garantisce che uno di quei due telefonini non sia frutto
dell’evasione fiscale