1 Marzo 2005
“Cinque tappe verso la pace”
Autore: Tony Blair
Fonte: Corriere della Sera
Il conflitto tra Israele e i suoi vicini arabi è tra le più serie, logoranti e antiche crisi politiche che la comunità internazionale debba affrontare. È un conflitto che compromette la sicurezza e la prosperità di israeliani e palestinesi; questi popoli vivono nell’incertezza assoluta, esposti a violenze e difficoltà economiche. I bambini israeliani e palestinesi non sanno cosa significhi andare a scuola liberi dal terrore e dall’angoscia.
Con il terrorismo non c’è compromesso possibile. Condanno con la massima fermezza l’attentato di venerdì scorso a Tel Aviv.
Attacco crudele che evidenzia l’importanza degli sforzi compiuti dall’Autorità nazionale palestinese per istituire un apparato di sicurezza credibile ed efficiente, capace di rispondere con fermezza alla minaccia terroristica. Saluto con soddisfazione la determinazione del presidente Mahmoud Abbas ad agire contro i terroristi e por fine alle violenze.
Senza sicurezza, non ci sarà mai una solida base per il progresso. La nostra sfida è lavorare insieme per raggiungere una soluzione definitiva e permanente, che soddisfi le legittime necessità e aspirazioni delle popolazioni coinvolte. Obiettivo, questo, che richiede negoziati pazienti e una chiara idea del traguardo finale.
In simili circostanze, i discorsi su nuove iniziative per realizzare la pace rischiano di innescare reazioni ciniche e suscitare la sensazione che tutto sia già stato tentato, che nulla cambierà mai. Non credo che un cambiamento sia impossibile.
Non possiamo permetterci di non agire e sono convinto che le roboanti dichiarazioni concluderanno ben poco. Dobbiamo inseguire un effettivo progresso sul campo.
Ecco perché ospito a Londra un incontro volto ad individuare un sistema pratico per garantire sostegno all’Autorità nazionale palestinese.
Ecco perché lo scorso 12 novembre a Washington il presidente Bush ed io abbiamo approntato un piano articolato in cinque punti e siamo incoraggiati dai progressi finora compiuti.
Primo punto, rinnovare l’impegno a realizzare la soluzione dei due Stati, così come formulata nella Road Map, oggi più che mai sostenuta a livello internazionale. Sotto questo aspetto, l’attuale disponibilità dell’amministrazione americana è il dato più significativo. La scorsa settimana a Bruxelles il presidente Bush ha ribadito che la pace in Medio Oriente è il primo punto della sua agenda — nonché la sua « più grande opportunità e immediata priorità » . Un eventuale ruolo di coordinazione politica affidato agli Usa resta un elemento fondamentale nell’ambito di un rinvigorito processo di pace. Il resto della comunità internazionale, la regione mediorientale, il Quartetto, l’Unione europea e le Nazioni Unite, tutti i soggetti avranno bisogno di maggiore appoggio.
Il fatto che trenta leader, tra i quali Kofi Annan e numerosi ministri stranieri mediorientali ed europei, partecipino all’incontro di Londra, mette in luce il rinnovato impegno della comunità internazionale.
Secondo, sostenere democratiche elezioni presidenziali palestinesi. Oggi esiste una nuova leadership palestinese portata al potere da una consultazione che, a dispetto delle difficili condizioni nelle quali ha avuto luogo, ha dato prova della determinazione del popolo palestinese, deciso a presentare le proprie credenziali democratiche. Queste elezioni hanno dato ai palestinesi e al mondo intero una nuova speranza.
Terzo, sollecitare un appoggio internazionale al piano, affinché i palestinesi arrivino a disporre delle infrastrutture politiche ed economiche e delle condizioni di sicurezza necessarie all’istituzione di uno Stato autosufficiente. In dicembre Mahmoud Abbas ha chiesto alla comunità internazionale di sostenere il processo istituzionale palestinese, presentandolo come un passo verso l’indipendenza e la sovranità. È essenziale che rispondiamo al suo appello. Il momento è arrivato.
Ecco la ragione per la quale ho convocato l’incontro di Londra. Il fine della riunione è comporre un accordo internazionale sul sostegno da garantire ai piani dell’Autorità palestinese che mirano a dar vita alle istituzioni di uno Stato autonomo. Ci proponiamo di conseguire una serie di importanti risultati pratici. Tra questi, la realizzazione del progetto ad ampio raggio per il rafforzamento dell’Anp elaborato dal presidente Mahmoud Abbas, incentrato sulle questioni chiave del buon governo, dell’economia e della sicurezza.
Dal canto suo, la comunità internazionale si impegnerà: ad allestire un nuovo gruppo di lavoro a guida Usa che coordini le iniziative volte a ristabilire la sicurezza; a ripianificare e ottimizzare l’assistenza internazionale all’Autorità palestinese; a investire Commissione europea e Banca Mondiale di un nuovo compito per seguire gli sviluppi politici ed economici; a fornire l’aiuto necessario a realizzare le priorità economiche a breve termine dell’Anp; ad accordarsi sulla convocazione, entro la fine di giugno, di una conferenza internazionale di donatori; a indicare nuove strategie, attuabili sotto la direzione della Banca Mondiale, per coinvolgere il settore privato internazionale; a impiantare un nuovo sistema di garanzie per i prestiti.
Quarto, avallare e sostenere il piano di disimpegno da Gaza e parte della Cisgiordania, elaborato dal primo ministro Sharon. È stata una decisione difficile da prendere per Israele, mi compiaccio dell’accordo raggiunto la settimana scorsa dal governo israeliano per procedere alla sua realizzazione. Il disimpegno può costituire solo un primo passo verso un accomodamento conclusivo che consenta a uno Stato palestinese autosufficiente di coesistere con uno Stato israeliano sicuro. È un primo passo importante, e la leadership palestinese sa di dover affrontare una fase di preparazione per riuscire a trasformarlo in un successo. L’incontro di Londra favorirà anche questo processo.
Parimenti, Israele dovrà realizzare il disimpegno in modo da consentire all’Autorità nazionale palestinese di realizzare i propri obiettivi. Il ritiro da Gaza deve essere completo. Occorre por termine alle incursioni, rimuovere i posti di blocco al confine, tener conto della sicurezza di Israele.
Gaza dovrà aprirsi al commercio, anche tramite un porto e un aeroporto funzionanti.
Quinto, i primi quattro punti gettano le basi per un più rapido progresso della Road Map. La Road Map è essenziale, fornisce un quadro concordato all’interno del quale porre freno alla violenza e riavviare i negoziati sulle questioni più spinose. Negli ultimi due anni l’assenza di fiducia reciproca ha ostacolato tale processo. Dobbiamo riprendere iniziative che consolidino la fiducia e promuovano un reale progresso.
L’incontro di Londra ha luogo in un momento gravido di promesse e opportunità per israeliani e palestinesi. Si innesta sul fertile terreno preparato da Ariel Sharon e Mahmoud Abbas in occasione del vertice di Sharm el Sheikh dell’ 8 febbraio.
Un’opportunità importante si presenta all’Autorità nazionale palestinese per sollecitare il sostegno internazionale del quale ha bisogno per conseguire i suoi obiettivi. Opportunità che consentirà all’Anp di dimostrarsi un partner credibile per realizzare la pace, in grado di fare del disimpegno israeliano un successo e onorare gli impegni assunti con la Road Map. Opportunità che permetterà all’Anp e a Israele di attuare, anche grazie al sostegno internazionale, la Road Map e fermare le violenze che hanno provocato tante sofferenze agli israeliani e ai palestinesi. Desidero che tutto ciò accada. Desiderio che credo sia condiviso da israeliani e palestinesi.