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21 Settembre 2005

Ciampi: Porta Pia realizzò il sogno del Risorgimento. Ai ragazzi: tendete la mano agli immigrati

Autore: Paolo Passarini
Fonte: La Stampa

ROMA. Più che di una rimbeccata polemica si è trattato di una delimitazione del campo. Mentre il cardinale Camillo Ruini prende posizione perfino sulla crisi della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi ricorda che il 20 settembre del 1870, con la breccia di Porta Pia, nacque l’Italia unita, l’Italia fondata sul principio cavouriano «Libera Chiesa in libero Stato».

E’ accaduto ieri mattina sul piazzale in cima al Vittoriano, dove si è svolta la tradizionale cerimonia per l’apertura dell’anno scolastico. «Mentre cantavamo, tutti insieme, l’inno di Mameli, il mio pensiero – ha detto il Presidente agli oltre 1200 ragazzi giunti in rappresentanza delle scuole di tutto il Paese – è corso alla data di oggi: 20 settembre, come il 20 settembre del 1870, Roma capitale dell’Italia unita, il compimento del sogno risorgimentale».


Non si è trattato di un riferimento retorico. Alle 9 di ieri mattina, un paio d’ore prima di raggiungere l’Altare della Patria per la cerimonia, Ciampi aveva inviato il suo addetto militare a Porta Pia, perché deponesse una corona d’alloro in memoria dei bersaglieri che aprirono la famosa breccia.

E ieri, nel suo discorso, ha sottolineato «il legame profondo fra l’educazione dei giovani e la fedeltà ai principi sui quali si fonda la nostra Repubblica: la libertà dei cittadini, l’unità della Patria». Poi ancora una citazione di Benedetto Croce sull’«amore per la Patria».


Alcuni politici, come il diessino Luciano Violante, hanno applaudito al «forte richiamo di Ciampi alla laicità dello Stato». Lo stesso ha fatto il radicale Capezzone. In realtà Ciampi, cattolico in quanto privato cittadino, non è tra coloro che protestano o denunciano ingerenze se un alto prelato vaticano esprime il punto di vista della Chiesa su seri problemi morali, anche se ciò riguarda una legge attuale o futura della Repubblica.

Ma il presidente laico Ciampi ha ribadito anche ieri, come fece in occasione della visita al Quirinale dell’appena eletto Benedetto XVI, che Chiesa e Stato hanno ambiti decisionali diversi. A ciascuno il suo.


Se «la scuola è parte vitale della Nazione», anzi è «il vivaio dell’Italia del futuro», allora è nella scuola che occorre cominciare a risolvere i problemi dell’Italia del futuro. Uno di questi è senz’altro quello di una tollerante convivenza con gli immigrati stranieri fin da quando vengono accolti nelle nostre scuole.

«Oggi – ha detto il Presidente – sempre più spesso, sui banchi accanto a voi siedono giovani i cui genitori, fuggendo da condizioni di miseria o in cerca di libertà, sono qui giunti da Paesi stranieri». Non possiamo dimenticare che «tanti dei nostri padri furono emigranti». «Tendete la mano – ha esortato Ciampi – ai giovani stranieri che vivono in mezzo a noi».


Non è soltanto per la memoria del nostro passato di emigranti e non è neppure soltanto per ridare al Mediterraneo la sua funzione storica di «mare che ha unito», contribuendo a scongiurare uno scontro di civiltà. «La scuola – ha detto Ciampi – anche con il vostro aiuto, contribuirà a renderli («i giovani stranieri», ndr.) cittadini responsabili della Repubblica».

Il Presidente non ho ha detto esplicitamente, ma il suo pensiero è apparso chiaro: è alla scuola italiana che spetta lavorare per trasformare i giovani immigrati in cittadini della Repubblica ed è fondamentale che la convinvenza cominci proprio in età scolare, da piccoli. Ciampi è evidentemente scettico rispetto all’opportunità di scuole etnicamente separate.


E’ stato il settimo incontro di Ciampi con i giovani studenti a inizio d’anno scolastico. Quindi l’ultimo. Il Presidente ha ricordato il primo fatto con le parole e ha sottolineato il secondo con un’involontario groppo di commozione. L’accoglienza dei ragazzi è stata molto calorosa, anche se, data l’età media della platea, l’ingresso del cantante Gigi D’Alessio ha suscitato certamente più agitazione.

Ma Ciampi ha riconquistato punti alla grande, colpendo il pallone regalatogli dalla squadra del Livorno come un portiere al rinvio. Il movimento è stato sorprendetemente fluido e il colpo è riuscito, anche se la signora Franca si è sentita fischiare il cuoio vicino alle orecchie.