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12 Febbraio 2009

Chiedete scusa a Beppino Englaro

Autore: Roberto Saviano
Fonte: La Repubblica

DA ITALIANO sento solo la necessità di sperare che il mio paese chieda
scusa a Beppino Englaro. Scusa perché si è dimostrato, agli occhi del
mondo, un paese crudele, incapace di capire la sofferenza di un uomo e
di una donna malata. Scusa perché si è messo a urlare, e accusare,
facendo il tifo per una parte e per l’altra, senza che vi fossero parti
da difendere.

Qui non si tratta di essere per la vita o per la morte. Non è così.
Beppino Englaro non certo tifava per la morte di Eluana, persino il suo
sguardo porta i tratti del dolore di un padre che ha perso ogni
speranza di felicità – e persino di bellezza – attraverso la sofferenza
di sua figlia. Beppino andava e va assolutamente rispettato come uomo e
come cittadino anche e soprattutto se non si condividono le sue idee.
Perché si è rivolto alle istituzioni e combattendo all’interno delle
istituzioni e con le istituzioni, ha solo chiesto che la sentenza della
Suprema Corte venisse rispettata.

Senza dubbio chi non condivide la posizione di Beppino (e quella che
Eluana innegabilmente aveva espresso in vita) aveva il diritto e,
imposto dalla propria coscienza, il dovere di manifestare la
contrarietà a interrompere un’alimentazione e un’idratazione che per
anni sono avvenute attraverso un sondino. Ma la battaglia doveva essere
fatta sulla coscienza e non cercando in ogni modo di interferire con
una decisione sulla quale la magistratura si stava interrogando da
tempo.

Beppino ha chiesto alla legge e la legge, dopo anni di appelli e
ricorsi, gli ha confermato che ciò che chiedeva era un suo diritto. È
bastato questo per innescare rabbia e odio nei suoi confronti? Ma la
carità cristiana è quella che lo fa chiamare assassino? Dalla storia
cristiana ho imparato a riconoscere il dolore altrui prima d’ogni cosa.
E a capirlo e sentirlo nella propria carne. E invece qualcuno che nulla
sa del dolore per una figlia immobile in un letto, paragona Beppino al
“Conte Ugolino” che per fame divora i propri figli? E osano dire queste
porcherie in nome di un credo religioso. Ma non è così. Io conosco una
chiesa che è l’unica a operare nei territori più difficili, vicina alle
situazioni più disperate, unica che dà dignità di vita ai migranti, a
chi è ignorato dalle istituzioni, a chi non riesce a galleggiare in
questa crisi. Unica nel dare cibo e nell’essere presente verso chi da
nessuno troverebbe ascolto. I padri comboniani e la comunità di
sant’Egidio, il cardinale Crescenzio Sepe e il cardinale Carlo Maria
Martini, sono ordini, associazioni, personalità cristiane fondamentali
per la sopravvivenza della dignità del nostro Paese.

Conosco questa storia cristiana. Non quella dell’accusa a un padre
inerme che dalla sua ha solo l’arma del diritto. Beppino per rispetto a
sua figlia ha diffuso foto di Eluana sorridente e bellissima, proprio
per ricordarla in vita, ma poteva mostrare il viso deformato – smunto?
Gonfio? – le orecchie divenute callose e la bava che cola, un corpo
senza espressione e senza capelli. Ma non voleva vincere con la forza
del ricatto dell’immagine, gli bastava la forza di quel diritto che
permette all’essere umano, in quanto tale, di poter decidere del
proprio destino. A chi pretende di crearsi credito con la chiesa
ostentando vicinanza a Eluana chiedo, dov’era quando la chiesa tuonava
contro la guerra in Iraq? E dov’è quando la chiesa chiede umanità e
rispetto per i migranti stipati tra Lampedusa e gli abissi del
Mediterraneo. Dove, quando la chiesa in certi territori, unica voce di
resistenza, pretende un intervento decisivo per il Sud e contro le
mafie.

Sarebbe bello poter chiedere ai cristiani di tutta Italia di non
credere a chi soltanto si sente di speculare su dibattiti dove non si
deve dimostrare nulla nei fatti, ma solo parteggiare. Quello che in
questi giorni è mancato, come sempre, è stata la capacità di percepire
il dolore. Il dolore di un padre. Il dolore di una famiglia. Il
“dolore” di una donna immobile da anni e in una condizione
irreversibile, che aveva lasciato a suo padre una volontà. E persone
che neanche la conoscevano e che non conoscono Beppino, ora, quella
volontà mettono in dubbio. E poco o nullo rispetto del diritto. Anche
quando questo diritto non lo si considera condiviso dalla propria
morale, e proprio perché è un diritto lo si può esercitare o meno. È
questa la meraviglia della democrazia. Capisco la volontà di spingere
le persone o di cercare di convincerle a non usufruire di quel diritto,
ma non a negare il diritto stesso. Lo spettacolo che di sé ha dato
l’Italia nel mondo è quello di un paese che ha speculato sull’ennesima
vicenda.

Molti politici hanno, ancora una volta, usato il caso Englaro per
cercare di aggregare consenso e distrarre l’opinione pubblica, in un
paese che è messo in ginocchio dalla crisi, e dove la crisi sta
permettendo ai capitali criminali di divorare le banche, dove gli
stipendi sono bloccati e non sembra esserci soluzione. Ma questa è
un’altra storia. E proprio in un momento di crisi, di frasi scontate,
di poco rispetto, Beppino Englaro ha dato forza e senso alle
istituzioni italiane e alla possibilità che un cittadino del nostro
Paese, nonostante tutto, possa ancora sperare nelle leggi e nella
giustizia. Sarebbe bello se l’epilogo di questa storia dolorosa potesse
essere che in Italia, domani, grazie alla battaglia pacifica di Beppino
Englaro, ciascuno potesse decidere se, in caso di stato
neurovegetativo, farsi tenere in vita per decenni dalle macchine o
scegliere la propria fine senza emigrare. È questa l’Italia del diritto
e dell’empatia – di cui si è già parlato – che permette di rispettare e
comprendere anche scelte diverse dalle proprie, un’Italia in cui
sarebbe bellissimo riconoscersi.

© 2009 by Roberto Saviano
Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency