5 Aprile 2005
Cavaliere senza partito
Autore: Paolo Franchi
Fonte: Corriere della Sera
Ripetono i maggiorenti azzurri, a chiosa di una sconfitta catastrofica, che non c’è troppo da preoccuparsi, perché Forza Italia è fatta per le elezioni politiche, quando «scende in campo» in prima persona il suo leader indiscutibile e indiscusso. Qualche ragione ce l’hanno: sufficiente, in ogni caso, a consigliare al centrosinistra di non perdere di vista che, tra un anno, la prova sarà durissima. Ma, della Casa delle Libertà, Forza Italia dovrebbe essere l’architrave; se continua a prendere botte da orbi, sono guai per tutta l’alleanza. Oggi, nelle elezioni regionali. Domani, nelle elezioni politiche.
Ci sarà tempo per analizzare in profondità questo disastro, la cui onda raggiunge persino le roccheforti veneta e lombarda, dove il centrodestra si impone sì, e però certo non trionfa come gli è sempre capitato in passato. Ma già adesso è chiaro che, nella maggioranza, la sconfitta (una sconfitta così bruciante da non lasciarsi ridimensionare, circoscrivere o depotenziare) apre una crisi politica. E che di questa crisi l’epicentro è Forza Italia, il partito- non partito fatto a immagine e somiglianza di Silvio Berlusconi.
Non è questa la sede per ricostruirne la storia, se non per ricordare che fu pensata e costruita nel volgere di pochi mesi (correva l’anno 1994) come una macchina da guerra, fatta solo per vincere. Infatti vinse, nelle elezioni politiche, e di lì a pochissimo trionfò, nelle elezioni europee. Molti, tra i vinti, parlarono sprezzanti di «partito di plastica», e ironizzarono sui candidati prescelti dagli uomini di Publitalia e forniti financo di apposito kit. Altri sostennero che i vecchi partiti erano morti per sempre e che, piacesse o no, quello messo su da Berlusconi aveva l’aria di un partito tutto nuovo, e forse addirittura di un modello, a cui anche gli avversari avrebbero dovuto guardare con attenzione.
Avevano, i primi come i secondi, i loro torti e le loro ragioni. Ma, a giudicare da quel che è capitato poi, via via fino al voto di ieri, sbagliavano di più i secondi. Perché Forza Italia è, nel migliore dei casi, un grande comitato elettorale, che si mette in funzione per il suo capo solo nelle prove decisive, e che del capo non riproduce in alcun modo le innegabili capacità e gli innegabili meriti (di leader e di comunicatore, se non di statista), ma i limiti e i difetti; e anzi li ingigantisce.
Berlusconi governa, come governa, badando ai suoi interessi, andando dritto ai suoi scopi e premiando i fedeli, indifferente o peggio non solo nei confronti dell’opposizione, ma di qualsiasi interlocutore non compiacente E così pensano di poter fare, su suo mandato, i luogotenenti: salvo scoprire, quando si aprono le urne, che così forse si può governare una proprietà o un’azienda, non un partito. Per il semplice motivo che un partito, anche in tempi di crisi, è un’altra cosa.
Una forza capace di esprimere un progetto, di ascoltare la società e di parlarle, di mettere a confronto democraticamente al suo interno diverse anime, e anche di immaginare nuove politiche e nuove leadership. Un soggetto simile Forza Italia non lo è mai stata, non lo è, non lo sarà mai. In passato, questa è stata, per paradosso, una forza. Ora è una debolezza grave. O peggio.