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11 Novembre 2005

Bush: Al Qaeda nemica dell’islam «Aiutiamo Abdallah»

Autore: Maurizio Molinari
Fonte: La Stampa

«Sono terroristi che sfidano una religione di pace e lo dimostra il fatto che non esitano a portare il terrore e la morte anche in una festa nuziale pur di far avanzare la propria causa».

Volto teso e voce ferma, il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, reagisce all’attentato di Amman mettendosi dalla parte dell’Islam ferito, con l’obiettivo di indicare in Al Qaeda il nemico delle masse musulmane.

«Il mondo intero ha visto l’orrore causato da questi bruti che hanno fatto strage di innocenti in Giordania», dice Bush alla Casa Bianca con a fianco il leader yemenita Ali Abdullah Saleh, sin dall’indomani dell’11 settembre alleato di Washington nel dare la caccia ad Al Qaeda nelle zone più sperdute della Penisola Arabica.


L’immagine dei due leader che rinnovano il patto anti-terrorismo siglato dopo il crollo delle Torri Gemelle tende a riaffermare il sostegno di Washington per tutti coloro che nel mondo musulmano scelgono di opporsi ai kamikaze.

Poco prima Bush aveva telefonato al re giordano Abdallah recapitando un identico messaggio: «Faremo tutto ciò che è in nostro potere per aiutarvi a trovare e punire i responsabili di questo crimine, si tratta di attacchi codardi contro il popolo giordano e contro chi ospita, la Giordania è un alleato-chiave nella guerra al terrorismo e le daremo tutto l’aiuto che possiamo fornire».

«Su quest’atto orribile c’è l’impronta indelebile dell’ideologia omicida di Al Qaeda», sottolinea Scott McClellan, portavoce della Casa Bianca.


Washington teme che dopo gli attacchi di Taba e Sharm el Sheikh in Egitto il triplice assalto agli hotel di Amman tradisca la strategia delle nuove cellule di Al Qaeda di esportare il terrorismo iracheno in altri Paesi della regione al fine di indebolire le leadership più vicine all’Occidente, colpendo obiettivi turistici per ferire uno dei settori più vitali delle economie locali.

Da qui la decisione di rispondere con una iniziativa su tre fronti: rafforzare sul territorio la presenza delle unità anti-terrorismo che operano in stretto coordinamento con i Paesi arabi alleati in Medio Oriente, usare ogni messaggio pubblico per tentare di minare il sostegno popolare di cui gode Al Qaeda nelle masse arabe al fine di ostacolare il reclutamento di nuovi adepti, accrescere la pressione sugli Stati della regione sospettati di tollerare le attività dei gruppi terroristi.


Se nel primo caso la responsabilità cade su Pentagono ed Fbi (un team di specialisti si è messo all’opera ad Amman poche ore dopo le esplosioni) e nel secondo è la Casa Bianca a guidare l’offensiva mediatica, per quanto riguarda l’assedio agli «Stati terroristi» tutti gli occhi sono puntati sul Segretario di Stato, Condoleezza Rice, che proprio ieri è partita per il Medio Oriente in una missione con in cima all’agenda lotta ad Al Qaeda e sviluppo delle riforme.

La Rice farà tappa nell’Emirato del Bahrein, in Arabia Saudita, in Israele e nei Territori palestinesi – prima di continuare per l’Estremo Oriente – e fonti diplomatiche a Washington assicurano che dopo gli attentati di Amman la tappa più importante sarà Riad, dove il Segretario di Stato affronterà con la casa reale saudita il caso-Siria.


Le accuse di Washington a Damasco di eccessiva tolleranza nei confronti dei gruppi terroristi – iracheni e palestinesi – sono note ma gli attacchi di Amman hanno fatto tornare alla mente a molte feluche del Dipartimento di Stato quanto avvenne nell’aprile del 2004 allorchè fu sventato un attentato contro il quartier generale dell’intelligence giordana con un camion carico di sostanze chimiche che esplodendo avrebbe potuto uccidere decine di migliaia di persone.

Le foto satellitari dell’epoca svelarono che quel camion era entrato in Giordania dal confine siriano, poroso e carente di controlli al pari di quello iracheno-siriano che proprio in questi giorni è investito da un’offensiva militare americana tesa a tagliare le rotte di rifornimento alla guerriglia.

Il sospetto che rimbalza fra Dipartimento di Stato e Casa Bianca è che il presidente Bashar Assad si stia servendo del terrorismo al fine di creare in Medio Oriente l’incertezza necessaria per rompere l’isolamento diplomatico seguito alla condanna Onu per il coinvolgimento nell’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri.

Prima di decollare per il Bahrein la Rice ha fatto lasciato intendere cosa ha in mente affidando ad un comunicato la più dura condanna contro «uno scempio che viola ogni credo ed ogni fede», al fine di assicurare alla Giordania, e far comprendere anche alle altre capitali, che «non vi saranno tentennamenti, continueremo uniti la battaglia contro questi individui malefici».